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Incendio brucia un palazzo: “Rientrati a casa dopo 2 mesi, oggi viviamo con la plastica alle finestre”

“L’incendio ha fatto esplodere le finestre, gli infissi sono senza vetro – spiega a Fanpage.it – Dal Comune arrivano poche e vaghe risposte”.
A cura di Beatrice Tominic
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La finestra con la plastica al posto degli infissi, sigillata con lo scotch. A destra una delle crepe: non c'era prima dell'incendio.
La finestra con la plastica al posto degli infissi, sigillata con lo scotch. A destra una delle crepe: non c'era prima dell'incendio.

"Dovevo rientrare a casa mia dopo 20 giorni, ci sono tornata dopo due mesi: oggi l'appartamento è pieno di crepe, le finestre sono senza vetri e mancano ancora dei lavori per sistemarlo. Il Comune non sa ancora se può coprire le spese. E nel frattempo vivo con la pellicola di plastica al posto del vetro". Queste la parole di Vilma, inquilina che vive al piano terra di un palazzo in via del Quartaccio, rimasto coinvolto in un incendio qualche mese fa.

L'incubo per Vilma e per suo figlio, con cui vive nell'appartamento nel quadrante nord ovest di Roma, è iniziato la scorsa estate quando, nella notte del 19 luglio, è stato appiccato un incendio proprio davanti al palazzo in cui vivevano, di proprietà del Comune di Roma, in via del Quartaccio, nella zona nord ovest della Capitale. I due sono stati immediatamente allontanati dallo stabile. "È pericoloso, non potete tornare in casa", è stato detto loro dai vigili del fuoco e dai funzionari del comune di Roma, accompagnandoli in un hotel sulla via Cassia, dove sarebbero dovuti rimanere per una ventina di giorni. Complici anche le vacanze estive, non c'è stato nessun sopralluogo in casa fino al 31 agosto. E Vilma e suo figlio sono potuti rientrare a casa soltanto il 2 settembre.

Dopo due mesi in hotel, la casa ancora non è pronta

A fine agosto il periodo di tempo che prevedeva l'alloggio in hotel stava per terminare. "Ringrazio di aver avuto un tetto sopra la testa, ma è stato impegnativo – rivela – Mio figlio ha continuato a vivere normalmente, uscendo per andare al lavoro. Io sono casalinga, la vita in albergo non fa per me". Poi aggiunge: "Non abbiamo fatto altro che mangiare panini. Alcuni giorni mi sono fatta ospitare da amici e amiche: andava bene pure una minestrina. Ma due mesi di panini sono troppi – continua – Avrei voluto soltanto rientrare a casa mia, farmi un piatto di pastasciutta, prendere le mie medicine (è malata oncologica, ndr) e starmene al letto. Nel mio letto. Ho anche dovuto interrompere la fisioterapia per il braccio, cancellando i primi risultati ottenuti. L'arto è tornato fermo".

Ma più il 2 settembre si avvicinava e, con esso, la necessità di lasciare l'alloggio in hotel procurato alla donna dalla Protezione Civile, meno notizie sul suo futuro arrivavano dal Comune di Roma. "Poi è arrivato il 31 agosto e con lui i vigili del fuoco per le prove sull'agibilità e la stabilità nel mio appartamento. Pochi giorni dopo sarebbe stata ripulita la facciata, messi i vetri alle finestre che ne erano rimaste prive, sostituire gli infissi vecchi e rotti con quelli nuovi". Eppure, ad un mese dalla data prevista, lo stato dell'appartamento non ha subito grandi cambiamenti.

Il ritorno a casa

"Quando siamo rientrati, quello che abbiamo trovato è stato molto diverso da quello che ci aspettavamo – continua a spiegare – Alle finestre mancano i vetri, al loro posto abbiamo messo la plastica. Hanno ripulito la facciata e sistemato il terrazzino da cui, però, entra l'acqua in casa: filtra dalle crepe che si sono formate in cucina e in soggiorno. Sulle pareti continua un alone nero e c'è ancora fuliggine nel solaio: per me che sono malata oncologica, è davvero molto pericoloso. Doveva anche venire l'elettricista".

Le condizioni dell'appartamento sono ancora come a metà luglio: "Per ora hanno messo la caldaia, ma a quanto dicono non sanno ancora quali dei prossimi interventi necessari sono a nostre spese e quali a spese loro. Ma noi non abbiamo fatto niente,: non lo trovo giusto. Ci hanno detto che spetta a noi ripitturare i muri e risistemare il terrazzino – poi precisa – Ci hanno detto che ci faranno sapere chi dovrà chiamare l'Ama affinché possa intervenire nella raccolta di rifiuti speciali. Inoltre serve l'esito delle analisi effettuate sui materiali prelevati nel solaio senza i quali non possono iniziare i lavori: sarebbe dovuto arrivare dopo 40 giorni. Sono passati quasi tre mesi".

La preoccupazione maggiore è in vista della stagione rigida, alle porte: "Come faremo quando verrà il freddo e alle finestre ci sarà ancora la plastica? – si chiede – Al primo temporale, inoltre, l'acqua rischia di entrare in casa, passando per le crepe che si sono formate fra il soggiorno e cucina con il terrazzino. Ancora fa caldo, ma poi non riesco a trovare risposte.  Siamo ancora in balia della sorte. Ma non è giusto".

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