La mamma di Giacomo, il nipote di Kim Rossi Stuart arrestato: “È bipolare, carcere pericoloso”
Giacomo Seydou Sy, 28 anni, è stato arrestato dopo aver tentato una rapina e dopo aver aggredito i carabinieri. Il ragazzo, nipote dell'attore Kim Rossi Stuart, si sarebbe avvicinato a un passeggero a bordo del tram 14 e lo avrebbe aggredito. Il 28enne è stato arrestato e si trova in custodia nel carcere di Regina Coeli. La mamma, Loretta Rossi Stuart, ha ribadito che suo figlio è affetto da disturbo bipolare borderline e quindi, ha ricordato la signora, il carcere è per lui pericoloso: "Chi sarà responsabile di ciò che può succedere all'interno del carcere? In qualità di amministratrice di sostegno, e quindi responsabile e in dovere di vigilare su Sy Giacomo Seydou, nonché come madre, io domando: un ragazzo con diagnosi di disturbo bipolare borderline dopo essere stato trattenuto in carcere un anno deleterio per il suo stato psichico, grazie ad un ricorso alla Cedu viene finalmente affidato ad una valida Rems presso cui è in atto un percorso di recupero positivo".
Continua ancora la signora: "È ancora fragile rispetto alla dipendenza da sostanze, riesce ad allontanarsi dalla struttura e, avendo fatto uso, compie atti illeciti in stato di squilibrio mentale (è un paziente a doppia diagnosi soggetto a deliri e psicosi innescati dall' uso di stupefacenti); viene arrestato, il giorno dopo è condotto dalla polizia penitenziaria al pronto soccorso del Santo Spirito, con evidenti segni di autolesionismo, ed è attualmente in un reparto di Regina Coeli dove, in tale stato psicotico, è esposto ed espone gli altri a situazioni di conflittualità difficilmente controllabili. Avrei pensato visti i pregressi, che sarebbe stato urgentemente ricondotto nel luogo di cura a cui era affidato. La domanda ora è: chi sarà responsabile di ciò che può succedere all'interno del carcere?".
Giacomo, infatti, è già stato in carcere a causa di un furto commesso nel 2018. Allora fu arrestato e condannato agli arresti domiciliari. Evase e quindi venne spostato nel carcere di Rebibbia. In realtà, data la sua patologia, avrebbe dovuto essere recluso in una struttura apposita e per questo l'Italia stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, a pagare 36.400 euro.