L’allarme dei pediatri di Roma: “Aumentano i contagi tra i bambini, casi anche tra i 3 e i 6 anni”
Il Lazio potrebbe tornare in zona arancione da lunedì 15 marzo. I casi sono in aumento e con essi anche i ricoveri ospedalieri. Potrebbe essere un arancione ‘rafforzato' e questo potrebbe determinare anche la chiusura di tutte le scuole, ad esclusione degli asili nido. Per quanto riguarda i giovani e i giovanissimi i pediatri di Roma mettono in evidenzia una crescita dei contagi tra i bambini, anche di età compresa tra i 3 e i 6 anni. Spiega a Fanpage.it la dottoressa Teresa Rongai, segretaria della Federazione Italiana Medici Pediatri del Lazio: "Purtroppo da metà febbraio stiamo riscontrando una maggiore diffusione del virus tra i bambini. Abbiamo notato, specialmente in alcune zone di Roma, un aumento di casi, con diverse scuole che sono state chiuse per sospetto di varianti in alcune zone periferiche di Roma, ma anche del centro. Nel mio studio qua a San Giovanni ho avuto bambini di due anni positivi, non mi era mai capitato e mi sono stupita, dato che comunque si tratta di un quartiere con pochi casi di contagio. Vedendo bambini della scuola materna contagiati mi sono un po' preoccupata. Non sono tanti i casi, ma ci sono. C'è anche da dire che i bambini essendo asintomatici o paucisintomaci, molte volte ci sfuggono. Quello che ci sta un po' allarmando, tuttavia, è che ci sono più casi tra i bambini e sono più bambini piccoli".
Rongai (FINP): "Nessun bambino è grave o ricoverato, su questo siamo tranquilli"
Secondo la dottoressa Rongai i bambini vengono infettati perché il virus sta circolando di più anche tra gli adulti: "Il bambino viene accudito da un adulto, va a scuola con un adulto, è normale che possa essere contagiato. Ma tutto ciò è determinato dall'aumento dei casi a livello generale. Se cominciano ad essere più casi, è logico che anche i bambini possano contagiarsi di più. La fortuna, ribadisco, è che non ci sono bambini gravi, nessuno è ricoverato, e su questo siamo tranquilli. Abbiamo un po' paura, tuttavia, della diffusione estrema del virus. Ben venga se il governo pensa a una restrizione ulteriore anche il sabato e la domenica. Tra l'altro per noi pediatri i mesi più duri sono proprio marzo e aprile, lo erano già negli anni pre-pandemia".
Secondo il professore Massimo Andreoni, primario di Malattie Infettive a Tor Vergata, tra i più giovani e a scuola "c'è maggiore difficoltà a far rispettare le misure di contenimento ai giovani rispetto agli adulti. Piaccia o non piaccia questa affermazione, è di fronte agli occhi di tutti. La movida, per esempio, viene fatta dai ragazzi, non dagli ottantenni. Senza voler colpevolizzare i ragazzi, ma è un dato di fatto. Le scuole sono ambienti più ristretti rispetto agli uffici, e negli uffici c'è comunque un avvicendamento delle presenze. A scuola, inoltre, c'è una movimentazione più articolata: madre, padre o altri parenti accompagnano il ragazzo o la ragazza all'entrata. Due persone in media. Chiaramente i rischi, inoltre, riguardano anche tutto ciò che sta intorno alla scuola: mezzi pubblici, l'ingresso e l'uscita da scuola".
Quella sulla scuola, spiega Andreoni a Fanpage.it, "è una polemica sterile: che la scuola sia un momento di rischio della trasmissione dell'infezione non è una questione di fautori e contrari, ma una questione abbondantemente dimostrata. L'apertura delle scuole comporta l'incremento del numero dei casi. Questo può essere accettato o non accettato se la circolazione del virus è tenuta sotto controllo, ma in questo momento i dati e le proiezioni dicono che c'è una crescita esponenziale. E allora non bisogna aspettare i 40mila casi per dire: ‘Bisogna chiudere le scuole'. Questo continuare ad inseguire l'epidemia mi sembra un errore inaccettabile. Facciamo questo ultimo sforzo per consentire la vaccinazione di massa in sicurezza".