Le accuse di mobbing, sessismo e ricatti dei dipendenti e degli artisti del Teatro di Roma
Giovedì 1 febbraio il presidente di Teatro di Roma Francesco Siciliano convoca tutti i dipendenti per un breve discorso di circostanza in una sala del Teatro Argentina. Niente di irrituale. Promette che le polemiche dei giorni passati saranno presto dimenticate e augura a tutti buon lavoro. Meno rituale è quello che accade dopo: tutti i dipendenti escono, tranne gli iscritti al sindacato Libersind. Passa qualche minuto e si sente uno scrosciante applauso e i festeggiamenti.
Libersind è un sindacato autonomo di destra e all'interno del Teatro di Roma organizza tutto il comparto del cosiddetto palcoscenico, ovvero i tecnici del teatro. Secondo le testimonianze dei dipendenti che Fanpage.it ha ascoltato in queste settimane, alcuni appartenenti al Libersind creano una situazione di continua tensione, che in più di un'occasione è culminata in minacce, atteggiamenti di mobbing nei confronti dei colleghi e degli artisti presenti in teatro, piccoli ricatti e prepotenze. Un modus operandi reso possibile da una continua minaccia ripetuta negli anni con direttori e commissari: senza il palcoscenico gli spettacoli non si fanno. Minaccia che si è concretizzata nel 2021 con una lunga serrata del personale tecnico al Teatro India, come vedremo in seguito.
Per scrivere questo articolo abbiamo parlato con oltre quindici persone tra dipendenti, ex dipendenti, collaboratori e artisti. Racconti che hanno tutti alcuni elementi in comune.
Prima di tutto. Per lavorare e comunicare il reparto tecnico preferisce di norma imporre le proprie modalità anziché allinearsi a quelle in uso agli uffici, non lasciare traccia scritta è la regola. Niente mail, solo comunicazioni verbali. Di solito vengono convocati tutti, dipendenti del Teatro, registi, produzioni interne ed esterne, all'interno di una stanzetta al Teatro Argentina. Qui la scena che si ripete è sempre la stessa: al centro siede Sandro Pasquini, il capo del comparto, spesso attorniato dal suo staff e ha inizio una lunga trattativa. Un luogo – quella stanzetta – e una situazione che mette a disagio molti degli interlocutori.
Le lettere dei lavoratori: “Non mi sento sicura sul luogo di lavoro”
E se gli artisti e le produzioni vanno e vengono, ci sono poi i dipendenti del Teatro che ogni giorno devono rapportarsi con quello che è una specie di stato nello stato. Barbara Cosimi è la segretaria regionale dell'Slc Cgil, che organizza anche molti lavoratori e molte lavoratrici all'interno del Teatro di Roma, e che da anni, denuncia questo stato di cose. "In teatro c'è un clima di vero e proprio terrore, dove si arriva anche alle minacce e agli insulti. Abbiamo fatto presente più volte questi problemi ai Direttori e ai Commissari straordinari". "I nostri iscritti e le nostre iscritte hanno segnalato l’accaduto sia a voce che per iscritto inviato continue comunicazioni, ma non è mai stato preso alcun provvedimento", spiega Cosimi.
Nelle segnalazioni di lavoratori e lavoratrici le "visite" nella stanza di Pasquini sono una costante. Ogni comunicazione deve avvenire solo in modo informale, si parla solo a voce, con relativi insulti, volgarità, parolacce rivolte a colleghe e colleghi, compagnie e artisti. Alcune lavoratrici hanno sottolineato di essere state accusate continuamente “di avere l'ansia” e di “non saper lavorare". Scrive una lavoratrice, in evidente difficoltà, in una delle tante mail inviate ai suoi superiori: "So che vi sto scrivendo tanto, ma è l'unico strumento che ho per condividere con voi e per informarvi di ciò che avviene perché possiate trovare in qualità di responsabili una soluzione a una condizione molto faticosa".
