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Il massacro del Circeo

La storia del massacro del Circeo: le torture, gli stupri e il processo ai tre assassini dopo il delitto

Tra il 29 e il 30 settembre 1975 avviene quello che è conosciuto come il Massacro del Circeo, quando tre giovanissimi della Roma bene (Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido)stuprano e massacrano due ragazze per 36 ore: Donatella Colasanti sopravviverà per raccontare l’orrore, Rosaria Lopez morirà per le ferite riportate.
A cura di Redazione Roma
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La notte tra il 29 e il 30 settembre del 1975 si consuma quello che è noto come il Massacro del Circeo, quando tre ragazzi di famiglie agiata (Gianni Guido, Angelo izzo, Andrea Ghira), condussero due giovani in una villa al mare e qui le seviziarono e violentarano. Rosaria Lopez morì a seguito delle violenze, mentre Donatella Colasanti si finse morta e riuscì a sopravvivere. L'orrore di quella notte fu raccontato dalla ragazza (all'epoca dei fatti aveva solo diciassette anni), in un processo che farà la storia d'Italia, dei diritti delle donne e che sarà seguito da tutto il movimento femminista e delle donne. A difenderla l'avvocata Tina Lagostena Bassi, politica e giurista che ha passato una vita in prima fila per i diritti delle donne. Gli stupratori e assassini si chiamavano: Andrea Ghira, che grazie a coperture e complicità riuscirà a fuggire vivendo una vita in latitanza; Gianni Guido, che dopo una lunga detenzione ora è un uomo libero; Angelo Izzo, che nel corso del resto della sua vita sarà al centro di numerose vicende giudiziarie, e che tornerà a uccidere e violentare appena ne avrà l'opportunità. Quella del Massacro del Circeo è una storia che ha cambiato l'Italia ed è rimasta impressa nella coscienza collettiva.

Chi sono le vittime del delitto del Circeo: Rosaria Lopez e Donatella Colasanti

Rosaria Lopez quando venne uccisa aveva 19 anni. Terminati gli studi aveva iniziato a lavorare come barista in un esercizio commerciale del suo quartiere, la Montagnola, borgata alla periferia Sud di Roma. Qui abitava anche Donatella Colasanti, che aveva 17 anni.

Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido: i carnefici del Circeo

Ma chi sono quei tre ragazzi che seviziano, stuprano e uccidono? Viene detto tre ragazzi di buona famiglia e con idee di estrema destra, in bilico tra militanza politica e violenza criminale. Andrea Ghira nel 1975 ha 22 anni, è figlio di un imprenditore edile, Aldo Ghira, con un passato da campione olimpico di pallanuoto; Angelo Izzo ha vent'anni e studia medicina, Giovanni Guido, detto Gianni, è il più giovane, ha 19 anni e studia architettura, il padre è un importante dirigente di banca. Nonostante la giovane età Izzo e Guido, amici da anni, avevano già precedenti: insieme avevano compiuto a mano armato, scontando vent'anni di carcere a Rebibbia. Izzo inoltre nel 1974 era stato condannato a due anni e mezzo (con pena sospesa) per aver violentato con altri due amici due ragazzine. Tutti e tre avevano frequentato le scuole al San Leone Magno, scuola privata nel quartiere Trieste, prestigioso istituto frequentato da figli di imprenditori e professionisti. Proprio il contesto in cui erano cresciuti i tre assassini e stupratori è raccontato da Edoardo Albinati nel libro "La Scuola Cattolica", premio strega nel 2016. Dal romanzo è stato tratto un omonimo film girato da Stefano Mordini. Si è a lungo insistito sulla differenza di classe sociale tra le due vittime, proletarie di un quartiere popolare, predate da quei tre ragazzi ricchi che ritenevano evidentemente priva di qualsiasi valore la loro vita.

Gli stupri e le torture a Villa Moresca

Le due amiche conobbero i loro aguzzini tramite un amico in comune, quando vennero invitate a passare un pomeriggio al bar del "Fungo" dell'Eur, all'epoca ritrovo di molte comitive di ragazzi, e di diversi gruppi di giovani e giovanissimi neofascisti. Al Fungo ci sono Izzo e Guido che propongono alle ragazze presenti (oltre a Rosaria e Donatella una terza giovane che poi declina l'invito all'ultimo), di andare insieme il giorno successivo a una festa a Lavinio insieme a un terzo amico, ma intanto fanno tappa alla villa del Circeo.

