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In videochiamata con le donne che rientrano a casa da sole: “Paura ad ogni ora e in qualsiasi quartiere”

Con Donnexstrada prima e l’app Viola poi, donne e soggetti in difficoltà hanno la possibilità di videochiamare volontari e avere compagnia durante il rientro a casa. Abbiamo intervistato Laura De Dilectis, fondatrice e ceo.
Intervista a Laura De Dilectis
Fondatrice dell'associazione di sensibilizzazione Donnexstrada e ceo dell'app Viola, con cui donne e soggetti in difficoltà possono parlare in videochiamata nel rientro a casa e in occasione ritenute da loro di pericolo.
A cura di Beatrice Tominic
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Una donna inseguita e violentata a Prati mentre stava tornando a casa. Stessa sorte per una ragazzina nelle campagne del Frusinate. Un'altra sfregiata con taglierino a Tivoli Terme. Questi sono soltanto due episodi di cronaca delle ultime settimane che riguardano due donne che hanno subito abusi mentre stavano rientrando a casa. Ma non è la prima volta che troviamo casi del genere.

Sì, purtroppo è un copione che si ripete troppo spesso. A volte non ci rendiamo conto di quanto possa essere disabilitante vivere con la paura di non tornare a casa. È certamente una paura che riguarda tutti, ma nella maggior parte dei casi riguarda le donne. È una condizione che esiste da sempre. Ma qualcosa mi è scattato dopo il rapimento, lo stupro e l'assassinio di Sara Everard, avvenuto alle 21 a Londra, nel marzo del 2021, mentre stava tornando a casa.

E a quel punto cosa è successo?

È stato in quel momento che ho capito che effettivamente potevamo morire in strada e che spesso prendiamo tutte le precauzioni del caso. Chiamiamo i genitori, gli amici. Camminiamo a passo spedito, con le chiavi in mano. È qualcosa che facciamo tutte in maniera così automatizzata che non ci rendiamo conto neanche di quanto sia disabilitante. Così ho chiamato, nel marzo 2021, una call to action sui social sul mio profilo Instagram. Non me l'aspettavo, ma ha avuto una grande risonanza. E qualche mese dopo, a giugno, è nata l'associazione Donnexstrada.

Cosa ha fatto scattare la molla per questo passo avanti? 

Dalla call to action alla nascita dell'associazione ogni giorno sono arrivate 400 email in cui molte esprimevano la loro paura a muoversi per strada da sole.

Così è nata un'associazione che ormai ha tre anni.

Tre anni di progetti, non soltanto nella sicurezza in strada delle donne, ma anche di sensibilizzazione per il contrasto alla violenza di genere. Uno di questi progetti, cioè l'accompagnamento di chiunque ne avesse necessità in strada, durante il rientro, in videochiamata, oggi si è evoluto. È così che è nata l'app Viola, evoluzione del servizio di chiamata già presente su Instagram, ma realizzata indipendentemente da Donnexstrada, da una nuova startup di cui sono la CEO.

Da cosa è nato il bisogno di creare questa nuova realtà, oltre l'associazione?

Abbiamo visto subito che era il progetto che piaceva di più e di cui le persone avevano bisogno. Era un'azione che facevano già con gli amici, i genitori, i partner. Ma magari all'ora in cui serviva, stavano dormendo, non erano disponibili. Così abbiamo sfruttato la potenzialità del social, il fatto che ci fosse già la possibilità di fare le videochiamate e addirittura all'inizio la diretta pubblica. Abbiamo cercato di sfruttare tutti i mezzi per aiutare le persone offline, poi è nato il servizio h24. Ma ovviamente non bastava più, così con due fondatrici di Donnexstrada abbiamo aperto la nuova startup.

Da qui è nata la consapevolezza che si trattava di una condizione reale e comune a così tante persone? Quali sono i numeri oggi, invece?

Ad oggi la situazione è diversa. Da quando è nata l'app ogni giorno abbiamo tanti download. E, di conseguenza, continuano ad essere tantissime anche le videochiamate, più 2500 fino ad oggi, con numeri destinati ad aumentare.

Ci sono dei momenti in cui le videochiamate aumentano?

Soltanto nell'ultimo periodo il numero è triplicato. E con loro i volontari che si occupano di garantire il servizio gratuito. Probabilmente perché si avvicina l'estate.

