La storia di Aurora: “Per tutta la vita i medici dicevano che era ansia, invece era un problema al cuore”
"È una sensazione che non so descrivere. Io l'ho sempre chiamato tuffo al cuore, poi la tachicardia per qualche minuto. Mi succede da quando sono piccola, ma ovunque mi hanno sempre detto che si trattava di ansia. Oggi so che non è così". A raccontare la sua storia a Fanpage.it è Aurora, una ragazza di 21 anni che da qualche mese è diventata mamma di un bimbo. "Se mi fosse venuto un attacco simile mentre ero incinta, probabilmente non saremmo riusciti a sopravvivere entrambi – continua – Ora mi sento più tranquilla. Se ci penso, però, mi si gela il sangue".
Ha una malattia al cuore, i medici le dicono che è ansia: la storia di Aurora
La storia di Aurora inizia quando era molto piccola. "A meno di dieci anni già sapevo cosa fosse una aorta, parlavo di arteria e di come funziona il cuore – racconta – Ne avevo sei quando ho avuto la prima crisi che io ricordi. I miei genitori mi hanno portato da un cardiochirurgo per una visita. Non sapevamo che sarebbe stato soltanto il primo di una lunga serie".
Ma la diagnosi ha presto messo a tacere le preoccupazioni della famiglia: "Mi dicevano che ero troppo intelligente e conoscevo molte cose per essere così piccola. Per questo, sicuramente, si trattava di ansia – ricorda – L'alternativa, secondo i primi medici che mi hanno visitato in quel periodo, era che volessi attirare l'attenzione. Ma io non solo non avevo manie di protagonismo di alcune genere. Quando mi capitavano cose di questo genere io stavo male".
Il racconto di Aurora a Fanpage.it: "Prima il tuffo al cuore, poi la tachicardia"
Le ipotesi, con relativi rimedi casalinghi e non solo, sono state fra le più disparate: "Hanno detto che si trattava di cali di zucchero, così ogni volta che succedeva mia mamma mi faceva acqua e zucchero. Poi, avevo dodici anni, la tachicardia è peggiorata ed è durata più di quanto fosse mai successo. All'ennesima visita dall'ennesimo medico, fra cardiologi e cardiochirurghi a Frosinone e Latina, mi è stato prescritto un forte ansiolitico. All'inizio faceva anche effetto, ma poi le crisi sono tornate. E mi hanno portato al pronto soccorso".
Davanti ad una nuova equipe, con ancora altri medici, le arriva una risposta diversa: "Mi hanno detto che non si trattava di ansia, per la prima volta di quasi dieci anni di visite – dice – Stavolta mi era toccata la gastrite. Mi hanno detto che il reflusso può avere gli stessi sintomi dell'infarto, provocare dolore al torace e tachicardia. Quindi dai 12 ai 14 anni circa io ho curato i miei problemi al cuore con dei gastroprotettori".
Gli episodi sono andati diradandosi, da una volta al mese ad una all'anno, poi ancora meno. "Nel frattempo mi dicevano che dovevo rassegnarmi, che si trattava di attacchi di panico: eppure parlando con altre ragazze che ne soffrivano mi rendevo conto che avevo sintomi diversi. Inoltre io avevo avuto una bella infanzia, una bella famiglia, degli amici che mi volevano bene: in realtà non avevo ragione per soffrire di ansia. Avrò avuto circa 18 anni, ormai ci avevo messo una pietra sopra persino io, nonostante le prime riserve".
La gravidanza e la scoperta della malattia
Finalmente gli episodi scompaiono, per almeno un anno: "Ero finalmente in salute, così decido di provare a restare incinta. E ci riesco. Durante la gravidanza vengo sottoposta alle visite cardiologiche. Tutto sembra andare bene. Partorisco e mi godo i primi due mesi di mio figlio. Quando all'improvviso il tuffo ritorna, la tachicardia anche. E non accenna a smettere".
I sintomi durano più di un'ora, Aurora viene portata d'urgenza in ospedale: "Il cuore batteva talmente forte che sembrava un ronzio. Quando sono arrivati gli operatori sanitari avevo i battiti a 280, quasi 300 – ricorda – Mi hanno fatto l'elettrocardiogramma che riesce a prendermi i battiti nel pieno della crisi. Studiano il mio caso. E trovano una nuova diagnosi". Stavolta quello di Aurora non è un calo di zuccheri, una gastrite o l'ansia. "Mi dicono che ho una malattia congenita, soffro di TPSV, cioè Tachicardia Parossistica Sopra Ventricolare". Le fanno una puntura per rallentare i battiti.
"Quando racconto ai medici la mia storia, mi rispondono sorpresi: Ma quale ansia? – racconta a Fanpage.it – E io non posso fare a meno che ripensare a quella guardia medica che, tempo prima, mi aveva detto di tornare a casa e di farmi controllare da uno psichiatra perché i problemi li avevo alla testa mica al cuore".
Una volta trovata la diagnosi, però, per Aurora non finisce qui. "Mi hanno detto che mi sarei dovuta operare. La TPSV porta i filamenti elettrici che si trovano nel cuore in corto circuito. Per venire meno a questa condizione mi sarei dovuta operare. Mi hanno suggerito il San Filippo Neri di Roma, mi sono operata qualche giorno fa – ricorda quanto le hanno spiegato i medici – Non è stato un intervento semplice. Non potevano sottopormi subito all'anestesia, una prima parte l'ho trascorsa da sveglia. Una volta compreso da dove arrivavano le aritmie, mi hanno addormentata e hanno bruciato quei filamenti elettrici con l'azoto liquido".
La malattia di Aurora: "Era invisibile: poteva andare peggio, ma la rabbia resta"
Aurora si dovrà sottoporre ad alcuni controlli fra un mese dal suo medico e dovrà tenere sotto controllo il suo stile di vita: "Non è escluso che le aritmie possano ripresentarsi, ma ora il rischio che corro è lo stesso che corre qualsiasi persona. Per questo mi hanno raccomandato di seguire uno stile di vita sano: niente alcool, niente fumo neppure passivo, niente caffè e di tenere sotto controllo la bilancia, di non essere sovrappeso o sottopeso – spiega – Può succedere a tutti. In ospedale ho visto molte persone anche giovani. Si tratta di una malattia invisibile, che può sfociare in problemi cardiaci gravi".
Mentre si trovava in sala operatoria, le dicevano di pensare al suo figlio, di quattro mesi appena. "Se mi fosse capitato in gravidanza… non voglio pensare a ciò che sarebbe potuto accadere: per curare con i farmaci me, avrebbe rischiato la vita lui. Per salvare lui, avrei rischiato di non sopravvivere io. Da una parte mi sento fortunata, io mi sentivo in salute per una gravidanza, ma in realtà non lo ero. Dall'altra provo tanta rabbia. L'ansia non l'avevo, me l'hanno fatta venire tutti quei medici che si sono fermati prima di procedere con gli approfondimenti. C'è pure chi mi ha detto che è colpa della nostra generazione, che ci facciamo venire l'ansia per le cose che leggiamo sui telefonini, che ci diagnostichiamo malattie dopo aver scoperto della loro esistenza su internet".