La destra di Rocca vuole chiudere la casa delle donne Lucha y Siesta: “È un’ipotesi che non esiste”
Il destino di un'esperienza durata 15 anni sarà votato oggi pomeriggio, con la delibera presentata dall'assessora alle Pari opportunità Simona Baldassarre. Si tratta di quella di Lucha y Siesta, la casa rifugio per le donne e bambini vittime di violenza all'interno dello stabile messo all'asta da Atac nel VII Municipio, dopo l'abbandono nel 2008. La delibera, come ha fatto sapere la Repubblica, sarà votata oggi pomeriggio e consiste nella creazione di un bando dopo il quale la Casa sarà ristrutturata e riassegnata. Ma la realtà di Lucha y Siesta già funziona da più di un decennio.
"Lo abbiamo appreso dai giornali, è stata una doccia fredda – spiegano le attiviste di Lucha y Siesta – Abbiamo chiesto due volte nei mesi scorsi di incontrare Rocca. E adesso questo, senza coinvolgerci in alcun modo. Ma non ci fermano così. Ci opporremo con una strategia complessa, come complesso è combattere il patriarcato. La battaglia contro la Regione Lazio è aperta. Per noi la chiusura di Lucha è un'ipotesi che non esiste".
Fa loro eco la consigliera regionale e coordinatrice della segreteria nazionale del Partito Democratico Marta Bonafoni: "Non possiamo fare a meno di Lucha y Siesta: in quel giardino si compone un percorso di antiviolenza collettivo. Tutto questo non si può cancellare con una delibera – spiega a Fanpage.it – È la struttura più grande nella regione Lazio, ha un impatto anche dal punto di vista quantitativo fondamentale".
La storia di Lucha y Siesta
Dopo una lunga diatriba, la struttura che ospita Lucha y Siesta è stata comprata nel 2021 dalla Regione Lazio, durante il governo Zingaretti, per far sì che l'esperienza potesse continuare serenamente e che fosse valorizzata.
"Ci siamo adoperati per capire come non mettere a bando la struttura, ma riconoscerne le potenzialità: pensiamo che sia doveroso rafforzare l'esperienza di Lucha – spiega a Fanpage.it la consigliera regionale Marta Bonafoni – Col passaggio di giunta, la finalizzazione non è mai arrivata: evidentemente questa destra ha un'altra idea", aggiunge.
"Si è trattato di un lungo percorso durante il quale abbiamo fatto riferimento a diverse leggi nazionali, regionali (come la legge numero 4 del 19 marzo 2014 sulla violenza di genere, ndr), la convenzione di Istanbul e altre leggi sui luoghi delle donne. È stato difficile muoversi nel quadro legislativo, così complesso. Ma ci siamo riuscite. Quando si è dimesso Zingaretti mancava un'unica firma del contratto. E su questo vuoto normativo sta facendo leva la giunta Rocca: non si possono appropriare anche di Lucha".
Quale futuro per le donne ospiti di Lucha y Siesta
"Non vogliamo neanche pensare a cosa ci aspetta, per noi la chiusura di Lucha è un'ipotesi che non esiste. A partire dall'inizio dell'anno, negli ultimi 9 mesi, sono 93 le donne uccise", continuano da Lucha. Come hanno spiegato a Fanpage.it, non si tratta soltanto di un servizio: è un luogo più complesso di valore politico, culturale e sociale, importante anche per il territorio.
"Togliere Lucha vuol dire togliere spazio, autonomia, libertà, comunità. Si toglierebbe alle donne e ai minori vittime di violenza la possibilità di uscire dalla loro condizione – aggiungono – Non accetteremo che si ripeta, come già avvenuto in passato con la sindaca Raggi, quando donne e bambini sono stati spostati come pacchi e introdotti a percorsi non efficaci".
La lotta alla Regione: "Non ci fermiamo"
La notizia arriva a poco più di un mese dal 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza di genere. "Per difendere la Casa stiamo organizzando nuovi eventi e iniziative, fino al 25 novembre e oltre, a partire dall'assemblea nazionale di Non una di meno – continuano da Lucha – Questo Paese e questa città non si possono permettere di perdere Lucha. Stiamo preparando una risposta determinata che metterà insieme tutte le alleanze, le reti e i movimenti antiviolenza, a partire da DiRe, Donne in Rete contro la violenza. Ci aspettiamo un'alzata di testa anche dal centrosinistra: serve più coraggio da parte delle opposizioni".
"In queste ore sta crescendo una voce unica di opposizione a questa delibera: aspettiamo che siano le attiviste a dirci come mobilitarci, con che tempi e in che modalità – risponde Bonafoni – La destra è molto presente quando si tratta di intervenire con le pene, ha una fragilità culturale enorme quando si tratta di intervenire sulla prevenzione. E Lucha y Siesta, che è uno spazio che si autodetermina, può spaventare per la sua libertà". Ma non è detta l'ultima parola: "Il presidente Rocca durante la prima seduta del Consiglio Regionale, aveva risposto al mio intervento dicendo di essere dalla parte dei diritti, in particolare di quelli delle donne: l'augurio è che possa essere coerente e possa fermare la macchina contro Lucha".
La reazione di Piccolotti (Verdi Sinistra)
"Le battaglie contro i diritti a volte si combattono a colpi di carte bollate. Ma noi faremo tutto il necessario – ha spiegato la deputata Elisabetta Piccolotti (Verdi Sinistra) – La Casa delle donne è un luogo dove si affrontano, e non solo a parole, le manifestazioni di violenze contro le donne, dove si fornisce aiuto concreto a tantissime vittime e dove, attraverso la quotidiana attività di lavoratrici e attiviste, si combattono violenza, discriminazione e abusi". L'esempio di Lucha y Siesta, per Piccolotti, è un esempio di "attivismo dal basso" fatto da persone e luoghi: "Abbatterli – ha aggiunto – è un colpo mortale per chi si impegna per una società più giusta. Per questo faremo tutto il necessario per tutelarla e per salvarla".
Eleonora Mattia (Pd): "Inutile accanirsi su Lucha"
"La notizia della delibera è preoccupante – ha spiegato anche Eleonora Mattia (Pd) con una nota – Una scelta incomprensibile, non solo perché si va a colpire un esempio virtuoso di gestione partecipata tra società civile e Istituzioni, che è ormai parte integrante della comunità locale, ma anche perché risulta un inutile accanimento e spreco di energie dell’Amministrazione regionale, soprattutto se si considera lo scenario nazionale, e regionale, in cui femminicidi e violenza di genere sono ormai un’emergenza quotidiana. La Regione Lazio si concentri piuttosto sulle misure strutturali necessarie a prevenire la violenza di genere".