La vita di Ousmane Sylla intrappolata nel limbo di un Cpr: si è ucciso perché non poteva tornare a casa
Aveva 22 anni, veniva dalla Guinea. Ed è lì che sarebbe voluto tornare Ousmane Sylla, il ventiduenne che poco prima delle 5 di mattina di domenica scorsa si è impiccato all'interno del centro di rimpatrio di Ponte Galeria, alle porte di Roma. Era arrivato nella struttura lo scorso 22 gennaio, dopo un incendio in quello di Trapani, dove aveva trascorso qualche settimana.
"Voleva tornare a casa, ma non ha potuto – spiega a Fanpage.it Valentina Calderone, la garante dei diritti delle persone private della libertà – Mancano ancora accordi con la Guinea che permettano il rimpatrio. L'alternativa è tornare con i progetti di rimpatrio volontario: non so se in questo momento siano attivi, ma ad ogni modo possono accedervi soltanto le persone che non sono state raggiunte da un decreto di espulsione". E il provvedimento per il ventiduenne era arrivato a metà ottobre.
L'identificazione, la permanenza nel centro e il rimpatrio
Il 22 gennaio scorso è stato trasferito dal cpr di Trapani a quello romano, dopo un incendio, ma secondo le informazioni emerse era stato raggiunto da un decreto di espulsione già il 13 ottobre scorso: se non fosse stato approvato il decreto Cutro, che prevede la proroga dei tempi per il rimpatrio fino a 18 mesi, ipoteticamente sarebbe potuto tornare in Africa già a metà gennaio.
"Io sono contraria a questa proroga: l'identificazione avviene nei primi due, tre mesi o mai più – continua Calderone – Prolungare questo inferno è condannare gli ospiti dei centri a vivere un'afflizione totalmente inutile. Arrivano ad essere molto provati mentalmente, rischiano di trovarsi sopraffatti". Le alternative e le modalità per fare ritorno a casa esistono. "Oltre al rimpatrio volontario, chi arriva nel nostro Paese ancora minorenne può essere aiutato ad intraprendere un percorso verso l'integrazione e la stabilità.
Le condizioni del ragazzo e il suicidio
Secondo le testimonianze di alcuni operatori del centro, il ventiduenne era triste e piangeva spesso fin dal suo arrivo. Poi, nella notte fra sabato 3 e domenica 4 febbraio, poco dopo le 4.40, i suoi compagni lo hanno trovato impiccato ad una grata. Hanno immediatamente allertato i soccorsi ma per lui non c'è stato niente da fare. La stessa Calderone, non appena appresa della notizia, si è recata in mattinata nel cpr.
"Dobbiamo sempre affrontare una tragedia prima che vengano approfonditi e discussi temi così importanti – aggiunge a Fanpage.it – Si tratta spesso di meccanismi che non hanno senso, eppure spesso vengono ignorati finché non succede il peggio". Mentre si trovava fuori dalla struttura, all'interno dalle 9.30 è scoppiata la rivolta.
La protesta nel cpr di Ponte Galeria
La protesta è iniziata alle 9.30, con materassi dati alle fiamme. I migranti che alloggiano nella struttura hanno sfondato le grate di sicurezza in ferro e hanno provato a fare lo stesso con una porta in ferro. Si sono avvicinati agli agenti e ai carabinieri e hanno iniziato a lanciare pietre verso di loro: due sarebbero stati trasportati in ospedale. Per contrastare la rivolta, placata soltanto dopo le 22.3o, le forze dell'ordine hanno lanciato lacrimogeni. Sono 14 i migranti arrestati dopo quanto accaduto nella struttura domenica.