Sono da poco passato le sei del pomeriggio del 29 settembre quando i quattro ragazzi arrivano a Villa Moresca, di proprietà della famiglia Guido. La dimora si trova nella zona di Punta Rossa, una località piuttosto esclusiva del Circeo. Siamo in provincia di Latina, per quello che è il buon ritiro dei romani benestanti. Quando i due ragazzi cominciano le prime avances sessuali, sempre più esplicite, le due ragazze le rifiutano e scatta subito la violenza. Sotto la minaccia di una pistola ("siamo della banda dei Marsigliesi, dicono loro presentandosi come importanti criminali), cominciano a violentarle e picchiarle e turno tenendole chiuse in un bagno. Intanto li raggiunge come concordato Ghira. Una violenza che andrà avanti per un giorno e mezzo. In mezzo Gianni Guido tornerà anche a Roma per cenare con la famiglia.

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Massacro del Circeo: Rosaria Lopez viene torturata e uccisa

Dopo le violenze sessuali e le torture i tre decidono che è ora di liberarsi delle due ragazze, sono passate quasi 36 ore dall'arrivo nella villa del Circeo. Così Rosaria Lopez viene portata al piano superiore delle villa, e qui massacrata di botta e affogata nella vasca da bagno mentre aveva già perso i sensi. Subito dopo rivolgono le loro intenzioni omicide nei confronti di Donatella Colasanti che tenta un ultimo tentativo di ribellarsi tentando di raggiungere il telefono della villa, ma i suoi aguzzini la raggiungono prima che riesca a chiedere aiuto: prima tentano di strangolarla, con una cinta, poi quando la fibbia si rompe la colpiscono con una spranga alla testa. La giovane a quel punto, gravemente ferita, decide di fingersi morta.

Il tentato omicidio di Donatella e il ritrovamento nella fiat in via Pola

Izzo, Ghira e Guido decidono che non hanno più niente da fare a Villa Moresca ed è ora di tornare a Roma, per disfarsi anche dei corpi che caricano nel portabagagli di una Fiat 127. Tornati in città decidono di andare a "festeggiare" recandosi a cena in un ristorante. L'auto rimane parcheggiata in via Pola nel quartiere Trieste. Donatella, stremata, con le ultime energie comincia a battere sul portabagagli dell'auto e a chiedere aiuto. Un metronotte che passa di lì sente il rumore e chiede l'intervento delle forze dell'ordine: «Cigno, cigno… c'è un gatto che miagola dentro una 127 in viale Pola». Arrivano i carabinieri e allo stesso tempo un fotoreporter Antonio Monteforte che, capendo che poteva esserci una notizia, corre anche lui sul luogo, scattando una foto che entrerà nella storia: i carabinieri aprono il porta bagagli e ne emerge Donatella Colasanti, sotto choc e ferita.

Donatella Colasanti al momento del ritrovamento
Donatella Colasanti al momento del ritrovamento

L'arresto di Angelo Izzo e Gianni Guido e la fuga di Andrea Ghira

Donatella Colasanti è ferita, ovviamente provata, ma quando si trova in salvo fa immediatamente i nomi dei suoi aguzzini. Passano poche ore e Angelo Izzo e Gianni Guido vengono arrestati, Andrea Ghira invece (probabilmente avvertito da qualcuno), riesce a rendersi latitante. Le forze dell'ordine arrivano nella villa del Circeo e qui trovano la padrona di casa e il fratello di Ghira: l'ipotesi è che a loro volta informati da Andrea fossero corsi a cancellare le prove. Nei mesi successivi gli inquirenti intercettarono una lettera di Ghira ai due amici detenuti, dove li rassicurava sul fatto che sarebbero presto usciti rassicurandoli sul fatto che avrebbe ucciso Donatella Colasanti se avesse deciso di testimoniare in tribunale senza ritrattare le accuse.

Il racconto di Donatella Colasanti: le 36 ore da incubo

Non solo Colasanti non ritrattò la sua denuncia, ma tramite il suo racconto tutta Italia conobbe quello che era accaduto a Villa Moresca, mobilitandosi al suo fianco. Il racconto reso subito dopo la violenza subita dalla giovane:

