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La Regione Lazio esclude i consultori pubblici dal bando per il sostegno alle neomamme

Le associazioni: “La destra vuole favorire gruppi pro life?”
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Un milione di euro da destinare alle future mamme in condizioni di particolare vulnerabilità economica. Questo il contributo previsto per l'anno in corso dalla Regione Lazio su proposta dell'assessora alla Cultura, Pari opportunità, Politiche giovanili, Famiglia e Servizio civile, Simona Baldassarre. A beneficiarne, 318 "donne partorienti" (ossia quelle che avranno superato la 12esima settimana di gravidanza entro il 31 dicembre 2023) con un reddito Isee inferiore a 30mila euro. Il contributo, che rientra nel "Programma di sostegno alla maternità" ed è pensato per aiutare le donne prima e dopo il parto, varierà tra un minimo di 2.500 e un massimo di 5.000 euro.

"Sono ancora troppe, oggi, le donne che si trovano attanagliate da vulnerabilità economiche nel momento in cui restano incinte – il commento dell'assessora Simona Baldassarre – Con questa delibera le vogliamo sostenere, consapevoli di come sia sempre più complesso scegliere di diventare madri. Le donne dovrebbero essere libere di poter decidere di portare avanti dignitosamente una gravidanza e la Regione è al loro fianco, per valorizzarle e creare le condizioni per dare loro un futuro, assieme ai loro bimbi".

L'interrogazione di Eleonora Mattia (Pd)

Come spesso accade, non mancano però le polemiche. Dall'opposizione, è la consigliera regionale del Pd Eleonora Mattia, membro della Commissione Pari Opportunità alla Pisana, a farsi portavoce delle critiche alla proposta della Giunta. Nonostante si ribadisca la necessità di stanziare aiuti concreti per le donne che hanno appena avuto figli, la consigliera sottolinea due punti: intanto, l'aiuto economico previsto non sarebbe considerato sufficiente poiché riguarda solo l'1% delle neomamme in un anno. Secondo elemento, si denuncia l'esclusione di due realtà regionali fondamentali nell'ambito della tutela della maternità e dei diritti della donna come i Consultori familiari e i Servizi sociali dei Comuni dall’attività di supporto alle future mamme che intendano richiedere il bonus.

Al riguardo, la consigliera ha presentato un'interrogazione alla Giunta Rocca: "I Consultori familiari sono servizi sociosanitari di base del Servizio Sanitario Regionale presenti in maniera capillare sul territorio: un totale di 155 strutture nel Lazio (di cui 101 nella città metropolitana di Roma, 19 nella provincia di Frosinone, 17 in provincia di Viterbo, 12 nella provincia di Latina e 6 nella provincia di Rieti) istituzionalmente deputate al ‘servizio di assistenza alla famiglia e alla maternità' e a tutti i residenti in ‘condizioni di particolare vulnerabilità' – spiega – Tra i soggetti individuati invece dal provvedimento dell'Assessora Baldassarre figurano: i ‘Centri per la famiglia', ancora scarsamente presenti sul territorio regionale (appena 12); i ‘Centri d’ascolto'; i ‘Centri di aiuto alla vita', meno di 30 in tutto il Lazio. Si tratta di una decisione insensata in base sia ai dati che alla natura e alle finalità laiche che dovrebbero guidare le Istituzioni pubbliche in quanto garanti del pluralismo e dell'accesso universale al diritto alla salute sanciti dalla nostra Costituzione".

Escluse le 155 strutture regionali

La delibera della Giunta Rocca che stanzia un contributo una tantum per le neomamme sembra infatti essersi scordata dei Consultori nel passaggio in cui invece si dichiara: "Per la massima diffusione dell'iniziativa e per la facilitazione nella presentazione delle domande, verrà chiesto alla rete dei Centri per la famiglia, ai Centri d'ascolto, ai Centri di aiuto alla Vita […] di sostenere le mamme richiedenti nella corretta compilazione della domanda". I centri nominati nella delibera hanno spesso alle loro spalle associazioni – come il Movimento per la Vita – che nel loro statuto si propongono di "promuovere e difendere il diritto alla vita e la dignità di ogni uomo, dal concepimento alla morte naturale, favorendo una cultura dell'accoglienza nei confronti dei più deboli ed indifesi e, prima di tutti, il bambino concepito e non ancora nato".

"Si tratta di associazioni antiabortiste che quotidianamente ostacolano l'applicazione della Legge 194 – denuncia Maura Cossutta, presidente della Casa Internazionale delle Donne – Le politiche per la natalità dovrebbero essere una cosa seria: un aiuto alle mamme, alle donne che scelgono di diventare madri è assolutamente necessario. Ma non così: serve un piano intersettoriale che preveda interventi nel welfare, nelle politiche sul lavoro e sulle pari opportunità nei luoghi di lavoro. Così invece si corre il rischio che diventi esclusivamente un provvedimento di propaganda ideologico: non c'è reale interesse ad aiutare le donne con figli, è solo un regalo alle associazioni pro-life, che da oggi avranno un luogo addirittura istituzionale. Allucinante", conclude.

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