Il responsabile tecnico a una collega che gli pone quesiti e problemi di lavoro – sminuendo le sue competenze e mortificando la sua professionalità – risponde in una mail che è "inesperta", la accusa di essere ansiosa, parla di uno "sfogo" a fronte di una comunicazione necessariamente formale. "Io ritengo di non dovermi sottoporre ai suoi modi sminuenti, aggressivi e intimidatori", denuncia ancora la lavoratrice. Una delle tante che decide alla fine di andarsene per non dover più sottostare a questa situazione: "La condizione di stress e di insicurezza sul luogo di lavoro che percepisco comincia a non essere tollerabile". L'ufficio del personale promette di verificare e valutare sanzioni disciplinari, ma ancora una volta non succede nulla.
In un'altra lettera di una lavoratrice si parla della solita "modalità intimidatoria e umiliante che il responsabile tecnico mette in atto nei miei confronti", e in un caso persino "davanti alla compagnia ospite che assisteva attonita alla scena".
In un clima ormai surriscaldato un altro dipendente viene pesantemente insultato da una collega di fronte al responsabile dell’ufficio del personale; un episodio – anche questo – ritenuto grave dal sindacato, che chiede un incontro alla commissaria Giovanna Marinelli, che risponde così : "Evidenziamo di aver preso tempestivamente atto di quanto da Voi ivi riferito ed effettuato le necessario indagini e approfondimenti in merito agli episodi ivi descritti, adottando i provvedimenti più opportuni in relazione al contesto, al fine di evitare il ripetersi di situazioni analoghe a garantire al meglio un sereno svolgimento del lavoro. Confidando di aver fornito le richieste rassicurazioni, non ci sembra necessario un ulteriore confronto". È l'ottobre del 2023, è solo l'ennesima richiesta di provvedimenti per la tutela dei dipendenti e dei collaboratori, che rimarrà lettera morta.
Il muro di gomma dei vertici di Teatro di Roma
Nel corso della stesura di questo articolo abbiamo letto tre verbali di altrettante riunioni che si sono tenute tra i sindacati confederali e i vertici del teatro il 9 marzo, il 13 aprile e il 12 giugno del 2023. In tutte e tre le occasioni le rappresentanze sindacali di Cgil, Cisl e Uil chiedono che vengano presi provvedimenti disciplinari di fronte alle denunce presentate. Addirittura arrivano a chiedere che alcuni spazi comuni e di lavoro vengano video sorvegliati a tutela della sicurezza dei dipendenti. La commissaria Marinelli il 12 giugno dichiara di aver preso provvedimenti di moral suasion, ma i sindacati li ritengono insufficienti e in una dura risposta parlano di persone "che si sentono impunite e che pertanto perseverano in atteggiamenti prevaricatori", denunciano il "forte stress emotivo di alcuni lavoratori e lavoratrici a causa delle vessazioni subite, tanto da dover ricorrere a un supporto psicologico, mentre altre lavoratrici si sono persino licenziate dal posto di lavoro".
Anche questa volta non saranno presi provvedimenti. "Siamo di fronte a un sindacato autonomo, Libersind, che di fatto ostacola anche l'attività sindacale. Per lavorare nel comparto tecnico non c'è alternativa, ti devi iscrivere, a meno che non vuoi lavorare tutte le domeniche dell'anno", denuncia la Cgil. Un clima pesante, soprattutto nei confronti delle donne, sul quale però nessuno sembra intervenire, non da oggi, ma da anni.
Le condizioni di precarietà non aiutano ovviamente. “Al momento dentro al Teatro di Roma circa il 43% dei lavoratori è precario. Non si tratta ovviamente di curatori artistici o di attori che vanno in scena, ma di tutti quei ruoli che sono in qualche modo una quota di lavoro fisso: gli amministrativi, il botteghino, le maschere, le maestranze e così via. – spiegano le Camere del Lavoro Autonomo e Precario, sindacato presente in azienda – Ci auguravamo che nel passaggio a Fondazione si arrivasse a una stabilizzazione di tutti i lavoratori e le lavoratrici, ma così non è stato, anzi abbiamo visto addirittura dei contratti di somministrazione”. E Roma Capitale? “Non abbiamo mai incontrato l’assessore Miguel Gotor in questi mesi, siamo stati ricevuti solo da un collaboratore”. Ripetono sia i sindacati confederali che le Clap. I rappresentanti dei lavoratori hanno chiesto la stabilizzazione dei precari, ma hanno anche manifestato "grande preoccupazione per il clima all’interno del teatro, per le intimidazioni e la scarsa trasparenza di molte scelte operate al termine della stagione commissariale”, sottolinea Cosimi di Slc-Cgil.
