L’erosione delle coste a Ostia raccontata dai pescatori: “Per combattere fenomeno, strage di molluschi”
La spuma bianca delle onde accarezza le macerie degli stabilimenti distrutti dalle mareggiate. A Ostia, davanti al piazzale Cristoforo Colombo, il mare ha raso al suolo le cabine che si è trovato davanti. Spostandosi a nord, lungo il lido di Ostia Ponente, la costa naturale è rimasta di soli 34 metri e a poco sono servite le strutture di difesa contro l'avanzata del mare. Lo sa bene Marco Magni, che abita lì da quando ha ricordo. Ed è testimone chiave del cambiamento.
Pescatore di 70 anni, ha imparato a conoscere quel tratto di terra laziale bagnata dal Mar Tirreno durante le innumerevoli uscite in barca. "Negli anni ci sono stati molti stravolgimenti. È cambiata la costa, il mare l'ha erosa e l'uomo, cercando di arginare il fenomeno, ha creato altri problemi. Il risultato? Adesso ci sono molti meno pesci".
Marco ricorda che "durante le prime ristrutturazioni avevano tolto i vecchi moli. Al loro posto era stata scaricata la sabbia di cava, quella gialla. Che contribuì a uccidere i molluschi creando problemi nella catena alimentare marina". Marco continua: "Se prima riuscivamo a pescare con venti, quaranta pezzi di rete, ora ne servono duecento, trecento. Il pesce è sempre di meno".
Per i pescatori la causa è tutta lì: nelle soluzioni adottate per contrastare l'erosione che non sembrano risolvere nulla. Marco racconta lo stravolgimento della frazione del lungomare di Ostia, tra il porto turistico e il pontile in piazza dei Ravennati. Prima c'erano i vecchi moli che facevano da frangiflutti, ora resta una striscia di trentaquattro metri di sabbia e i "pennelli", delle scogliere artificiali. Dovrebbero difendere la spiaggia, ma ci riescono solo in alcuni punti.
Lo spiega Filippo D'Ascola, tecnologo dell'ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. "Decine di anni fa venivano costruiti dei pennelli, però abbiamo visto nel tempo che fanno un lavoro di ripascimento locale", ovvero trattengono la sabbia sulle coste erose. Insomma: la corrente che trasporta la sabbia viene bloccata da queste scogliere e non riesce a raggiungere le spiagge.
"L'erosione costiera è un fenomeno naturale – continua D'Ascola – la linea di costa si muove naturalmente, a seconda dei fenomeni. I fiumi portano il sedimento, le mareggiate lo trasportano sulle spiagge. Ora c'è sempre meno apporto fluviale, ma le mareggiate continuano e la spiaggia viene erosa".
"Bisogna lavorare per rallentare l'erosione, o qui non ci rimane nemmeno più la spiaggia per prendere il sole", scherza Marco Magni. "L'amministrazione porta la sabbia da fuori per riempire le spiagge ormai sommerse. È una cosa buona, certo. Però così si soffocano le telline e le cozze. Si uccide tutto".
Per tentare di arginare il fenomeno, nel corso degli anni sono stati spesi centinaia di milioni di euro. Un incessante spesa pubblica nella battaglia contro il mare.
"Fare ripascimento significa selezionare una sabbia adatta, ma questo non è stato sempre fatto nel modo più adatto", spiega il tecnologo dell'ISPRA Filippo D'Ascola. "Oggi si lavora in maniera più mirata. Sono operazioni che richiedono grandi investimenti. Ma quei soldi, se non vengono spesi correttamente, è come se venissero buttati nel mare". D'Ascola aggiunge: "Adesso si stanno studiando delle opere di difesa più leggere contro le mareggiate. Non le classiche massicciate, ma scogliere artificiali composte da blocchi bucati. Fanno un ottimo lavoro di smorzamento delle onde e allo stesso tempo permettono alle specie marine di colonizzare le cavità".