Lancia sul balcone della sorella immondizia, unghie ed escrementi e viene arrestato per stalking
Un architetto di 59 anni è stato condannato ad un anno di carcere per stalking nei confronti della sorella, come aveva richiesto il pm Pierluigi Cipolla. Come si legge in un articolo pubblicato oggi su Il Messaggero, gli atti persecutori da parte dell'uomo sono iniziati a seguito di una lite, avvenuta del 2017: da quel momento il 59enne ha fatto di tutto per rendere impossibile la vita a sua sorella. L'uomo, che abita in un appartamento in via Cardello, con vista sul Colosseo, ha iniziato a infastidire la sorella, che invece vive al piano inferiore, lanciandole sporcizia sul balcone.
La donna aveva evitato di denunciare il fratello per quasi quattro anni, sperando che la questione si potesse risolvere in famiglia senza dover ricorrere ai tribunali, ma alla fine, nella giornata del 25 giugno 2020, ha dovuto sporgere denuncia contro di lui.
La sporcizia lanciata sul balcone della sorella
Stando a quanto scrive il pubblico ministero nel capo di imputazione, come si legge nell'articolo, l'architetto lanciava sul terrazzino della donna "fazzoletti di carta e acqua sporca, alimenti avariati, spazzolini da denti usati, unghie, escrementi e immondizia". Ogni volta che sua sorella puliva lo spazio esterno di casa sua dalla spazzatura lanciata dal piano superiore, l'architetto si impegnava immediatamente a sporcato di nuovo.
I rumori notturni
Oltre al lancio dei rifiuti, però, l'architetto aveva studiato altri metodi per infastidire sua sorella. Secondo il magistrato, infatti, ha provocato anche "rumori assordanti al fine di impedire il sonno della parte offesa". Per la confusione che, spesso, arrivava all'improvviso nel cuore della notte, la donna non riusciva neppure a chiudere occhio.
I danni all'intero condominio
La lite fra fratello e sorella, però, stava avendo ripercussioni anche sull'intero condominio. Pensando che la sorella potesse vendicarsi, l'architetto ha deciso di installare un sistema con telecamere per videosorvegliare ogni parte della palazzina, violando la privacy di tutti gli inquilini dell'edificio perché, come viene sottolineato nel capo d'imputazione, non aveva l'autorizzazione per farlo.