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Il testamento di Teo Losito non è stato falsificato: è autentico e i 5 milioni restano al compagno

La Corte di cassazione ha messo la parola fine sulla vicenda del testamento del produttore suicida Teodosio Losito. Quei documenti, la conclusione dei giudici, sono autentici.
A cura di Enrico Tata
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Secondo la Corte di cassazione, il testamento dello sceneggiatore e produttore Teodosio Losito è autentico. Per questo l'eredità può essere legittimamente assegnata al compagno Alberto Tarallo. Secondo la procura e la famiglia gli ultimi desideri di Losito, che si è tolto la vita nel gennaio 2019, sarebbero invece un falso e per questo i conti correnti, l'automobile, le proprietà, le quote societarie e le polizze assicurative (5 milioni di euro circa il valore del patrimonio) erano state sequestrate. Dopo una lunga vicenda giudiziaria, la Corte ha messo la parola fine e ha smentito le ipotesi dei pm: quel testamento e quelle drammatiche lettere di addio sono autentiche.

La battaglia legale per l'eredità di Losito è iniziata quando Tarallo ha presentato un testamento e tre lettere d'addio firmate dall'ex compagno. In questi testi risultava essere l'erede universale e unico, quindi, ad avere diritto agli averi del produttore. Secondo le perizie calligrafiche disposte dalla procura, si tratta di documenti falsi. I testi, infatti, sono stati confrontati con una sceneggiatura scritta a mano dall'uomo e dalle analisi sembrerebbero tentativi di contraffazione. Una controperizia di parte, tuttavia, ha concluso che non ci sono sufficienti prove per attribuire quegli scritti a Tarallo. I giudici del tribunale del Riesame hanno dato ragione al perito di parte, ma i pm hanno deciso di presentare un ricorso in cassazione.

"Il convincimento del Tribunale, erroneo in fatto perché si basa sulla cosiddetta controperizia prodotta dalla difesa la quale è stata eseguita non sull'originale degli atti che si assumono falsi ma sulla base delle fotocopie dell'elaborato del Ctu (consulente tecnico,ndr) del pm. Orbene tale semplice presupposto è indicativo di un lavoro non attendibile atteso che la procedura dall'indagine tecnico grafologica impone lo studio sugli originali", era la tesi degli inquirenti. La Corte di cassazione, però, anche in questo caso ha dato ragione a Tarallo. Quei documenti, la conclusione dei giudici, sono autentici.

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