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L’incredibile mausoleo abusivo per Nicholas Brischetto al cimitero, che Ama fa finta di non vedere

Dopo il murales abusivo e i funerali show con le auto di lusso, ora la famiglia di Nicholas Brischetto ha allestito un vero e proprio mausoleo abusivo al cimitero di Prima Porta, che Ama fa finta di non vedere. Il ragazzo è morto lo scorso luglio mentre guidava a oltre 300 chilometri all’ora sul Grande Raccordo Anulare.
A cura di Redazione Roma
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Di Carlo Marsilli

Non erano bastati il murales abusivo e i caroselli notturni con Ferrari e Lamborghini. Per la morte di Nicholas Brischetto, il ragazzo che ha perso la vita il 19 luglio 2022 dopo essersi schiantato a 320 chilometri orari sul Raccordo anulare, la famiglia ha pensato ad una sepoltura altrettanto spettacolare. Un vero e proprio altare, innalzato di fronte al loculo assegnato a Brischetto nel cimitero Flaminio. Lo stesso dove la scorsa estate amici e parenti avevano organizzato una sfilata di supercar.

Oggi il loculo appare riparato da un vistoso tendone con sopra il nome del ragazzo, illuminato da lampade a led, pavimentato con prato sintetico e sorvegliato da ben due telecamere di sicurezza private. Un progetto funerario completamente abusivo. Tollerato da mesi dalla direzione cimiteriale.

La storia dell’abuso più originale realizzato in un cimitero romano inizia con la tragica morte di Nicholas, il ventunenne originario di Aprilia deceduto in ospedale dopo l'incidente sul Raccordo. I funerali del ragazzo, a quanto ci risulta incensurato, avevano rievocato i fasti delle esequie in stile Casamonica: la bara bianca, lo champagne, i palloncini lanciati in cielo, la sfilata delle auto di lusso. E un enorme murales abusivo, poi rimosso, dipinto sulla facciata di una casa popolare nel quartiere di Vecchia Ponte di Nona, periferia Est di Roma. Nel silenzio generale, nottetempo era apparso il volto di Nicholas assieme a delle palme e una Orus gialla, un suv Lamborghini da 300mila euro. Per le istituzioni c'era il rischio che diventasse un vero e proprio "altarino criminale".

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Anche sull’altare di Nicholas, eretto in autunno lungo il muro settentrionale del grande cimitero di Porta di Nona, compare quella macchina. È un modellino in metallo riposto su uno dei due piani della struttura marmorea, circondato da lattine di Redbull, champagne, statuette angeliche, scatole di cioccolatini e dediche scritte a mano. Sul lato opposto, quello che guarda alla carreggiata del cimitero, compare una gigantografia di Nicholas appoggiato ad una Mercedes cabrio.

Oltre all’altare si trovano un tavolino in vetro e una panchina, posizionata di traverso rispetto al passaggio pedonale. Al di sopra, avvitato alla parete con placche metalliche, svetta un tendone a scomparsa su cui campeggia la scritta “Nicholas”, quasi si trattasse dell’ingresso in un’area privata. A cui infatti non manca la video sorveglianza, vicino e lontano dal loculo. Nonostante la tomba non contenga nulla di valore, due telecamere allertano la famiglia tutte le volte che qualcuno si avvicina.

Chi non ha mai temuto la sorveglianza del cimitero, invece, è l’autore di quest’opera. Un lavoro che ha richiesto attrezzi, rumore ma soprattutto tempo. A gennaio la struttura si limitava al tendone, l’altare, gli arredi e le telecamere. Mesi più tardi, sono comparsi anche una grande lampada a pannelli solari, un tappeto in erba sintetica e vasi di fiori per delimitare l’area. Eppure nessuno sembra interessarsene: i dipendenti comunali e i vigilantes del Flaminio passano quotidianamente di fronte all’abuso funerario senza battere ciglio. Possibile che Ama, la partecipata del comune di Roma responsabile dei cimiteri capitolini, non si sia mai accorta di quanto sta accadendo?

La risposta a tutte le nostre domande la fornisce direttamente Christian Brischetto, il padre di Nicholas. Raggiunto al telefono, rivendica candidamente l'intera costruzione: “Abbiamo fatto tutto noi, a partire dallo scorso settembre. Perché, qual è il problema?”. Mentre siamo al telefono, dalla telecamera installata sopra alla tomba erompe gracchiante una seconda voce: “sono la zia di Nicholas”, sibila l’altoparlante, “se il giornalista non se ne va chiamo la polizia”. Nel giro di una mezz’ora, al posto delle forze dell’ordine appare sul posto il signor Brischetto, accompagnato dalle sue due sorelle.

“Se è stata Ama a farti la segnalazione di questa tomba li denuncio”, esordisce il padre di Nicholas. È un uomo sulla cinquantina, il viso scontroso avvolto da una barba bianca. “Mi faccia capire, per cosa li denuncerebbe?”, gli chiedo. “Qualche mese fa dei loro dipendenti si sono fregati l’albero che stava accanto alla tomba di mio padre”, risponde avvicinandosi al loculo del figlio. Le due sorelle, nel frattempo, prendono posizione sulla panchina. “Ama ci ha detto di toglierlo, ma solo a parole", ammettono tutti e tre, "finché non vediamo qualcosa di scritto non facciamo nulla”.

Mentre osserva le lapidi attorno a quella del figlio, Nicholas Brischetto racconta come “i parenti ci hanno ringraziato, il tendone ripara anche le altre tombe. Vedi quei fiori finti?”, aggiunge indicando i vasi esposti negli altri loculi, “li abbiamo messi noi. Teniamo tutto pulito”, continua, “e se qualcuno vuole usare la nostra panchina è il benvenuto”. Nel fargli notare che anche quella sarebbe abusiva, gli chiedo come ha fatto a costruire tutto questo.

“Ho avvitato il tendone al muro, così quando veniamo non prendiamo sole o pioggia”, risponde, raccontando poi che “quando quelli di Ama mi hanno detto che l’altare fisso non andava bene ci ho messo le ruote. Guarda”, dice mentre indica le quattro ruote cigolanti sul fondo, “se hanno bisogno lo possono spostare”.

E sulle telecamere private installate in un luogo pubblico, contrarie ad ogni principio di privacy, ribadisce: “Quando Ama si prenderà la responsabilità della tomba di mio figlio, le toglierò”. Perché, aggiunge, “qui rubano di tutto. L’ultimo è stato un loro dipendente, l’ho beccato grazie alle immagini registrate”. Brischetto prende tempo e conclude: “Sono in attesa dei permessi per fare una cappella a mio figlio, fino ad allora non ho alternative. Sai il murales che ci hanno fatto togliere?”, domanda infine alludendo al murales abusivo che gli amici di Nicholas avevano realizzato su una casa popolare, “me lo faranno rifare. Basta che sia su una casa privata, il prefetto ha dato l’ok”.

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Prima di lasciarci, gli chiedo se ha intenzione di lasciare tutto così com'è. “Perché, ti dà fastidio?”, risponde. “Se Ama mi scrive deve prima intervenire su tutte le altre strutture abusive nel cimitero. Non siamo mica gli unici”, conclude.

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