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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

L'”assurda” trattativa segreta tra il Vaticano e i presunti rapitori di Emanuela Orlandi

A metà degli anni ’90 si apprese di una trattativa segreta tra la Santa Sede e i presunti rapitori di Emanuela Orlandi, che chiedevano 40 miliardi in cambio di notizie della ragazza. Una vicenda “assurda”, una trattativa “alla Totò a Fontana di Trevi” di cui il Vaticano, però, non ha mai fornito spiegazioni. Come mai la Santa Sede ha trattato in segreto per nove mesi?
A cura di Enrico Tata
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"Sono convinta che se non si sblocca qualcosa in Vaticano, di Emanuela Orlandi non sapremo mai nulla". Lo ha detto Giuseppa Geremia, pm che si è occupata in passato dei casi Orlandi e Mirella Gregori, sentita ieri in un'audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa delle due ragazze.

Secondo Geremia, dal Vaticano c'è sempre stata scarsa collaborazione. Emblematica in questo senso è la vicenda dell'"assurda" trattativa tra la Santa Sede e i presunti rapitori di Emanuela Orlandi che andò in scena a metà degli anni '90. L'ex pm ha parlato di vero e proprio "sgomento", suo e della giudice istruttrice Adele Rando, quando lessero la risposta con cui il Vaticano negò una richiesta di rogatoria inviata dalla giustizia italiana proprio su questa presunta trattativa.

Nel 1995 si apprese di una trattativa segreta tra la Santa Sede e i presunti rapitori di Emanuela Orlandi, che chiedevano 40 miliardi in cambio di notizie della ragazza. La procura chiese chiarimenti al Vaticano per una vicenda definita da Geremia "assurda", una trattativa "alla Totò e Fontana di Trevi" che "il Vaticano intratteneva però da ben 9 mesi senza informare nessuno".

Per questo motivo fu "avanzata una rogatoria allo Stato Città del Vaticano chiedendo lumi del perché di fronte a tre soggetti molto sconclusionati, avessero continuato a trattare per 9 mesi continuando anche a incontrare un pregiudicato".

Gerermia era certa della collaborazione del Vaticano: "Ne eravamo sicuri, tenuto conto che alla magistratura italiana era stata affidata l'indagine sull'attentato a Giovanni Paolo II. Invece fummo poi molto turbati e Rando in prima persona quando dal Vaticano non ricavammo nulla".

La trattativa si rivelò un vero e proprio caso di estorsione, per cui fu arrestato un pregiudicato foggiano, Francesco Pio Sbrocchi. Il memoriale di Sbrocchi "era del tutto inattendibile, metteva assieme cose del tutto inverosimili, eppure la Segreteria Vaticana trattò" per nove mesi questi personaggi. Quando la vicenda è emersa grazie al lavoro della stampa, i pm presentarono questa rogatoria che, come abbiamo visto, non ebbe alcuna risposta.

Allora 36enne, Sbrocchi chiese al Vaticano 40 miliardi di lire in cambio di notizie su Emanuela Orlandi. E ancora, con un anticipo di 5 miliardi aveva promesso l'invio di una videocassetta con immagini della ragazza. Al contrario, se la trattativa si fosse bloccata, l'organizzazione avrebbe fatto trovare Orlandi morta in piazza San Pietro.

Nonostante Sbrocchi sia stato da sempre ritenuto dagli inquirenti privo di credibilità, "disturbato", poco convincente e contraddittorio in molte occasioni, la trattativa con il Vaticano c'è stata veramente. Com'è possibile che la Santa Sede sia arrivata a trattare con un simile personaggio per avere notizie su Emanuela Orlandi? A questo interrogativo gli inquirenti italiani non hanno ricevuto mai alcuna risposta e l'inchiesta sulla presunta truffa del 1995 fu archiviata.

Del nome di Francesco Pio Sbrocchi si tornò a parlare nel 2014, quando fu rintracciato dalla polizia di Foggia in un'abitazione alla periferia di Termoli, dove si era rifugiato sfuggendo al ritorno in carcere dopo aver violato la sorveglianza speciale.

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