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Inietta uno psicofarmaco alla figlia disabile: mamma condannata

Quattro anni di reclusione è la condanna stabilita dal gup nei confronti di una mamma trentatreenne processata con rito abbreviato. La donna avrebbe somministrato uno psicofarmaco di nascosto in vena alla figlia disabile di otto anni, ricoverata al Policlinico Umberto I di Roma. La Procura aveva chiesto dieci anni e il tentato omicidio.
A cura di Alessia Rabbai
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Immagine di repertorio
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Ha iniettato uno psicofarmaco in vena alla figlia disabile di otto anni ricoverata al Policlinico Umberto I di Roma. Una mamma trentatreenne è stata condannata a quattro anni di reclusione con l'accusa del reato di lesioni gravi volontarie. Così ha stabilito il giudice dell'udienza preliminare Emanuela Attura nei confronti della donna processata con il rito abbreviato. La Procura di Roma nei per lei aveva chiesto dieci anni e il riconoscimento del reato di tentato omicidio perpetrato verso la figlia. Nel suo sangue infatti, dagli esami effettuati, è emersa la presenza di un livello di lamotrogina sette volte superiore alla media. Secondo quanto sostenuto dalla Procura e condiviso dal giudice, la donna avrebbe infilato di nascosto il braccio sotto alle coperte del letto del Policlinico in cui la figlia si trovava ricoverata, impugnando una siringa e somministrandole lo psicofarmaco.

La mamma ha iniettato lo psicofarmaco alla figlia disabile

I fatti risalgono alla primavera del 2019, a subirli una bambina affetta da una rara malattia genetica, che al momento dell'accaduto si trovava ricoverata in ospedale per alcune complicanze dovute agli attacchi epilettici. Come emerso in sede d'indagine la madre avrebbe iniettato alla figlia il Lamictal, uno psicofarmaco, complicando lo stato di salute della bimba. Da parte sua la trentatreenne si è sempre difesa, attraverso gli avvocati Savino Guglielmi e Francesca Rossi, spiegando che la vicenda era frutto di un equivoco del personale sanitario di turno in ospedale, che avrebbe mal interpretato un gesto compiuto nei confronti della figlia, quando ha introdotto il braccio sotto alle coperte, immortalato nelle immagini delle videocamere di sorveglianza presenti all'interno della stanza per monitorare l'evolversi delle condizioni di salute della bambina. Di questo non sono però convinti Procura e Gup. La donna è stata arrestata l'anno scorso e posta ai domiciliari due mesi dopo l'accaduto, in attesa della celebrazione del processo.

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