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Gaia e Camilla travolte e uccise a Roma da un'auto

Le madri di Gaia e Camilla, investite e uccise da Pietro Genovese: “Non sono state imprudenti”

Dopo la condanna a 8 anni per Pietro Genovese, la madri delle due ragazzine travolte e uccise a Roma dal suv guidato dal 21enne hanno espresso la loro soddisfazione: “La cosa più importante è sapere che non hanno commesso imprudenze”. In lacrime dopo la sentenza anche Genovese, figlio del regista Paolo: non si aspettava una condanna così severa, più di quanto aveva chiesto il pm.
A cura di Francesco Loiacono
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La consolazione, magrissima, è quella di aver avuto giustizia. Di aver sentito, anche dai giudici, che le loro figlie Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli non hanno commesso alcuna imprudenza. C'è, almeno, questa piccola consolazione ad attenuare il dolore delle madri delle due ragazze sedicenni investite e uccise lo scorso 22 dicembre in corso Francia, a Roma, da Pietro Genovese. Ieri, a quasi un anno di distanza dalla tragedia, il ragazzo che era alla guida del suv che ha travolto le due giovani è stato condannato a 8 anni di carcere per omicidio stradale: una condanna più severa rispetto a quella che aveva chiesto il pubblico ministero, 5 anni.

Pietro Genovese in lacrime: non si aspettava una sentenza così severa

"Sono molto contenta della sentenza ma sinceramente dispiaciuta per Genovese, un ragazzo anche lui", ha detto la madre di Gaia. E lo stesso imputato, scoppiato in lacrime alla lettura della sentenza, ha detto che non si aspettava una sentenza così severa. Non sono servite evidentemente per i giudici le giustificazioni addotte dal 21enne figlio del regista cinematografico Paolo, che nel corso delle precedenti udienze aveva detto di non aver visto le due ragazzine e di essere convinto che il semaforo era verde quando era partito. Gli stessi giudici che hanno certificato l'assoluta incolpevolezza di Gaia e Camilla: "È la cosa più importante per me sapere che non hanno commesso imprudenze – ha detto la mamma di Gaia al "Corriere della sera" -. È un grande dolore, nessuno ci restituirà più le nostre bambine ma oggi possiamo rendere giustizia alla loro memoria". Una memoria che qualche ricostruzione emersa nel corso del processo il cui primo atto si è concluso ieri nell'aula bunker di Rebibbia aveva provato a infangare: si era parlato di un'imprudenza, dell'ipotesi che le due ragazzine, uscite a pattinare con gli amici all'inizio di quelle che erano le scorse vacanze natalizie, avessero attraversato lontano dalle strisce e col semaforo pedonale rosso per il timore di rientrare tardi a casa. Non è andata così, per i giudici, che hanno confermato quello che le mamme delle due ragazzine nel loro cuore hanno sempre saputo.

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Associazione vittime della strada: "Soddisfatti del verdetto"

“Siamo largamente soddisfatti per il verdetto finale – ha affermato il presidente dell’Associazione Italiana Familiari e vittime della Strada Onlus, Alberto Pallotti, parte civile nel processo – Il GUP ha svolto un lavoro davvero straordinario, aumentando la richiesta della procura e, notevolmente, la pena. È andato contro la Procura e, soprattutto, contro la ricostruzione fantasiosa della difesa. Il giudice Sturzo ha confermato quanto buono fatto nelle precedenti udienze, in particolare in quella in cui volle riascoltare tutte le parti in causa per avere un quadro chiaro. Per una volta, la giustizia è stata giustizia, tenendo conto che si è trattato un rito abbreviato e che Genovese sconterà praticamente una pena piena. Non ci dimentichiamo che due ragazze di 16 anni, Gaia e Camilla, sono state tolte alla loro vita da uno sconsiderato che si è messo alla guida ubriaco, ma oggi la nostra fiducia nello Stato è maggiore. Per una volta, vincono le istituzioni. Questa è l’ennesima dimostrazione che la presenza delle associazioni di categoria nei processi come parte civile, non solo aiuta le famiglie, ma aiuta le istituzioni ad applicare le leggi in modo più giusto”.

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