E al livello di orari? Nei casi di cronaca citati prima, i fatti sono avvenuti nel tardo pomeriggio, ad esempio.

Per quanto ovviamente col buio aumentino, come la mattina presto o la sera tardi, ci arrivano chiamate in qualsiasi orario. Anzi. Le statistiche dicono che il maggior numero di aggressioni si registrano nel pomeriggio. Ci possono essere molestie, cat calling, violenze, stupri e così via. Però ci sono troppi parametri da prendere in considerazione, anche a livello geografico. Nei paesini più piccoli la paura è quella di trovarsi sole in zona poco illuminate ad esempio, nelle metropoli la paura è quella di trovarsi in zone notoriamente più pericolose, come potrebbe essere, ad esempio, una stazione.

Quindi non esistono situazioni più rischiose di altre?

Di base no. Può succedere di pomeriggio, può succedere a notte fonda. Generalmente la scelta principale è quella di muoversi accompagnate perché si è più tranquille se c'è una persona a fare compagnia. E questo può essere utile anche quando avviene virtualmente. Ovviamente è sempre importante guardarsi intorno, ma gli occhi esterni vedono che si è impegnate con un'altra persona, che c'è un potenziale testimone oculare in un qualcosa. Quindi c'è meno l'effetto di essere isolate. Anche se la situazione sta peggiorando.

In che senso?

C'è molta preoccupazione a Milano. Parliamo con sempre più donne che rispetto agli anni scorsi in questo caso non escono più la sera assolutamente, questo è un danno enorme, ovviamente anche solo banalmente all'economia dello Stato. In molte ci raccontano le loro difficoltà. Su Roma non abbiamo dati di questo genere, ma uno in particolare forse può stupire. Come anche riportato dalla questura, il maggior numero di molestie o aggressioni in strada avviene nei quartieri centrali piuttosto che nelle periferie che, invece, spesso sono ritenute le più pericolose o comunque più isolate.

Come è possibile?

C'è l'abbinamento fra il turismo, l'alcol, le persone fuoriserie internazionali che magari non parlano la lingua. Ecco, prendiamo Prati. Una non direbbe mai che è pericoloso, eppure in realtà in molte hanno paura a muoversi in strada per le vie della zona la sera.

Che siamo in quartieri centrali o meno, una videochiamata può davvero fare la differenza?

Sicuramente può aiutare come sicurezza, non com libertà. Non dovrei aver bisogno di un'applicazione telefonica per stare tranquilla nel rientrare a casa mia. Ci sono molte altre accortezze. Eppure anche quella delle videochiamate viene percepita davvero come un aiuto per salvaguardarci. Anche se non è al nostro fianco, sappiamo che c'è una persona in tempo reale con noi. E questo lo notano anche le persone che ci vedono esternamente. A volte può fare la differenza sulla scelta di uscire o viaggiare da sole di sera. A volte ci dicono: "Se non ci fosse stata Viola non sarei uscita".  E questo dovrebbe farci riflettere.

Ultimamente Roma si è trovata a vivere l'ennesimo femminicidio. A morire Manuela Petrangeli, uccisa a colpi di fucile in strada dall'ex. È mai capitato che qualcuno cercasse un aiuto anche per difendersi dalle persone a sé più vicine?

Un femminicidio atroce avvenuto alla luce del sole. Per noi è difficile trovare risposte a questa domanda perché chi fa la videochiamata non ci restituisce tutti gli elementi: preferiamo che non sia così. Intervenire in una relazione è difficilissimo rispetto ad altro. Ma non escludiamo che sia successo anche di fare compagnia a persone spaventate dalle persone più vicine che, magari, avevano paura di trovarle sulla loro strada. Ci hanno detto che è uno strumento utile anche per lo stalking.

Immagino siano situazioni più complesse.

Esattamente. I nostri volontari sono formati, ma non sono psicologi non sono avvocati. Il nostro è un servizio gratuito che vogliamo resti tale.

Mi parli di volontari. Quindi non sono soltanto donne quelle operative.

No, assolutamente. Anche se notiamo che rispetto agli altri Paesi, come la Germania dove la questione è più condivisa anche dalla società, il numero è un po' più basso anche se è in aumento. Da noi è difficile anche spiegare il problema a chi, spesso, non lo percepisce neppure. Invece si tratta di una questione di sicurezza che rischia di modificare le abitudini.

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