Famiglie arcobaleno, la storia di Alessia e Alessandra: “Costretta ad adottare mia figlia”
Alessia e Alessandra sono una coppia omogenitoriale romana. Dal 2017 sono diventate mamme con la fecondazione in vitro, ma hanno dovuto lottare tre anni per ricevere il riconoscimento di entrambe da parte dello Stato. Hanno raccontato a Fanpapge.it che già a poche ore dopo la nascita della loro bambina è arrivato il primo ‘no'. Difficoltà con le quali la coppia è stata costretta a scontrarsi fin da subito, quando Alessia, dopo la nascita, si è recata in ufficio per la registrazione della figlia partorita dalla compagna Alessandra. "Mi sono presentata con il documento e mi è stato chiesto dove fosse il papà della bambina". Alessia ha spiegato all'addetta che non c'era nessun papà, che la bambina aveva due mamme: "Mi ha risposto con espressione sconvolta, come se stesse guardando un film horror ‘non ne voglio sapere nulla'".
La bimba nasce con un documento come "figlia di ragazza madre"
Alessandra e Alessia come ci raccontano hanno dunque ricevuto un atto di nascita "con soggetto sconosciuto", come se a partorire la bambina fosse stata una ragazza madre lasciata sola e non una donna con accanto l'amore e la premura di una compagna. "Siamo state costrette a subire un'atrocità, una falsità, quando entrambi i genitori erano noti, volevano la bambina e non c'è mai stato un abbandono". Il paradosso, spiegano, è che invece se si parla di ufruire di bonus e sul calcolo dell'Isee, le due mamme allora risultano una coppia.
I figli di coppie omogenitoriali ancora discriminati
Ciò che le due mamme temevano prima del riconoscimento è che se fosse accaduto qualcosa alla mamma biologica, lo Stato avrebbe potuto toglierla all'altra mamma. "Alla fine possiamo anche dire che ci è andata bene, ci sono famiglie che per essere riconosciute come tali ci impiegano otto anni. Va bene riconoscere bambini nati all'estero, che arrivato in Italia con un certificato di nascita estero, ma non basta. Bisogna anche pensare ai bambini che nascono nella propria città italiana, che però ad oggi non possono essere riconosciuti da entrambi i genitori e dunque vengono discriminati".
Articolo di Alessia Rabbai, intervista di Simona Berterame