La fila dei diritti. Migranti fuori dalla Questura al freddo per chiedere i documenti

A Roma persone in fila dalla notte prima per poter avere i documenti. L’Usb: “La Questura sceglie poche persone ogni giorno, le altre vengono respinte”. Chi è in strada denuncia: “C’è il traffico delle code. Chiedono 60 euro per avere un posto”.
A cura di Gabriel Bernard
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"Voglio lavorare, imparare la lingua italiana e portare qui mio figlio". Pedro è seduto sul marciapiede accanto alla Questura di via Teofilo Patini. Sono le 22:30 e il termostato segna 8 gradi. Accanto a lui Luisa. Sono entrambi peruviani, scappati dal proprio Paese, perché subivano estorsioni e non erano più al sicuro. Ora sono qui, seduti in mezzo alla strada ad aspettare di mettersi in fila per fare richiesta d'asilo. Insieme a loro un'altra quindicina di persone. Alcuni hanno teso delle coperte attaccandole alle inferriate per ripararsi dal vento. Altri, come Pedro e Luisa, non hanno nemmeno una coperta.

"Io sono il numero 32, voi siete il 31 giusto?" chiede un ragazzo bengalese. Trentuno numeri, ma decisamente meno persone presenti in strada. "Qui c'è il traffico delle code, c'è gente che si fa pagare 50-60 euro per darti un posto in fila" spiega il giovane peruviano. Poi aggiunge: "Se non rientri in quelle 30-40 persone che riescono ad accedere il giorno dopo in Questura, allora è meglio che torni la prossima volta. Qui stiamo al freddo, buttati per strada senza sicurezza, per essere i primi".

Lunghe file per i documenti alla Questura di Roma

Dalle prime luci dell'alba una lunga fila percorre via Teofilo Patini. Una serpentina umana che termina davanti all'ingresso degli Uffici Immigrazione della Questura di Roma. Le porte si aprono alle 7:30, chi non ha passato la notte sul marciapiede si presenta verso le 5 del mattino. I 15 che hanno trascorso la notte all'addiaccio smontano il loro bivacco e si posizionano in testa.

Una pratica che ormai va avanti da anni "poiché è prassi della Questura scegliere solo poche persone ogni giorno, tra quelle in fila, mentre tutte le altre vengono respinte" denuncia USB Migranti.

La notte del 28 gennaio, un uomo di origine rumena, che aveva trovato riparo in un giaciglio di fortuna vicino all'Ufficio Immigrazione, è stato trovato morto. Dai primi accertamenti risulta che il decesso è avvenuto per cause naturali. Dalla Questura fanno presente che il signore "non aveva motivo di attendere all'esterno dell'ufficio immigrazione in quanto cittadino comunitario a cui era stato notificato un ordine di allontanamento dal territorio nazionale". La questione delle lunghe file fuori dall'Ufficio Immigrazione però resta aperta.

"Non è situazione eccezionale, così dal 2017"

Alle 7:30 del 29 gennaio la porta si apre. Accanto c'è una targa "Questura di Roma, Sala Profughi". Uomini, donne, anziani e bambini si avvicinano per superare l'ingresso. "Una lotteria infame" come la definisce Federica Borlizzi, avvocata dell'associazione Nonna Roma, che da tempo si occupa di persone fragili.

"Non è una situazione eccezionale che sta avvenendo in questo periodo. È dal 2017 che è così" afferma Borlizzi. "Non c'è un sistema adeguato di presa in carico delle persone. All'interno poi si crea ancora più confusione per la mancanza di mediatori. A questo si aggiungono delle prassi difformi che vengono messe in campo dalla Questura, portando le persone a tornarci ciclicamente".

Lo sa bene Syed, ragazzo bengalese che da sei giorni si presenta in via Patini già alle cinque del mattino. "Vengo presto e mi metto in fila. Lo faccio da una settimana. Qui dentro non lavorano. Vivo a Ostia, vengo qui e mi dicono di tornare domani. Quanto devo aspettare ancora? Io vivo qui da 7 anni ormai. Per me è un grande problema".

"C'è caos, mancano i mediatori"

Omar invece è stato fortunato. Viene dal Senegal, vive da 6 anni a Roma e i suoi occhi brillano mentre esce dal portone metallico: "Oggi è andata bene. Ho preso l'appuntamento e fra 6 mesi devo tornare per rinnovare il permesso di soggiorno". Poi, però, aggiunge che non è così per tutti: "Molta gente passa la notte qui. Stanno al freddo, ma non possono fare altro. Abitano lontano e qui bisogna presentarsi presto".

La fila per i diritti accomuna Roma ad altre città come Milano e Torino. In "molti uffici la carenza di personale e, a volte, la non adeguata preparazione di quello presente, rallentano le procedure. Funzionari, non formati a rapportarsi con soggetti di lingua e provenienza diverse, non riescono a prendere in carico le richieste, né a gestire più di poche persone al giorno, a fronte di file lunghissime" afferma AVS in un comunicato.

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