Tutto è cominciato una settimana fa, con l'incontro con un ragazzo all'uscita del cinema che diceva di chiamarsi Carlo, lo scambio dei numeri di telefono e la promessa di vederci all'indomani insieme ad altri amici. Con Carlo così, vengono Angelo e Gianni, chiacchieriamo un po', poi si decide di fare qualcosa all'indomani, io dico che non avrei potuto, allora si fissa per lunedì. L'appuntamento è per le quattro del pomeriggio. Arrivano solo Angelo e Gianni, Carlo, dicono, aveva una festa alla sua villa di Lavinio, se avessimo voluto raggiungerlo… ma a Lavinio non arrivammo mai. I due a un certo punto si fermano a un bar per telefonare a Carlo, così dicono; quando Gianni ritorna in macchina dice che l'amico avrebbe gradito la nostra visita e che andassimo pure in villa che lui stava al mare. La villa era al Circeo e quel Carlo non arrivò mai. I due si svelano subito e ci chiedono di fare l'amore, rifiutiamo, insistono e ci promettono un milione ciascuna, rifiutiamo di nuovo. A questo punto Gianni tira fuori una pistola e dice: "Siamo della banda dei Marsigliesi, quindi vi conviene obbedire, quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro, è quello che ha rapito il gioielliere Bulgari". Capiamo che era una trappola e scoppiamo a piangere. I due ci chiudono in bagno, aspettavano Jacques. La mattina dopo Angelo apre la porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto, si infuria come un pazzo e ci ammazza di botte, e ci separano: io in un bagno, Rosaria in un altro. Comincia l'inferno. Verso sera arriva Jacques. Jacques in realtà era Andrea Ghira, dice che ci porterà a Roma ma poi ci hanno addormentate. Ci fanno tre punture ciascuna, ma io e Rosaria siamo più sveglie di prima e allora passano ad altri sistemi. Prendono Rosaria e la portano in un'altra stanza per cloroformizzarla dicono, la sento piangere e urlare, poi silenzio all'improvviso. Devono averla uccisa in quel momento. Mi picchiano in testa col calcio della pistola, sono mezza stordita, e allora mi legano un laccio al collo e mi trascinano per tutta casa per strozzarmi, svengo per un po', e quando mi sveglio sento uno che mi tiene al petto con un piede e sento che dice: "Questa non vuole proprio morire", e giù a colpirmi in testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo una sola via di uscita, fingermi morta, e l'ho fatto. Mi hanno messa nel portabagagli della macchina, Rosaria non c'era ancora, ma quando l'hanno portata ho sentito chiudere il cofano e uno che diceva: "Guarda come dormono bene queste due".

Il processo e la battaglia per la giustizia con l’avvocata Tina Lagostena Bassi

Come già ricordato il processo contro Izzo, Ghira e Guido verrà seguito da tutto il Paese e vedrà mobilitarsi il movimento femminista. Ci sono almeno tre elementi che concorrono a fare della violenza avvenuta al Circeoun evento che segna il suo tempo: la violenza gratuita esercitata dai tre giovani sulle loro vittime, la fede politica dei tre "pariolini" e la loro classe sociale. Tina Lagostena Bassi sarà la legale che seguirà il processo legando il suo nome a quello della vicenda giudiziaria.

Donatella Colasanti in ospedale
Donatella Colasanti in ospedale

La condanna di Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido

Il 29 luglio 1976 i giudici condannarono in primo grado Andrea Ghira (sempre latitante), Angelo Izzo e Gianni Guido, all'ergastolo. Questi ultimi due, lungi da essere due detenuti modello, a gennaio 1977 tentarono di evadere tenendo in ostaggio un secondino. Tentativo fallito. Nel 1980 la sentenza di secondo grado, quando la condanna di Guido fu commutata dall'ergastolo a trent'anni di reclusione dopo che rese una dichiarazione di pentimento.

La latitanza di Andrea Ghira e il riconoscimento del corpo

Molto si è parlato delle coperture e delle connivenze di cui avrebbe goduto Andrea Ghira durante la sua latitanza. Quel che è certo è che visse tutta la vita da uomo libero senza scontare un giorno di carcere, anche se la sua non sarà di certo una latitanza dorata. Riparato in Francia probabilmente, grazie alla zia che gestiva una struttura per pellegrini affetti da diverse malattie a Lourdes, sarebbe poi scappato in un kibbutz israeliano e da qui passò a Melilla.

Secondo le ricostruzioni si sarebbe arruolato con il nome di Massimo Testa de Andres nel Tercio, ovvero la Legione Straniera spagnola. Qui avrebbe passato diciotto anni, subendo numerosi richiami disciplinari soprattutto per l'utilizzo di stupefacenti. Raggiunto il caporal maggiore, passò nei ranghi del gruppo per le operazioni speciali. Cacciato dal corpo militare per l'utilizzo di droga, rimase nell'enclave spagnola di Melilla, morendo di overdose all'età di quarant'anni.

La tomba di Andrea Ghirra
La tomba di Andrea Ghirra

A lungo la trasmissione Chi l'Ha Visto? si è occupata di che fine avesse fatto Ghira, raccogliendo segnalazioni di presunti avvistamenti da mezzo mondo. Alla fine i resti di Massimo Testa de Andres nel Tercio furono esumati dal cimitero monumentale di Melilla, dove giacevano nella sezione riservata ai militari del Terco. Era il 2005 e secondo l'esame quel corpo apparteneva proprio a Andrea Ghira. Nonostante questo furono numerosi i dubbi sollevati che si trattasse di un depistaggio, dubbi avanzati sia da Donatella Colasanti che dalla famiglia di Rosaria Lopez, e a cui diede spazio la giornalista e conduttrice di Chi l'ha visto? Federica Sciarelli, nel suo libro "Tre bravi ragazzi. Gli assassini del Circeo, i retroscena di un'inchiesta lunga 30 anni". Nel 2016 nuove analisi sui resti confermarono i primi riscontri: quelle ossa sono proprio di Andrea Ghira.

