Il MAAM rischia lo sgombero: “Salviamo il primo e unico museo abitato al mondo”
C'era una volta l'ex Salumificio Fiorucci, un'immensa area industriale abbandonata alla periferia di Roma lungo via Prenestina. Dodici anni fa diverse decine di famiglie senza casa sono entrate all'interno dell'area cominciandola ad abitare. Una piccola città con cittadini da ogni parte del mondo, che non a caso ha scelto di nominarsi come Metropoliz e di aggiungere a questo l'etichetta di "città meticcia". Ovunque, all'interno e all'esterno, l'area è coperta da disegni e murales, iscrizioni e installazioni. Con la vita degli abitanti qui è cresciuto anche un museo. Il MAAM, il Museo dell'Altro e dell'Altrove di Metropoliz.
A oggi ci vivono sessantasette nuclei che rischiano di vedere la loro vita stravolta da uno sgombero. Il gruppo imprenditoriale Salini, diventato proprietario dell'area, ha ottenuto da una sentenza del tribunale civile di Roma una condanna per lo Stato a risarcire l'impresa per il mancato sgombero di Metropoliz. . Così l'occupazione di via Prenestina 913 è finita in cima alla lista della Prefettura degli immobili da sgomberare, e il MAAM rischia di scomparire assieme ai suoi abitanti.
"Il MAAM è l'idea di unire il punto più alto della città, cioè il museo di arte contemporanea che viene di solito affidato alle archistar, e il punto più basso ovvero la baraccopoli, lo slum, l'occupazione abitativa. Perché a noi ci interessa una città diversa, più equa, così attraverso l'arte abbiamo capito che potevamo intanto difendere il diritto alla casa di chi qui abita". A parlare è Giorgio de Finis, che dal MAAM è il curatore e l'ideatore. Nella sua idea la battaglia da condurre è quella di salvare assieme alle 500 opere di 400 artisti di ogni parte del mondo, assieme alle case degli abitanti, perché il museo abitato senza di loro perderebbe non solo la sua unicità, ma la ragione d'essere.
La scommessa, non semplice ma ambiziosa, è quella dunque di salvare l'area da diventare l'ennesimo progetto edilizio in una città piena di abitazioni vuote e che non cresce più dal punto di vista demografico, con una trattativa in cui evidentemente le istituzioni devono assumersene la responsabilità. Salvare i museo abitato, ovvero non dividere il luogo dove le opere sono state realizzate da chi lo vive. "Sono dodici anni che questa esperienza cresce. – spiega Paolo Di Vetta dei movimenti per il diritto all'abitare – Il museo apre ogni sabato e va tenuto pulito, accogliente, e gli abitanti in questo senso stanno facendo un grande servizio alla città. L'idea da cui nasce il MAAM era quella di realizzare un esperimento non solo abitativo, di riprodurre una città in piccolo. Gli abitanti non solo hanno un tetto, ma hanno realizzato anche un piccolo sogno di vivere in un luogo così come lo hanno immaginato".
Ma cosa ne pensano gli abitanti di Metropoliz? Lo raccontiamo con la voce di Gina, che è diventata italiana lo scorso maggio al compimento del diciottesimo anno di età, e che qua vive da quando di anni ne ha sei. "Io capisco che magari questo posto non doveva essere preso, ma essendo abbandonato cos'è che abbiamo fatto di male? Portare famiglie che non sapevano dove andare, che magari erano costrette a vivere in mezzo alla strada, che erano disperate, a trovare accoglienza qua non mi sembra una cosa sbagliata. Chiediamo qualcosa che ci spetta di diritto, una casa, ma soprattutto di non essere cacciati, perché qua ormai stiamo da così tanti anni che non è che se arriva qualcuno per cacciarmi io starò con le mani in mano". Lei le idee le ha chiarissime.