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Opinioni

La destra ora vuole decidere anche quello che si può o non si può dire al Pride

La destra fa la destra e ci può anche stare. Ma ora le destra vuole anche decidere di cosa si possono o non si possono occupare le associazioni Lgbtq? Perché il Pride non è solo una festa, ma un momento di visibilità delle istanze politiche della comunità ancora oggi discriminata e con meno diritti degli altri, che lo organizza. Per questo le pretese di Francesco Rocca sono assurde.
A cura di Valerio Renzi
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In queste ore stiamo assistendo a un dibattito surreale sulla scelta di Francesco Rocca, e della maggioranza di destra destra alla Regione Lazio, di ritirare subito dopo averlo accordato, il patrocinio al Roma Pride che coinvolgerà il prossimo sabato nella capitale centinaia di migliaia di persone.

Il governatore dice di essersi offeso per le dichiarazioni del portavoce della manifestazione Mario Colamarino, addirittura Rocca si è "imbestialito". Ma cosa ha detto Colamarino per farlo tanto arrabbiare? "La regione ha deciso di sottrarsi alla trappola dei pregiudizi ideologici, prendendo le distanze politiche da quanti in Parlamento vorrebbero rendere la nascita delle nostre figlie e dei nostri figli reato universale, perseguendo la gestazione per altri".

E in effetti nella piattaforma del Pride romano è tutto scritto nero su bianco. È Rocca che non l'ha letto il documento, salvo poi arrabbiarsi quando il Partito Democratico si è sinceramente complimentato per aver concesso il patrocinio istituzionale, con un gesto decisamente in contro tendenza.

Il retroscena vuole che Rocca fosse ben contento di concederlo il patrocinio, ma che la sua maggioranza, estremamente sensibile alle istanze pro vita, sia andata su tutte le furie costringendolo alla subitanea marcia indietro.

Un indimenticabile Francesco Storace, ospite del salotto di Bruno Vespa, la leggenda vuole che rispondesse così a chi gli chiedeva di dire qualcosa di destra: "A frociiii!". Lui nega di averlo mai detto, che sia entrato nell'immaginario collettivo vuol dire però che fosse tutto tranne che inverosimile.

Ed è proprio così: il centrodestra vorrebbe che i "froci" facessero i "froci", che nella loro idea vorrebbe dire fare una carnevalata semi nudi, ballando musica degli anni Ottanta baciandosi tutti con tutti. Una roba disgustosa da cui tenersi alla larga, ma tutto sommata innocua.

Guai se la comunità Lgbtq osa disturbare la destra che vuole discriminarla. Così la Gpa diventa il grimaldello ideologico con cui si vuole prendere le distanze dal Roma Pride, perché non si ha il coraggio di dire che la destra destra che governa questo paese non vuole fare passi avanti sui diritti civili e i diritti delle donne, anzi vuole tornare indietro come dimostra l'assedio alla 194.

Purtroppo per loro però la destra italiana non può pretendere di decidere anche cosa sia giusto e legittimo che si esprima al Pride, non può decidere cosa può o non può rivendicare per sé la comunità Lgbtq. Perché il Pride è un momento di visibilizzazione delle istanze politiche di una comunità che ha ancora meno diritti degli altri ed è discriminata. Non è solo una sfilata.

Quindi si preparino a vedere una carnevalata in grande stile, dove ci si bacia chi vuole con chi vuole, dove si balla e ci si spoglia quanto vuole (perché ci si sente sicuri nel farlo), perché il carnevale è da sempre questo, e lo diremo senza dilungarci sulle citazioni di Bachtin: una liberazione, il rovesciamento almeno temporaneo di un ordine opprimente, un'esplosione di libidine. E per quanto riguarda la musica, come si fa a resistere e a stare fermi quando parte: "Quanto è bello far l'amore da Trieste in giù, quanto è bello far l'amore con chi hai voglia tu?".

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Prima di arrivare a Fanpage.it ho collaborato su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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