Il professore che lavora alla produzione di carne sintetica: “Sarà la scelta più sostenibile e etica”
"Nasciamo come ricercatori che studiano come recuperare i danni al muscolo scheletrico sfruttando le tecnologie di stampa 3 D e sfruttando le cellule staminali normalmente presenti nel muscolo delle persone. Dal muscolo scheletrico umano a quello animale il passo è breve e fa circa due anni dopo un finanziamento della regione Lazio, abbiamo iniziato a lavorare sulla carne colturale", questo è quanto ha spiegato a Fanpage.it Cesare Gargioli, professore che dirige le operazioni del team nel laboratorio del dipartimento di Biologia dell'università di Tor Vergata.
È proprio il docente a spiegarci cosa è e come viene realizzata la carne colturale, erroneamente conosciuta come carne sintetica. "Non è corretto perché alla fine di sintetico c'è veramente molto poco nel prodotto che stiamo cercando di ottenere – ha precisato a Lorenzo Sassi il professore – le cellule sono del tutto naturali, vengono cresciute in un ambiente naturale che replica l'ambiente fisiologico dell'animale, quindi l'accezione corretta è carne colturale, carne coltivata o agricoltura cellulare che poi è essenzialmente quello che facciamo in laboratorio".
Come viene realizzata la carne sintetica
Le operazioni del team coordinato dal professor Gargioli avvengono nel laboratorio di Tor Vergata. "Per la realizzazione della carne colturale prendiamo un pezzetto di muscolo e di grasso (perché nella carne c'è anche la componente grassa) – ha spiegato – Si isolano le cellule e si coltivano in ambiente controllato, in un incubatore che è essenzialmente un armadio con la temperatura a 37 gradi: viene replicata, quindi, la temperatura fisiologica del corpo dei mammiferi e, di conseguenza, delle persone".
Come anticipato, questo tipo di esperimenti viene effettuato da circa due anni: "Sono state ottenute strutture abbastanza grandi, parliamo di una sorta di fettina con la componente muscolare e la componente grassa: adesso stiamo lavorando per migliorare il prototipo che abbiamo ottenuto".
Soltanto una volta confermato che il pezzo di carne si trova in buone condizioni, si può procedere e ingrandire quello ottenuto: "Se sta bene in tutta la sua grandezza possiamo farne uno ancora più alto, assemblando i vari pezzi e dandogli un aspetto appetitoso".
Le differenze con la carne
Nonostante il lavoro continui in maniera precisa, ci sono alcune differenze fra la carne di origine animale a cui siamo da sempre abituati e quella realizzata in laboratorio.
"Normalmente siamo abituati a vedere la carne di colore rosso perché in un organismo c'è sangue – ha precisato il professore – Invece quella realizzata in laboratorio appare di colore biancastro o trasparente, perché le cellule hanno quel colore senza sangue". Nel frattempo in laboratorio i ricercatori e le ricercatrici stanno cercando di migliorare anche questo aspetto: "Stiamo provando ad aggiungere dei coloranti vegetali, come come l'estratto di barbabietola, i flavonoidi che danno quell'aspetto più rossastro in modo da completare il prodotto, non solo da un punto di vista proteico, ma anche dal punto di vista del look".
Quando sarà possibile mangiare la carne realizzata in laboratorio
Secondo le stime attuali, occorrerà aspettare ancora fra i 3 e i 5 anni per ottenere tramite carne colturale un prodotto completo e commerciabile al 100% come una bistecca: "Lo scopo che facciamo è ottenere una carne più sostenibile e più etica perché non deriva dal sacrificio di un animale ma dalla crescita delle cellule, da un piccolo pezzettino di muscolo e grasso dell'animale".
A livello scientifico, non è stato riscontrato alcun rischio, ma fino ad oggi si tratta di un prodotto realizzato soltanto a Singapore o in Israele: "Personalmente credo che il rischio sia pari a zero perché sono cellule naturali, vengono solo assemblate utilizzando l'alginato che è una molecola naturale che già viene utilizzata in cucina".
Nel frattempo, però, il prodotto non è stato assaggiato neanche in laboratorio: "Non abbiamo l'autorizzazione, ma avendo aggiunto una componente grassa (che dà il gusto alla carne), ci aspettiamo che sia abbastanza simile al sapore che conosciamo già. Forse non avrà quel sapore ferroso che è derivato ovviamente dal sangue presente nella carne, ma magari prima o poi riusciremo ad aggiungere anche questa componente, sempre con origine vegetale, ricostruendo una specie di emoglobina vegetale".