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Il sindaco Pietro Tidei di Santa Marinella e i video espliciti, la Cassazione: “Non è revenge porn”

“Non si tratta di revenge porn”, questo è quanto stabilito dalla Cassazione sul caso dei video sessualmente espliciti in comune a Santa Marinella con il sindaco Paolo Tidei.
A cura di Beatrice Tominic
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Secondo la Corte di Cassazione, non si tratta di revenge porn. Questo è quanto stabilito dai giudici sul caso che riguarda la diffusione dei video con i rapporti sessuali del sindaco di Santa Marinella, sul litorale nord della capitale, Pietro Tidei e due donne, di cui una ex dipendente, nell'anticamera del suo ufficio del comune della cittadina vicino a Civitavecchia.

La decisione arriva in quanto, "non è punibile per revenge porn chi mette in rete un filmato a contenuto sessualmente esplicito qualora sia persona diversa da quella che, in funzione esclusivamente privata, ha realizzato il filmato con l’accordo delle persone coinvolte".

Video espliciti nel comune di Santa Marinella: cosa è successo

A rendere noto la decisione della cassazione, Il Fatto Quotidiano. Le immagini erano emerse nel corso di un'inchiesta per corruzione dopo una denuncia presentata dallo stesso primo cittadino. Nelle indagini è coinvolto anche l'imprenditore romano Fabio Quartieri, titolare del ristorante dei vip a Santa Severa, tre consiglieri comunali di opposizione e il vicesindaco di Santa Marinella Andrea Bianchi, poi scagionato.

Quei video, però, sarebbero stati estratti dal fascicolo delle indagini e resi pubblici. Forse, stando alle convinzioni di Tidei, grazie al contributo di Roberto Angeletti, eletto in lista civica e informatico. "È revenge porn, si tratta di vendetta politica", ha dichiarato Tidei. Nei confronti di Angeletti, la Procura ha contestato la diffusione indebita per il reato di revenge porn. Poi è stata la cassazione a smentire.

La sentenza della Cassazione

Come spiegato nella sentenza della Cassazione, però, non si tratterebbe di revenge porn. "Pur dovendosi convenire con con l'evidente assenza di consenso alla divulgazione, da parte della persona offesa, nondimeno ed altrettanto evidentemente, non può che constatarsi come l'autore del fatto sia un soggetto del tutto diverso da colui che aveva realizzato il materiale, né risulti che che egli se ne sia appropriato sottraendolo", si legge nella sentenza dove viene evidenziato che Procura e Tribunale non avrebbero valutato"immagini acquisite fossero o meno rilevanti nel contesto investigativo".  A valutare "la possibilità di inquadrare la vicenda in altra fattispecie penalmente rilevante", come deciso da giudici in Cassazione, però, sarà il Tribunale di Roma.

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