L’avvocato della famiglia Scialdone: “L’ex ha sparato a Martina per ucciderla non c’è alcun errore”
"Quello è accaduto la sera in cui Martina Scialdone è morta è abbastanza semplice e lineare nella sua gravità assoluta: c'è stato un omicidio. Omicidio che è avvenuto tra l'altro davanti ad un testimone oculare, che è il fratello, che ha sorretto immediatamente la sorella, la quale era vicino a lui, stava perdendo i sensi e di lì a poco sarebbe morta". A parlare in un'intervista rilasciata a Fanpage.it è Mario Scialla, avvocato di parte civile, che asssiste la famiglia Scialdone. L'avvocata trentacinquenne è stata uccisa a colpi di pistola dall'ex compagno Costantino Bonaiuti, sessantunenne ingegnere e sindacalista, all'esterno di un ristorante in zona Tuscolano a Roma, nella serata di venerdì scorso 13 gennaio.
Il legale della famiglia Scialdone dunque non ha dubbi sul fatto che si sia trattato di un omicidio: "Il colpo era ben centrato, ben calibrato, sparato da chi ha una dimistichezza, capacità, abilità, che ha colpito nel punto preciso". Per l'avvocato difensore di Bonaiuti Fabio Taglialatela invece mancherebbero gli indizi di colpevolezza e premeditazione: "Il mio assistito voleva suicidarsi, c'è stato un errore". Il legale ha presentato l'istanza di Riesame contro la misura cautelare del proprio assistito.
"Martina rianimata a lungo"
La sera in cui sono accaduti i fatti che hanno portato al ferimento di Martina l'ex compagno l'ha raggiunta in un ristorante di via Amelia in zona Tuscolano, dove si trovava insieme a suo fratello. Una volta attinta in breve tempo ha perso i sensi. "Ha subito un lunghissimo tentativo di rianimazione – continua l'avvocato della famiglia Scialdone – rianimazione che ha ricevuto prima da parte di un medico, che credo fosse uscito proprio dal ristorante, poi dal personale sanitario arrivato in ambulanza.
Purtroppo ogni tentativo si è rivelato inutile. "I soccorritori fino all'ultimo hanno provato a salvarle la vita". Bonaiuti, che dopo aver premuto il grilletto è scappato, è stato arrestato poco dopo dagli agenti della Polizia di Stato. Il giudice delle indagini preliminari ha convalidato la misura di custodia cautelare in carcere.