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Inchiesta Fanpage, il Pd chiede di inserire l’antifascismo nello statuto della Regione Lazio

Intervista alla consigliera regionale del Pd Eleonora Mattia, che ha inviato una lettera a tutte le forze politiche per chiedere loro di sottoscrivere la proposta di legge per inserire i riferimenti ai valori dell’Antifascismo e della Resistenza all’interno dello statuto della Regione Lazio.
A cura di Enrico Tata
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La consigliera regionale del Pd Eleonora Mattia ha inviato una lettera ai capogruppo di tutte le forze politiche presenti in consiglio per chiedere loro di sottoscrivere la proposta di legge per inserire i riferimenti ai valori dell'Antifascismo e della Resistenza all'interno dello statuto della Regione Lazio.

Fin dall’inizio della legislatura ha presentato una proposta di legge per l’inserimento dei valori dell’Antifascismo e della Resistenza e che adesso ha rilanciato con questa lettera. Perché è importante?

Perché schierarsi dalla parte giusta, in particolare ogni volta che si ripresentano ombre del passato e relative zone grigie, persino all’interno delle Istituzioni oltre che nel tessuto sociale, è un atto vitale per tenere in salute e in costante allenamento la nostra democrazia. Questa necessità è evidente soprattutto in questo momento storico con il ripetersi di dichiarazioni a dir poco ambigue e inopportune di stampo neofascista da parte di esponenti del governo o delle eminenze grigie di cui questi si circondano, sia a livello nazionale che regionale. Questo brutto esempio da parte delle Istituzioni non fa altro che legittimare, più o meno implicitamente, nella società civile un certo sentimento “nostalgico” del Ventennio e, in generale, pulsioni malsane di intolleranza e odio verso le diversità, che rischiano di fare della prevaricazione la valvola di sfogo per il malessere sociale del momento. In un tale contesto oggi essere antifascisti significa offrire più diritti, libertà, giustizia ed equità ed inserirlo, nero su bianco, all’interno dello Statuto regionale è un atto simbolico e forte.

Qualcuno potrebbe dire che il centrosinistra ha avuto dieci anni di amministrazione Zingaretti per introdurre questi riferimenti. Così non è stato…

È utile partire da prima della Giunta Zingaretti: il nuovo Statuto della Regione Lazio, entrato in vigore l’11 novembre 2004, fu modificato dalla Giunta di destra guidata da Storace, che non inserì i riferimenti ai valori dell’Antifascismo e della Resistenza, come invece fatto da altre Regioni. Un’occasione persa. Successivamente, eletta nel 2018 con la seconda Giunta Zingaretti, ho presentato questa proposta di legge ma all’epoca non fu colta come un’opportunità, nell’ambito delle priorità per far ripartire la Regione dettate, dal 2020, anche dalla pandemia Covid. Ora però la cronaca ci dimostra che i tempi sono cambiati e che forse sarebbe stato meglio essere previdenti e lungimiranti nel fissare dei punti fermi quale faro in possibili tempi bui della nostra democrazia. Mi auguro che stavolta come Pd possiamo essere tutti allineati e di vedere al mio fianco il segretario regionale del Pd Lazio, Leodori, per convergere anche su questa battaglia, come dimostrano le adesioni finora raccolte, a partire dal capogruppo dem, Mario Ciarla, e dalla coordinatrice nazionale, Marta Bonafoni, che hanno firmato questa proposta di legge, e che ringrazio. Un segnale importante per tutta la nostra comunità politica.

Nella lettera ai presidenti dei gruppi lei cita l’inchiesta di Fanpage.it sulla ‘Gioventù meloniana’. Come lei stessa scrive non si tratta ‘di poche mele marce’, ma di importanti dirigenti giovanili. Quanto è preoccupante questa situazione?

Molto. Perché l’inchiesta di Fanpage.it ha rivelato proprio che questi rigurgiti di estrema destra hanno dei ‘cattivi maestri’, che rischiano di avere un effetto moltiplicatore sulla base di militanti e iscritti al partito proprio in virtù dell’autorevolezza attribuita alla loro carica rappresentativa. Questo vale all’interno dei partiti, soprattutto se parliamo di FdI, ovvero il partito di maggioranza relativa del Paese, da cui proviene la premier Meloni, e vale ancora di più per le Istituzioni, che devono rappresentare tutte le cittadine e i cittadini, a prescindere dalla loro estrazione politica.

E ancora lei cita casi avvenuti soltanto nell’ultimo mese nel Lazio, dall’aggressione agli studenti agli sfregi del monumento a Matteotti e della tomba di Berlinguer, fino all’aggressione al Sally Brown. Insomma, lei chiede di dare un segnale chiaro con l’approvazione di questa proposta di modifica dello statuto. Crede nel sostegno da parte di tutte le forze politiche o è un semplice augurio?

Più che crederci, a questo punto è una pretesa. Gli episodi citati sono gravissimi e sono solo alcuni. Se ne potrebbero aggiungere altri, dentro e fuori il Lazio. Ma soprattutto, al di là delle esternazioni di stampo neofascista e neonazista, c’è un humus culturale dell’agire politico che fa da sfondo, e che preoccupa, fatto, tra le altre cose, di patriarcato e maschilismo. Lo vediamo ad esempio nelle politiche sulle donne e per le pari opportunità, si pensi ad esempio al recente dibattito nazionale sull’aborto e sulla legge 194 con l’ok all’ingresso delle associazioni Pro Vita nei consultori pubblici. E ancora: mi ha molto colpito che uno dei primi atti del presidente Rocca sia stato togliere la panchina rossa dedicata alle vittime del massacro del Circeo, Donatella Colasanti e Rosaria Lopez, che era stata collocata davanti alla sede della Giunta regionale. E il massacro del Circeo è fisso nella nostra memoria, oltre che per la sua atrocità, anche perché non è stato solo un delitto dell'uomo contro la donna ma anche del ricco contro il povero, della “Roma bene” di estrazione conservatrice contro la “Roma proletaria”, di periferia. Un pessimo segnale in un’Italia dove i femminicidi sono all’ordine del giorno.

Ma questo è solo un esempio del sostrato culturale che rischia di diventare terreno fertile per una cultura della violenza, di regressione sui diritti, di cui i recenti rigurgiti di estrema destra sono solo la punta dell’iceberg. Per questo è fondamentale che dal mondo politico e dalle Istituzioni parta una condanna chiara e unanime, da maggioranza e opposizione, nei confronti di queste esternazioni. Abbiamo il dovere di dare, insieme, il buon esempio, con coraggio e capacità di cooperazione. Un atto che ormai non possiamo più procrastinare. Qual è la difficoltà? Parafrasando Fiorello sulla premier Meloni, non vorrei che dovessimo chiamare il logopedista anche per il presidente Rocca per riuscire a fargli pronunciare, anche nero su bianco, la parola Antifascismo!

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