La vedova di Cerciello: “Spero non si pensi che in Italia si possono uccidere servitori dello Stato”
"Mi auguro che non passi il messaggio che in questa nazione, senza conseguenze concrete, si possa trascorrere le proprie vacanze portando al seguito armi, comprando droga e uccidendo servitori dello Stato". Sono queste le parole che Maria Rosa Esilio, la vedova del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, ha affidato al suo avvocato Massimo Ferrandino dopo la pronuncia della Corte della Cassazione. Riportate da Il Corriere della Sera, Esilio si è dichiarata anche "amareggiata e disorientata" per la decisione della Suprema Corte di non confermare le condanne in appello.
La Cassazione: "Processo da rifare"
Annullata la sentenza, si torna in Corte d'Appello per un processo bis. Soprattutto per quanto riguarda la posizione di Gabriel Natale Hjorth, condannato a ventidue anni di reclusione per concorso in omicidio con Finnegan Lee Elder. Rimane l'accusa di omicidio, ma tutto l'impianto accusatorio è da rivedere. Gli ermellini vogliono che sia fatta chiarezza su un nodo cruciale della vicenda: ovvero se i due carabinieri si siano o meno qualificati ai due giovani.
Soddisfatti i legali di Elder e Hjorth
"Elder non aveva capito di trovarsi davanti due carabinieri, lo abbiamo capito dal primo momento che abbiamo esaminato le carte processuali – ha dichiarato il suo legale Renato Borzone dopo la lettura del dispositivo – quell'intervento è stato anomalo, noi lo ripetiamo da quattro anni". Soddisfatti anche i legali di Hjorth, la cui posizione è stata dichiarata non sovrapponibile a quella dell'amico. "Finalmente qualcuno ha sentito le nostre ragioni", le parole degli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi.
Il fratello di Cerciello: "Dodicesima pugnalata a Mario"
Indignato per la decisione della Cassazione anche Paolo Cerciello Rega, il fratello del vicebrigadiere. " Mario a casa non tornerà più, ma almeno speravamo di poter mettere la parola fine al processo che per tutti noi è stato un calvario – ha dichiarato a la Repubblica – Non è facile per quattro anni ripercorrere quei momenti dolorosi, sentire ogni volta le difese che smontano la figura di Mario come se sotto processo ci fosse lui. E così ho acconsentito e ho portato mia mamma. Oggi mi sento in colpa, avrei dovuto risparmiarglielo".
"In un Paese normale, in un mondo normale, sarebbe dovuta andare diversamente – continua Paolo Cerciello – Perché mio fratello era un uomo delle istituzioni. Era un carabiniere, credeva in quei valori ed è stato ucciso. Lo Stato ha il dovere di difenderlo perché quello che è accaduto è preoccupante non solo per noi, ma per tutti gli uomini e le donne che ogni giorno si mettono addosso una divisa. Come fa mia moglie o come sogna, nonostante quello che ci è successo, di fare mia sorella. Io, peraltro, resto convinto che se i due assassini di mio fratello fossero stati cittadini italiani, avrebbero avuto l’ergastolo".