La sorella di Paula, morta per un’ulcera: “L’ambulanza arrivata troppo tardi, era già paralizzata”
Aveva finito prima il turno di lavoro per farsi visitare al pronto soccorso a causa di lancinanti dolori alla pancia, poi era stata rimandata a casa, secondo i medici si trattava di una colite. Il sabato successivo è morta: si è sentita sempre peggio e l'ambulanza è arrivata soltanto dopo quasi due ore dalla prima chiamata, quando per lei non c'era niente da fare. Paula è morta a soli 29 anni, nell'abitazione in cui viveva con la sua famiglia nel quartiere di Casalotti, nel quadrante nord ovest della capitale. Con lei c'era sua sorella che oggi nel programma di Rai Uno condotto da Eleonora Daniele Storie Italiane, ha raccontato: "Giovedì era al lavoro, mi ha detto che era andata in ospedale per dei crampi fortissimi alla pancia. Lei hanno detto che era una semplice colite, quindi era tranquilla, ma continuava a sentire male. Mi ha detto: "Non ce la faccio più, mi hanno dato due antidolorifici e non mi fanno più nulla, ma ho ancora tanto dolore". Poi le hanno fatto delle analisi e una radiografia per capire cosa avesse".
Poi a continuato a spiegare: "Paula non sapeva cosa stesse accadendo. "Io torno a casa, tanto non mi stanno facendo nulla. Sono impegnati: mi hanno lasciato qua in attesa", mi aveva detto. Alle 5 è tornata con il taxi". Poi le ha inviato una nota audio: "Quando sto per arrivare puoi scendere al cancello a darmi una mano che non ce la faccio a camminare da sola?", le chiedeva. "L'ho aiutata a salire a casa, camminava tutta piegata. E poi è andata a dormire".
La prima chiamata al 118
La notte è trascorsa, ma le condizioni di Paula non sembravano migliorare: "Il giorno dopo mi ha chiesto di prenderle degli antidolorifici e per tutto il giorno, venerdì, è rimasta a casa – ha continuato a ricordare la sorella Rebecca – Si lamentava dei crampi alla pancia, era stesa a letto. Il giorno dopo alle 13 mi ha urlato: "Rebecca chiama l'ambulanza, non sento mani e piedi". Così ho chiamato l'ambulanza, la prima chiamata è stata alle 13. Ho raccontato cosa si sentiva e ho spiegato tutta la situazione: che lei era stata al pronto soccorso, che era una possibile colite ma non era certo perché non c'erano dei referti o delle analisi e ho spiegato che stava peggio. Poi mi hanno passato un'altra persona, nel frattempo mi hanno detto che sarebbe arrivata l'ambulanza".
Ma non è successo. "Poi ho chiamato una seconda volta: ogni volta raccontavo tutta la storia, mi sviavano e mi assicuravano che l'ambulanza sarebbe arrivata in breve tempo – ha continuato Rebecca – Mia sorella a quel punto mi aveva già detto che non sentiva più la lingua e non riusciva a parlare. Mi hanno chiesto se avesse la lingua bianca ed effettivamente era così. Poi ha smesso di vedere e io ho chiamato per la terza volta. E una quarta".
L'arrivo dell'ambulanza
L'ambulanza con i soccorsi ha raggiunto la casa delle due ragazze: "È arrivata dopo due ore e 37, soltanto alle 15.40. Quando sono arrivati Paula era in shock settico, completamente paralizzata. Non morta, ma ormai era tardi. Le hanno fatto delle punture, dopo mezz'ora hanno iniziato la rianimazione durata un'ora: ma non poteva essere portata in ospedale direttamente?", si chiede la sorella della vittima.
Le parole della mamma e dell'avvocato
"Abbiamo presentato una denuncia presso la Procura del Tribunale di Roma, ci sono delle indagini in corso: quando si tratta di casi così gravi la cautela è d'obbligo – ha poi specificato l'avvocato Padovani – Purtroppo ci sono altre cose che Rebecca non ha raccontato: chi è arrivato non conosceva la vicenda dopo che Rebecca stessa aveva spiegato la situazione nelle quattro chiamate. Gli operatori, inoltre, dopo il decesso, hanno iniziato a setacciare la casa in cerca di sostanze stupefacenti: attribuendo la causa del decesso a un'overdose, hanno cercato siringhe e pasticche"
Poi ha parlato la mamma della ragazza: "Mia figlia era anche una donatrice di sangue presso il centro del Policlinico Gemelli". A Fanpage.it la donna aveva già rivelato: "Ho il cuore lacerato, da tre mesi ormai non faccio altro che piangere, adesso nulla ha più senso".