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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

La storia di Serena Mollicone, le tappe dall’omicidio alla sentenza di assoluzione della famiglia Mottola

Dopo l’assoluzione in primo grado, anche i giudici d’appello hanno assolto Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco. Dopo venticinque anni dall’omicidio di Serena Mollicone, non c’è ancora nessun colpevole per il delitto di Arce.
A cura di Enrico Tata
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Serena Mollicone scompare nel nulla il primo giugno del 2001. Viene ritrovata morta nei boschi. Dopo l'assoluzione in primo grado, anche i giudici d'appello hanno assolto Franco Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco. Dopo venticinque anni dall'omicidio di Serena, non c'è ancora nessun colpevole per il delitto di Arce.

Secondo l'accusa, la ragazza sarebbe stata aggredita all'interno della caserma di Arce. Avrebbe sbattuto la testa su una porta e sarebbe caduta a terra svenuta. Poi i Mottola avrebbero trasportato il corpo nei boschi.

1 giugno 2001, la scomparsa e l'omicidio di Serena Mollicone

La 18enne Serena Mollicone scompare nel nulla la mattina del primo giugno 2001 ad Arce, provincia di Frosinone. Il papà, Guglielmo Mollicone, avverte i carabinieri nel pomeriggio della stessa giornata. Dopo due giorni dalla scomparsa, il corpo senza vita della giovane viene trovato in un boschetto nei dintorni di Arce.

La ragazza ha le mani e i piedi legati con nastro adesivo e filo di ferro. Un sacchetto di plastica è stretto intorno alla testa. Il caso viene inizialmente archiviato.

La testimonianza di Tuzi e il suicidio

La svolta per le indagini arriva nel 2008. Il brigadiere dei carabinieri Santino Tuzi racconta di aver visto Serena entrare nella caserma di Arce il primo giugno del 2001, proprio il giorno della scomparsa. Dice anche di non averla vista uscire. Dopo dieci giorni Tuzi si toglie la vita.

Chiamato a testimoniare a maggio del 2024, Marco Malnati, amico di Tuzi, dice: "Mi ha detto che aveva visto Serena Mollicone entrare in caserma, ma che non l'aveva più vista uscire".

Malnati aggiunge: "Mi ha raccontato queste cose solo sei o sette anni dopo, fra il 2007 e il 2008. Prima non ne avevo parlato per per paura, ma adesso se mi devono ammazzare lo facessero pure, le figlie sono grandi, mi disse".

Le indagini e la riesumazione della salma

Nel 2011 i Mottola vengono ufficialmente indagati per l'omicidio di Serena Mollicone e l'occultamento del suo cadavere. Nel 2016 il gip chiede la riesumazione del corpo di Serena, che viene affidato alle analisi dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo. La relazione viene depositata nel 2017 ed è decisiva per le indagini.

Secondo Cattaneo, Serena ha avuto prima un trauma cranico e poi, molto probabilmente, la morte è arrivata per asfissia:

Che il trauma cranico abbia provocato uno stordimento e poi la morte sia sopraggiunta per asfissia è un'ipotesi molto probabile ma non abbiamo gli elementi per dirlo con certezza. La morte per asfissia meccanica è una diagnosi che si fa per esclusione, è una causa di morte che lascia pochissimi segni.

Per la professoressa, Mollicone ha avuto una colluttazione e poi è stata uccisa per asfissia: "Le ecchimosi e le contusioni sono state provocate quando c'era attività vitale. Strattonamenti e pugni e hanno lasciato segni evidenti. Il trauma cranico alla fronte sinistra, che ha dato vita ad una violenta emorragia, è stato provocato da un urto contro una superficie piana e più grande del cranio".

La porta danneggiata e la mancanza di impronte

Questa "superficie piana" sarebbe la porta della caserma dei carabinieri di Arce. Secondo i pm, Serena ha sbattuto la testa contro la porta dell'appartamento dei Mottola, che si trova all'interno dello stesso edificio della caserma, e poi è stata soffocata e il suo corpo è stato abbandonato nei boschi di Arce.

A conferma di questa ipotesi c'è una relazione consegnata alla procura di Cassino nel 2018 dai carabinieri del Ris. Sui nastri adesivi che avvolgevano la testa di Serena ci sono tracce della porta: "Il maggior numero di microtracce rinvenute è risultato coerente dal punto di vista chimico e morfologico con gli strati più profondi della porta (legno e colla) e in misura molti ridotta con quelli superficiali (resina impiegata per la finitura superficiale della porta)".

Per gli esperti del Ris "i risultati ottenuti dalle analisi dei frammenti prodotti consentono di concludere che i frammenti rinvenuti sui nastri adesivi che avvolgevano il capo di Serena Mollicone sono coerenti per morfologia, composizione e numero con quelli rinvenuti al termine del transfer test".

Ma la difesa dei Mottola punta su un problema per l'accusa: non ci sono impronte sulla porte. Le uniche sono quelle rinvenute sul nastro adesivo utilizzato per fissare il sacchetto di plastica alla testa. E non appartengono ai Mottola.

Il possibile movente: Serena voleva denunciare Marco Mottola

Ma qual è il possibile movente dei Mottola? Per i pm, potrebbe essere legato alla droga. "Il figlio del maresciallo Mottola si fa le canne e spaccia, bell'esempio per Arce. Prima o poi lo vado a denunciare", avrebbe detto Serena al suo fidanzato, che ha riportato queste frasi davanti ai giudici. Accadeva la settimana prima della scomparsa.

Secondo l'accusa, Mollicone era andata in caserma e lì avrebbe avuto una discussione con Marco Mottola. Sarebbe stata aggredita, avrebbe battuto la testa contro la porta e sarebbe caduta a terra svenuta.

Marzo 2019, il processo e i cinque accusati per l'omicidio

Nell'aprile 2019 si chiudono le indagini e i pm chiedono il rinvio a giudizio di cinque persone: il maresciallo Mottola, la moglie Annamaria e il figlio Marco per omicidio aggravato, il sottufficiale Vincenzo Quatrale per concorso in omicidio e per istigazione al suicidio di Tuzi, il carabiniere Francesco Suprano per favoreggiamento. A luglio del 2020 il gup rinvia a giudizio i cinque indagati.

15 luglio 2022, l'assoluzione in Corte d'assise a Cassino

Il 15 luglio del 2022 la Corte d'assise assolve tutti gli imputati per mancanza di prove. Si legge nelle motivazioni dei giudici:

"Gli esiti dibattimentali non offrono indizi gravi, precisi e concordanti sulla base dei quali possa ritenersi provata, oltre ogni ragionevole dubbio la commissione in concorso da parte degli imputati della condotta omicidiaria contestata".

Si legge ancora nelle motivazioni:

"Numerosi elementi indiziari, costituenti dei tasselli fondamentali dell'impianto accusatorio del pm, non sono risultati sorretti da un sufficiente e convincente compendio probatorio".

12 luglio 2024, l'assoluzione in appello per la famiglia Mottola e i due carabinieri

Il 12 luglio del 2024 la corte d'assise d'appello assolve nuovamente la famiglia Mottola e i due carabinieri. I pm avevano chiesto ventiquattro anni per il maresciallo Franco Mottola, 22 anni per la moglie Annamaria e per il figlio Marco.

Secondo l'accusa,

"Marco ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere e avevano l'obbligo di intervenire. Entrambi i genitori e lo stesso Marco avevano l'obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell'abitazione di cui solo essi avevano la disponibilità e ciò non hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo per evitare conseguenze penali ai danni del figlio. Ma, in questo caso, hanno anche deciso di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo ed ogni traccia".

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