Il racconto di Lidia: “Sono una escort trans e ho avuto il Covid, serve vaccino per le sex workers”
"Ho sempre lavorato in pandemia, sia in zona rossa sia in zona gialla. Il 90% dei miei clienti è sposato, fidanzato, o vive con i genitori anziani: nessuno di loro si è mai preoccupato di poter contagiare la loro famiglia. Trovo questa cosa assurda, anche perché sanno benissimo che incontro fino a cinque persone al giorno, sempre senza mascherina. E che il rischio di trasmettere il covid in questi contesti è molto alto". Lidia (nome di fantasia, N.d.R.) è una sex worker transessuale che vive e lavora a Roma. Ha cominciato a prostituirsi poco più di un anno fa, e nonostante la pandemia non si è mai fermata. "Non potevo farlo, come avrei pagato l'affitto? Per la società sono invisibile, sono trattata come feccia. Ma io pure devo mangiare e l'affitto devo pagarlo", spiega a Fanpage.it. "Sono stata costretta a lavorare, altrimenti non avrei potuto arrivare a fine mese. Ma sono schifata da tutti quegli uomini che a casa hanno una famiglia e venivano qui consapevoli del rischio, senza che gli fregasse nulla".
"Se sei trans nessuno ti vuole assumere"
Fino a qualche anno fa Lidia aveva un lavoro come impiegata, ma una volta intrapreso e completato il percorso di transizione, non è più riuscita a trovare un impiego. "Al mio vecchio posto mi avevano accettata. Ma a un certo punto ho dovuto dare le dimissioni perché tra terapie e interventi avevo bisogno di tempo. Una volta completato il percorso non sono più riuscita a trovare qualcuno che mi assumesse". Lidia racconta un'esperienza avuta con un'azienda che le ha fatto capire che per lei la strada era tutta in salita. "Quando ero ancora un ragazzo c'era una società che mi pregava di andare da loro a lavorare. Sono andata a fare il colloquio dopo aver completato la transizione e sono stata liquidata con una scusa. Da ragazzo gay gli andavo bene, da trans no". Poi è scoppiata l'emergenza coronavirus. "Con l'inizio della pandemia trovare un lavoro è diventato impossibile. Per questo ho iniziato a prostituirmi".
Vaccino covid, estenderlo alle sex workers
Lidia ha avuto il covid, attaccato molto probabilmente da qualche cliente. "Avevo la febbre da qualche giorno, e nonostante questo i clienti mi dicevano che non gli importava nulla e sarebbero venuti lo stesso. Uno di loro vive con la mamma di sessant'anni. Quando ho avuto la certezza di essere positiva ho smesso di lavorare, ma perché ho una coscienza. Ho avuto la fortuna di essere stata sintomatica: cosa sarebbe successo se non lo fossi stata? Avrei contagiato cinque persone al giorno, che a loro volta ne avrebbero contagiate altre". Le parole di Lidia portano a dover affrontare un tema di cui si è già discusso tempo fa: inserire le operatrici del sesso tra le categorie da vaccinare. "Il calo del lavoro c'è stato, ma a parte i mesi di febbraio e marzo 2020 noi non ci siamo mai fermate – continua Lidia – E io faccio parte di una nicchia, ma ci sono anche le altre donne. Vaccinare le sex workers è sensato, perché lavoriamo senza mascherina e potenzialmente possiamo contagiare moltissime persone". Tra i clienti, sembra che non ci sia percezione del pericolo che corrono, non solo per loro, ma anche per le persone con cui vivono. "Spesso quando vengono a casa mi chiedono se non ho paura di contagiarmi. E io allora gli rispondo: ‘E tu? Tu invece non hai paura'"?.