"Voleva parlare solo con me, poi le battute sessiste"
Ma le difficoltà non riguardano solo i lavoratori interni. "Quando abbiamo lavorato al Teatro Argentina – racconta una regista teatrale – non so perché il capo del reparto tecnico aveva deciso che sarei stata io la sua unica interlocutrice. È iniziata così una lunga trafila, dovevo essere sempre gentile per ottenere quello che sarebbe stato normale avere per la produzione di uno spettacolo. Questo voleva dire sopportare, ad esempio, che lui parlasse male dei miei colleghi, o che insistesse sul fatto che lo faceva solo per me, ci dava quello che ci serviva per andare in scena, perché gli stavo simpatica". Il rapporto della regista con il capo dei tecnici si risolve con un’ultima telefonata: “Mi ha telefonato e mi ha chiesto di andare al Teatro Argentina. Quando gli ho chiesto perché ha cominciato insistentemente a farmi domande personali sulla mia identità sessuale, domande allusive e afferenti alla sfera personale e non a quella professionale”.
"Se stavo con un collega uomo io non esistevo"
Il racconto di un'altra ex collaboratrice tecnica del Teatro di Roma è ancora peggio: "Lavoravo da qualche tempo come esterna in alcune produzioni. Quasi l'unica donna in un ambiente, come quello del palcoscenico, fatto perlopiù di uomini. Quando ero al lavoro con un collega uomo era come se non esistessi, mentre quando ero da sola la mia professionalità veniva continuamente sminuita. Una volta sono entrata nella stanzetta che tutti conoscono al Teatro e dove si viene convocati e ho dovuto subire delle battute a sfondo sessuale".
Se questi fatti accadono all’Argentina, anche al Teatro India la musica non cambia. "Al termine di uno spettacolo, durante il quale abbiamo avuto non pochi problemi con il comparto tecnico, alcuni di loro oltre a rendere evidente che non eravamo graditi, quando siamo andati via ci hanno salutati con il braccio teso". Goliardia? Forse. Certo un clima non proprio semplice: se il fatto raccontato risale a qualche anno fa, le cose non sembrano essere cambiate di molto. Durante la pandemia sempre al Teatro India si tengono workshop e residenze di artisti. In un'occasione in cui era necessario avere una cassa di amplificazione, dopo insistenti richieste per ottenerla, uno degli attori è stato "costretto a baciare la mano di chi gli portava il materiale per poter lavorare".
Sandro Pasquini: il capo di Libersind a TdR sotto inchiesta per corruzione
Sandro Pasquini, il capo del comparto tecnico, lo conoscono tutti nel mondo del teatro, e nel 2023 esce fuori che è anche coinvolto in un'inchiesta giudiziaria che ancora non ha visto la sua conclusione. I fatti risalgono al 2019, quando Pasquini ancora non era responsabile tecnico ma aveva già un grande potere in teatro: in un'intercettazione del 2019 l'imprenditore Massimo Cicchetti promette una bustarella a Mario Fiore (consulente della sicurezza del Teatro) e a Sandro Pasquini, per il rifacimento della strada d'accesso al Teatro India, via Luigi Pierantoni. La vicenda è raccontata dal Corriere della Sera e ancora non risulta archiviata. Ma neanche questo basta ai vertici del teatro, che ne erano a conoscenza da ben prima che finisse sui giornali, per agire in autotutela su Pasquini. La ragione? Secondo voci interne al teatro che abbiamo raccolto: "Lui aveva e ha il potere di rendere il teatro ingovernabile, facendo saltare spettacoli e produzioni da centinaia di migliaia di euro. Inoltre è rappresentante sindacale, quindi è più difficile toccarlo nel suo ruolo". Nessuno insomma si azzarda a prendere provvedimenti. Così i lavoratori continuano a inviare lettere, le lavoratrici a licenziarsi esasperate e tutto va avanti come se niente fosse. Ma non c'è solo il procedimento penale: c'è stato anche un caso, ci riferisce un ex dirigente ai vertici del teatro, in cui Pasquini è stato segnalato per aver passato il badge al posto di alcuni colleghi. Anche in quel caso la denuncia interna è stata sepolta dietro i "vedremo" e gli "stiamo valutando".
