L’assessore Zevi: “Partecipazione ed efficienza, la sfida del Forum sui beni confiscati alle mafie”
In tanti lo davano per certo come "sindaco della notte", invece Tobia Zevi si è ritrovato nel ruolo di assessore al Patrimonio e alle Politiche Abitative, trovandosi a gestire dossier complicati come l'annosa questione della delibera 140, che da ormai 8 anni fa vivere in un limbo d'incertezza decine di associazioni, spazi culturali e sociali, e il diritto alla casa nel pieno dell'emergenza sociale provocata da due anni di pandemia. Ma anche la gestione dei beni confiscati alle mafie, ancora largamente inefficiente. Ospite degli studi di Fanpage.it Zevi ha presentato la sua prospettiva di governo.
State lavorando al superamento della ormai famigerata delibera 140, e a un nuovo regolamento sul patrimonio pubblico, dopo otto anni di scontri tra il Campidoglio da una parte e associazioni e spazi sociali dall'altro. Quale strada avete tracciato?
Siamo profondamente convinti che il patrimonio pubblico possa e debba essere una leva potentissima di inclusione sociale e di rigenerazione urbana. In questo senso, gli anni che abbiamo alle spalle, sono anni di ferite. Perché come sappiamo la delibera 140, e in generale il mancato regolamento sul patrimonio cosiddetto indisponibile, ha fatto sì che molte associazioni si sono trovate in condizioni di precarietà e di fragilità. Si tratta di realtà che in questi anni di pandemia, tra l'altro, hanno fatto del bene, hanno tenuta coesa in qualche modo la comunità. Una situazione difficile perché non c'è un rapporto chiaro con il Comune, e molto spesso a questo si sommano debiti, indagini, richieste di risarcimento e così via. Allora noi abbiamo un'idea molto semplice: dobbiamo riscrivere un nuovo regolamento. Abbiamo intenzione di fare un regolamento che sia funzionale alle esigenze delle città. Servono trasparenza e avvisi pubblici per i locali che vanno messi a disposizione. Dove ci sono casi di realtà che hanno ben lavorato e sono riconosciute dal territorio, dobbiamo valorizzare quelle esperienze perché non vogliamo fare tabula rasa. Questa città in questi anni, ripeto, ha avuto grande bisogno del terzo settore e delle associazioni.
Quale processo partecipativo per arrivare al nuovo regolamento?
Sono iniziate le audizioni congiunte della commissione Patrimonio, Cultura e Politiche Sociali. È un processo molto importante perché naturalmente dobbiamo recepire le istanze che vengono dal basso. Come è noto il regolamento del patrimonio è materia dell'Assemblea Capitolina. Quindi poi ci sarà comunque un momento di condivisione anche da un punto di vista democratico. Ecco tutto questo ci fa sperare che nel giro di qualche mese riusciremo a voltare pagina pagina, aprendo anche a una nuova nuova stagione di dialogo tra amministrazione e attori sociali.
Quali strumenti normativi intendete utilizzare? Bandi? Un nuovo regolamento sui beni comuni? Un modello plurale della gestione del patrimonio pubblico?
Venendo al tecnico: prevederemo una serie di fattispecie, con cui il patrimonio pubblico potrà essere concesso. E dunque ci sono i beni comuni, che naturalmente sono un segmento, non un segmento maggioritario, ma un segmento importante e qualificante del lavoro che intendiamo fare. Poi ci sarà lo strumento dei patti di collaborazione e una valutazione di impatto sociale, una metodologia che nel corso degli anni, in altre città e all'estero, ha avuto grande successo perché è un modo di provare a quantificare non soltanto il dato economico, ma anche l'impatto sociale di una realtà sul territorio. E poi ci sono gli avvisi pubblici: dove c'è un locale vuoto, sarebbe non soltanto illecito, ma anche ingiusto non consentire a chiunque di poter partecipare a un processo trasparente di aggiudicazione. Non dobbiamo ingabbiare, come è successo in questi anni, il lavoro di chi sul territorio cerca di fa delle azioni positive e lo fa in maniera spesso straordinaria, ma al contrario le istituzioni si devono mettere a disposizione e sostenerlo, anche perché le organizzazioni sociali spesso fanno meglio di noi.
