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Donne al lavoro a Roma e nel Lazio: più disoccupazione e retribuzioni più basse rispetto ai colleghi

Retribuzioni più basse rispetto ai colleghi uomini, più disoccupazione, più precarietà, più lavori precari: questo è quanto emerge di dati Inps e Istat, elaborati da Cgil. E Roma e Lazio non fanno eccezione.
A cura di Beatrice Tominic
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Lavorano meno degli uomini e, quando lo fanno, in condizioni peggiori. Questo è quanto emerge dall'indagine Inps e Istat, rielaborata dalla Cgil, sulla presenza delle donne nel mercato del lavoro in Italia. Non fanno eccezione la regione Lazio e la capitale dove, però, il divario con i colleghi uomini è lievemente più basso. Una minima riduzione sul dato nazionale e regionale che non basta a rendere il contesto meno preoccupante, ma che, anzi, crea terreno favorevole per situazioni legate alla violenza economica, molto sottile e possibile primo campanello di allarme di altri tipi di violenza.

Si tratta del controllo economico esercitato sulla donna, spesso dal proprio partner: si verifica con lo sfruttamento economico, l'eliminazioni dei beni di sua proprietà e il sabotaggio economico, impedendole di trovare lavoro e diventare autonoma. Secondo i dati Ipsos almeno una donna su due ha subito violenza economica almeno una volta nella vita.

Le donne al lavoro: l'occupazione femminile a Roma e nel Lazio

Nel 2022 le donne fra i 25 e i 34 anni che appaiono escluse dal mercato del lavoro rappresentano il 30,3%, gli uomini il 18,6%. Tra i 35 e i 49 anni il gap aumenta: il 27,5% delle donne non ha un lavoro, mentre gli uomini disoccupati rappresentano l'8,8%.

Un dato nazionale che viene confermato anche localmente. Se nella capitale le distanze si accorciano di un punto percentuale, si allungano nelle altre province della regione dove le donne sono sempre più escluse dal mondo del lavoro.

Non studiano e non lavorano: il dato preoccupante anche fra i 25 e i 34 anni

Non solo disoccupazione, le donne risultano essere molto più inattive dei coetanei maschi: non studiano, non hanno un lavoro e non lo cercano. Quando perdono il lavoro, cosa che accade più spesso rispetto ai colleghi maschi, lo ritrovano con maggiore difficoltà. Fra le donne di un'età compresa fra i 20 e i 64 anni, il 5,2% è senza lavoro da almeno 12 mesi, fra gli uomini la disoccupazione di lungo periodo scende al 3,9%.

Un dato preoccupante, che mostra ancora di più come il concetto legato al ruolo della donna in famiglia non sia ancora stato scardinato dalla nostra società patriarcale, è rappresentato dal motivo di tale inattività. Il 46% delle donne tra i 25 e i 34 anni sono lavorativamente inattive per motivi legati alla famiglia. Per la stessa età, la causa maggiore fra gli uomini, che comprende il 41% di loro, è rappresentato da motivi legati all studio e alla formazione professionale.

Gender pay gap: meno lavoro e stipendi più bassi

Come se non bastasse, le condizioni di lavoro delle donne sono peggiori rispetto a quelle dei colleghi maschi. E non solo perché spesso sono costrette a rivestire un ruolo diverso, come abbiamo visto, nella famiglia e nei lavori di cura o per la mancanza di misure che possano tenere conto dei loro bisogni (si pensi, ad esempio, al congedo mestruale). A parità di prestazione le donne sono pagate di meno. Nella regione Lazio la differenza maggiore si registra nel settore pubblico, dove le donne sono pagate 10.349 euro in meno rispetto ai colleghi. Un gap di oltre 6mila nel settore privato e 5mila fra i liberi professionisti.

Notevole resta anche la differenza legata agli avanzamenti di carriera e al tasso di copertura di ruoli dirigenziali tra uomini e donne: queste ultime sono molto meno rispetto ai colleghi maschi, a dimostrazione dell'esistenza di un soffitto di cristallo ancora da rompere.

Differenze sostanziali anche per quanto riguarda i contratti lavorativi: le donne, più spesso rispetto agli uomini, lavorano con contratti part-time o precarie e occupano ruoli professionali meno qualificati. Tutto ciò si riflette nella paga: nel 2019 e nel 2022 la maggior parte, rispettivamente 52% e 49%, guadagnava meno di 15mila euro l'anno. Negli stessi anni la percentuale degli uomini con retribuzione inferiore a 15mila euro, invece, era del 37% e del 34%.

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