“Nessuno sa cosa c’è in teatro, devi chiedere a Sandrone”
E pensare che, nonostante tutto questo, è impossibile sapere cosa ci sia e non ci sia in teatro. A ogni livello, dall’amministrazione ai vertici, fino a chi organizza le produzioni, nessuno può consultare un catalogo o una scheda tecnica. Cosa c’è nei magazzini sembra essere un mistero insondabile. Un metodo che rende impossibile in effetti verificare cosa è davvero necessario affittare da ditte esterne e cosa acquistare. "Le attrezzature appaiono o scompaiono a seconda della volontà del capo del comparto tecnico – racconta una ex collaboratrice del Teatro – Io ho lavorato per anni alle produzioni e non è mai stato possibile avere una scheda tecnica, ogni richiesta, anche la più banale, viene presentata come una concessione. Spesso e volentieri ci siamo trovati ad affittare a service esterni attrezzature che in teatro erano presenti". “Devi chiedere a Sandrone”, è il leit motiv che tutti almeno una volta hanno sentito.
Libersind e la destra contro l’esperienza del Teatro India
C'è una circostanza in cui il potere contrattuale del comparto tecnico e del Libersind si manifesta con chiarezza: la serrata dell'estate del 2021 al Teatro India. Due settimane di sciopero per impedire così l’andata in scena degli spettacoli (i primi in presenza dopo le chiusure per il Covid); o meglio di sciopero degli straordinari organizzati su turni ,in modo da non impattare sullo stipendio di chi si astiene dal lavoro, proclamando lo sciopero giorno per giorno alle 16.00 al termine del turno ordinario. Uno sciopero le cui modalità vengono ricostruite da Christian Raimo in questo articolo in presa diretta.
Il contesto è questo: da una parte c'è la campagna elettorale, con Fratelli d'Italia e in particolare Federico Mollicone (lo stesso che è stato determinante nel portare a termine il blitz della destra di alcune settimane fa) che hanno messo il Teatro India nel mirino, accusando la consulente artistica di aver trasformato il teatro in un "centro sociale". Un'accusa contenuta in comunicati stampa, interviste, addirittura interrogazioni parlamentari. Dall'altra la situazione interna al Teatro è delicata: Pier Francesco Pinelli, al termine di una vicenda tormentata rinuncia alla direzione del teatro e Libersind vuole a tutti i costi che si nomini Luca De Fusco come direttore e lo mette nero su bianco in molti comunicati.
La destra romana e Libersind se la prendono con l'esperienza del Teatro India così come si è data in quegli anni, aprendosi alla scena del contemporaneo "Quello che non gli piace è la cultura che entra nel teatro, le drammaturgie contemporanee al centro del progetto, spettacoli, incontri, talk, musica che attraggono tanti ragazzi e ragazze che trovano finalmente un'istituzione in grado di dialogare con la cultura indipendente", spiega una delle compagnie in quei mesi in residenza a India.
Libersind annuncia l'agitazione sindacale in difesa del “buon nome del teatro” con un comunicato: "Questa paradossale situazione che ormai si protrae da troppo tempo sta affossando il buon nome Teatro di Roma, specie presso il Teatro India ove vengono proposti incontri radiofonici di livello men che amatoriale, baby club da villaggio turistico. La misura è colma". Non si nasconde dunque il disprezzo per progetti artistici che avranno poi premi e riconoscimenti importanti a livello nazionale tra i quali un UBU. Di lì a qualche mese, dopo Giorgio Barberio Corsetti, anche Francesca Corona lascia il suo incarico al Teatro di Roma chiamata a Parigi a dirigere il Festival d’Automne.
Dopo due anni quello che Libersind e Mollicone invocavano effettivamente si avvera e arriva Luca De Fusco. Intanto, in questi anni, lavoratori e lavoratrici hanno continuato a denunciare inascoltati un clima insopportabile. E la gestione del teatro continua a essere, per molti versi, opaca.