Che fine ha fatto Gianni Guido: oggi è un uomo libero

Passano pochi mesi dalla condanna di appello e Gianni Guido fugge dal carcere di San Gimignano: è il 25 gennaio del 1981. Guido fuggirà a Buenos Aires, dove fu arrestato nuovamente dopo due anni. Nel 1985 evade di nuovo. Questa volta la fuga durerà più a lungo: dal Libano riuscirà a scappare a Panama dove con una nuova identità si rifece una vita come commerciante di auto. Scoperto nel 1994 sarà estradato in Italia. Dal 25 agosto del 2009 Gianni Guido è un uomo libero dopo altri 14 anni di detenzione, grazie a uno sconto di pena di otto anni ottenuto grazie all'indulto. In carcere a Rebibbia si è laureato in Lingue e Letterature Straniere. Non vorrà mai più parlare in pubblico del suo passato.

Gianni Guido e Angelo Izzo al processo
Gianni Guido e Angelo Izzo al processo

La semilibertà di Angelo Izzo e il secondo omicidio

La carriera criminale di Angelo Izzo non terminerà invece con il Massacro del Circeo e proseguirà la sua carriera criminale, tra bugie, doppiezze e un nuovo omicidio. In carcere Izzo entra nel circuito dei detenuti neofascisti, partecipando anche alla stesura di Quex, periodico clandestino. Frequenta i nomi più significativi della destra eversiva Mario Tuti, Maurizio Murelli, Valerio Fioravanti, Sergio Calore e altri. Sarà così che si proporrà come collaboratore ai magistrati negli anni Ottanta, riferendo molte storie che avrebbe raccolto in carcere nell'ambiente, dalla strage di Bologna all'omicidio di Piersanti Mattarella, dallo stupro di Franca Rame all'omicidio dei militanti del Leoncavallo Fausto e Iaio. La maggior parte delle sue dichiarazioni si riveleranno però senza riscontri.

Angelo Izzo a processo
Angelo Izzo a processo

Dopo il tentativo di evasione con Guido, Izzo tentò almeno un altro volta di evadere dal carcere ma senza successo. Dovrà aspettare il 1993 per tentare di nuovo: usufruendo di un permesso premio non fece ritorno nel carcere di Alessandria dove sarebbe dovuto tornare a dormire e scappò in Francia. La fuga durò poco: dopo pochi mesi viene rintracciato a Parigi e ricondotto in Italia.

Passano altri dieci anni. È il 2004 e ottiene la semilibertà. Izzo va a lavorare alla cooperativa "Città futura" di Campobasso. Proprio durante la semilibertà circuisce Maria Carmela Linciano, moglie di un pentito della Sacra Corona Unita che aveva conosciuto in carcere. Il 28 aprile del 2005 Izzo uccide la donna e sua figlia Valentina Maiorano. Per quello che è conosciuto come il massacro di Ferrazzano, sarà nuovamente condannato all'ergastolo.

Izzo tornerà a far parlare di sé per le numerose dichiarazioni rese durante il processo. In particolare si accusò dell'omicidio di Rossella Corazzin, creduta scomparsa da più di 40 anni, raccontando come con i due complici e amici l'avrebbe stuprata e uccisa quando aveva 17 anni. "La scelsi perché era vergine", dichiarò.  La sua versione dei fatti venne ritenuta inattendibile e archiviata dalla Procura di Perugia. "L'angelo del male", come lo ribattezzò Franca Leosini in una sua trasmissione, continua però a far parlare di sé: in carcere starebbe scrivendo un lunghissimo memoriale sulla sua vita e le sue gesta criminali.

La vita di Donatella dopo il processo e la morte a causa di un tumore

È il 30 dicembre del 2005 quando, a 47 anni, Donatella Colasanti muore per un cancro al seno. Aveva deciso di partecipare al nuovo processo contro Angelo Izzo che si sarebbe celebrato di lì a breve per il massacro di Ferrazzano. La sopravvissuta al Massacro del Circeo si rifiutò di impersonare il ruolo della vittima, e con un incredibile coraggio testimoniò sempre la sua storia. Anche quando in aula fu messa in dubbio la sua versione, raccontò gli abusi, gli stupri e le violenze, in un processo che poggiando tutto sulle sue dichiarazioni fece storia e contribuì a cambiare l'atteggiamento anche nelle aule di tribunale verso le donne che denunciano.

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