"È la tua vita finita quel giorno, ma la tua anima vive d'eterno" così recita una delle struggenti poesie che papà Guglielmo ha scritto alla sua Serena, nei diciannove anni intercorsi tra il delitto di Arce del giugno 2001 e il giorno della sua morte a maggio 2020. Quello di Serena Mollicone è uno dei femminicidi ancora irrosolti che maggiormente hanno scosso l'Italia, ora in attesa per la sentenza della Corte d'Appello in programma venerdì 15 luglio presso il Tribunale di Cassino.
Alla sua Serena Guglielmo ha dedicato alcune parole in prosa e in versi, mentre assorto nel suoi pensieri sull'imbrunire guardava fuori dalla finestra verso quella "stella nel cielo lontano", che non gli fa perdere l'orientamento, e cercava di attingere dai preziosi ricordi della figlia faciulla, custoditi nel suo cuore.
Dalla scomparsa violenta della diciottenne Guglielmo ha combattuto per tutta la restante parte della sua vita, affinché venisse fatta giustizia, sempre guidato dalla sua luce, "un faro costante", come quello che guida verso il porto le imbarcazioni in tempesta o una "strada sicura", alla quale si affidano i viandanti.
Lo "sguardo e gli occhi felici di Serena", prima che potesse assistere alla sentenza definitiva del processo, lo hanno accolto in un luogo lontano, oltre lo spazio e il tempo, al di là del sogno, dove finalmente si sono ricongiunti, padre e figlia in un abbraccio, e non si lasceranno mai più. I principi di onestà e integrità che hanno spinto Serena ad entrare in caserma di Arce, dove l'accusa è convinta che si sia recata per denunciare Marco Mottola, il figlio dell'allora comandante dei carabinieri, come scrive il papà, l'han "resa eterna".