Da settimane assistiamo agli sgomberi delle case popolari in quartieri come San Basilio e Tor Bella Monaca. Abbiamo verificato come ad andarci di mezzo non sono solo i membri dei gruppi criminali, ma anche persone in emergenza abitativa che occupano per necessità, inquilini che avrebbero anche diritto a un alloggio popolare. Non si rischia così di punire chi è in difficoltà e non i clan?
Dobbiamo fare naturalmente chiarezza sugli sgomberi delle ultime settimane, ma ci sono competenze diverse e anche problemi diversi. La prima cosa, ovviamente, è che quando si decide uno sgombero, ovvero l'utilizzo della forza pubblica che arriva in un appartamento e irrompe per prenderne possesso, questa scelta non compete all'amministrazione comunale, non compete all'amministrazione regionale o all'Ater, ma è il Prefetto che lo stabilisce, sulla base del pronunciamento di un giudice o di informazioni in suo possesso. Dopodiché è chiaro che la collaborazione in termini informativi tra il Comune e la Regione, l'Ater e le forze dell'ordine è estremamente importante. Noi dobbiamo fare la nostra parte, stando attenti a proteggere la povere gente e ad allontanare i criminali. È chiaro che se c'è chi ci finisce e per sbaglio e può succedere, perché purtroppo gli errori esistono anche nelle operazioni di polizia, noi dobbiamo essere in grado di proteggere le persone più fragili.
Se ci fossero graduatorie così lunghe però non ci sarebbe il problema del racket né delle occupazioni…
Per questo noi dobbiamo cercare di fare il nostro mestiere al meglio, che non è quello di fare gli sgomberi ma di assegnare le case a chi ne ha diritto, su questo voglio essere molto chiare. Questo vuol dire comprarle, riprendere possesso, frazionarle quelle troppo grandi rispetto agli attuali bisogno, manutenerle, farne di nuove lavori. Tutto questo va fatto meglio e va fatto più velocemente. Questa è l'unica vera risposta che possiamo dare anche al mare di sfratti in arrivo e in esecuzione, alle persone da anni in graduatoria. Il nostro mestiere è cercare di dare la casa a chi ne ha diritto, lo voglio ripetere, ma ovviamente siamo pronti a collaborare con le forze dell'ordine per quello che ci compete per il ripristino della legalità.
Giovedì in Campidoglio il primo appuntamento del Forum cittadini su beni confiscati alla criminalità organizzata. A cosa serve questo organismo consultivo?
Innanzitutto, per essere corretti, noi abbiamo ereditato un regolamento sul Forum dei beni confiscati che incredibilmente non era stato approvato dalla scorsa amministrazione, pur essendo il regolamento sui beni confiscati del 2018. Questo Forum, che è stato richiesto a gran voce dalle associazioni, dalle realtà del terzo settore, da tutto il mondo dell'antimafia, non era mai stato messo nelle possibilità di funzionare. Grazie alla disponibilità della giunta e del consiglio comunale in pochi mesi possiamo invece inaugurarlo. L'appuntamento è alle 9.00 di giovedì 17 marzo in aula Giulio Cesare. È il primo organo di questo tipo in Italia a livello cittadino, mettiamo così Roma al centro di un esperimento virtuoso.
A cosa servirà il Forum?
I beni confiscati alla criminalità organizzata, grazie all'azione dell'autorità giudiziaria aumentano. Quindi noi abbiamo un patrimonio che non è solo simbolico. Più ville, più case, più aziende, più centri sportivi che devono essere reimpiegati a fini sociali.
Addirittura alcune sono grandissime aziende, pensiamo al Porto di Roma a Ostia, che è un bene confiscato alla mafia. Allora noi abbiamo diciamo due obiettivi per cui abbiamo costruito questo Forum. Dobbiamo aumentare la partecipazione grazie al mondo delle associazioni e del terzo settore. Avere una conoscenza più definita dei beni confiscati della nostra città e delle esigenze del territorio, così da impiegare i beni confiscati per l'emergenza abitativa, la disabilità, la protezione delle donne vittime di violenza, l'inserimento lavorativo di categorie svantaggiate e molto altro. Ma per farlo è necessario aumentare l'efficienza. E questo è il lavoro della pubblica amministrazione. Noi dobbiamo essere più efficienti nella gestione di tutte le procedure che riguardano i beni confiscati, dalla richiesta all'Agenzia nazionale dei beni confiscati di attribuirci un bene, alla progettazione e l'assegnazione. È una sfida impegnativa ma siamo ottimisti.