La ‘ndrangheta ad Anzio, foto alle schede elettorali per verificare il voto: “Simu mafiosi”
Continuano le indagini sulla presenza della ‘ndrangheta nella vita politica di Anzio e Nettuno. Dalle carte del Dda depositate al Tribunale del Riesame, emergono nuovi elementi sui rapporti fra personaggi della pubblica amministrazione dei due comuni e le ndrine calabresi, a sostegno del sindaco Candido De Angelis.
Dopo i 65 arresti effettuati a metà del mese scorso e l'avvio della procedura per lo scioglimento dei comuni di Anzio e Nettuno, come fa sapere oggi il Messaggero con un nuovo articolo, infatti, si sono aggiunte novità che risalgono al 10 giugno 2018, quando De Angelis è stato eletto. Questi nuovi dati dimostrano ancora il potere delle cosche sull'amministrazione del litorale: dalle informazioni emerge, infatti, che dopo il voto gli uomini delle ndrine ricevevano le foto delle schede elettorali, per verificare che le indicazioni sul voto fossero state rispettate. Inoltre, minacciavano il personale dell'amministrazione che si occupava dei rilievi sui lavori. La situazione appare così compromessa che sarebbero stati gli stessi funzionari a chiamare Domenico Perronace, all'epoca agli arresti domiciliari, per chiedere di potersi affidare al figlio durante le elezioni.
Le foto come prova del voto
È stato proprio in quel giorno, il 10 giugno 2018, che S.P. considerato un uomo delle ndrine, ha chiamato il suo fratellastro dicendogli di non essere ancora andato a votare. Nel corso della telefonata, riceve le istruzioni sul voto e specifica che lo metterà a conoscenza non appena lo avrà fatto: "Ho il bigliettino in macchina, ma dopo che voto mando la foto." Secondo le forze dell'ordine che si stanno occupando del caso l'indicazione del simbolo del partito a cui dare la preferenza – Forza Italia- porta a ritenere che il candidato da votare sia proprio Giuseppe Ranucci, cioè uno degli assessori alla giunta De Angelis e chiamato Zi Pino.
Come hanno scritto poi i militari, il candidato, a seguito della tornata elettorale ha contattato telefonicamente, utilizzando l'utenza della moglie, per ringraziarlo dell'appoggio elettorale ricevuto, nonostante fosse a conoscenza della sua situazione giudiziaria: "Dovevo venirti a trovare e dopo vabbé, che dici compà, tutto a posto sì", ha detto l'assessore.
Gli uomini delle cosche nei lavori pubblici
Oltre a questa intercettazione, i carabinieri sono entrati impossesso di molte altre conversazioni avvenute per telefono: alcune di queste attestano come il funzionario dell'Ufficio lavori pubblici dopo aver fatto eseguire dei lavori di somma urgenza alla ditta del figlio di Perronace, contatti suo padre ringraziandolo per essersi messo a disposizione. Nei documenti dei militari, infatti, si legge: "Singolare è il fatto che il funzionario chieda l' autorizzazione a Domenico se può affidare altri lavori per conto del Comune a suo figlio, benché questi si trovi ristretto agli arresti domiciliari. E dopo la telefonata dice al padre: "A pà, ma senti una cosa, non ti ho chiesto, ma gli devo chiedere i soldi oppure…" E Domenico Perronace risponde: "Macché … gli dici poi te la vedi con papà.""
Continue intimidazioni
Anche tutti gli altri dipendenti pubblici che operavano per i comuni del litorale sono stati esposti al clima di minacce imposto dalle ndrine: persino il tecnico che si occupato di fare dei rilievi sui lavori svolti dalla ditta del figlio di Perronace ha ottenuto soltanto insulti. In un'ennesima intercettazione, infine, si sente che racconta a Vincenzo Gallace, boss della cosca malavitosa condannata all'ergastolo: "Questo non lo dovemo fa', me l'ha detto l'assessore ma che c.. vuoi? Ti faccio ricordare il giorno che mi hai conosciuto, faccio in modo che non ti fai più la barba. Vuoi che ti minaccio? Se ti minaccio non dormi più!". In una nuova telefonata con il fratellastro, infine, Perronace spiega, con fierezza: "Simo mafiosie dovemo mantene' una cosa."