Il femminicidio di Maria Sestina Arcuri, la morte per la caduta dalle scale e la condanna del fidanzato
Maria Sestina Arcuri, vittima di femminicidio da parte del fidanzato Andrea Landolfi condannato in via definitiva a ventidue anni di carcere, era una ragazza di ventisei anni semplice, sorridente, altruistia, solare e amante della vita e con il sogno di diventare parrucchiera. Come tante giovani della sua età che si spostano dal Sud Italia per vivere e lavorare a Roma, Sestina originaria di Nocara, un paese di poche centinaia di abitanti in provincia di Cosenza, aveva deciso che avrebbe fatto strada nel mondo dei saloni di bellezza, prendendosi cura delle sue clienti e crescendo a livello professionale.
Lavorava in un negozio del quartiere Africano e amava il suo lavoro, frequentava corsi di formazione dandosi un gran da fare, ma da un giorno all'altro, inspiegabilmente, si è licenziata. "Stava per essere promossa come reponsabile del salone – ha poi raccontato il titolare – mi è parso strano, si dava molto da fare, era bravissima e voleva emergere, per questo avevo ritenuto che fosse la professionista adatta a ricoprire quell'incarico". Sestina aveva conosciuto Andrea Landolfi e i due si erano fidanzati a novembre del 2018.
La serata al pub e la notte nella villetta di Ronciglione
Maria Sestina Arcuri e Andrea Landolfi insieme al figlio minorenne di lui avevano in programma di trascorrere il fine settimana del 3 e 4 febbraio 2019 a casa della nonna a Ronciglione in provincia di Viterbo. È proprio nella villetta di via Papirio Serangeli che si è consumato il delitto. La coppia aveva deciso di trascorrere la serata in un pub, dove però tra Sestina e Andrea è nata una discussione animata, che è proseguita in strada, quando stavano per tornare a casa. Le telecamere di sorveglianza li hanno ripresi mentre raggiungevano la macchina, dalle immagini si vede che Sestina non era tranquilla, a tratti indietreggiava, come se non volesse tornare a casa con il compagno.
Rientrati nell'abitazione della nonna Andrea e Sestina hanno salito le scale fino a raggiungere il piano superiore ed è lì tra l'1.50 e le 2 e qualche minuto che si è consumato il femminicidio. Landolfi ha afferrato Sestina e l'ha scaraventata giù dalle scale. Non ha chiamato subito i soccorsi, ma ha aspettato fino alle 6 di mattina, solo quando si è reso conto che le sue condizioni di salute erano ormai disperate. Il personale sanitario è arrivato in ambulanza e ha preso in carico Sestina, trasferendola in codice rosso all'ospedale Belcolle di Viterbo, dov'è arrivata gravissima, con traumi in varie parti del corpo ed una forte emorragia. Sottoposta ad un'operazione chirurgica d'urgenza, è morta due giorni dopo. I medici data la natura dei traumi hanno subito avverito le forze dell'ordine, sul caso la Procura della Repubblica di Viterbo ha aperto un'inchiesta e il Landolfi è stato indagato per omicidio.
La testimonianza della nonna Mirella Iezzi
Il figlio minorenne di Landolfi e la nonna Mirella Iezzi sono gli unici testimoni oculari di quanto accaduto quella notte di febbraio di quattro anni fa. Quest'ultima è finita nel registro degli indagati per omissione di soccorso, abbandono di minore – per averlo lasciato con il padre la notte del delitto ed essere uscita di casa – e false dichiarazioni al pubblico ministero, a sua volta vittima del nipote, che nei suoi confronti è stato anche indagato per lesioni.
Mirella Iezzi intervistata da Fanpage.it aveva raccontato la sua versione dei fatti: "Li ho visti scivolare tutti e due e si sono fermati sotto al camino. Mio nipote gridava di dolore pensando che si fosse rotto il bacino. Allora li ho tirati su entrambi, prima mio nipote con uno sforzo enorme, poi Sestina e l'ho fatta sedere sulla poltrona. Le ho preso la testa tra le mani e le ho detto amore come ti senti? e lei mi ha risposto sto bene nonna, quello che mi fa male è dietro la schiena. Ma camminava". Alle 2.04 Mirella Iezzi se n'é andata, raggiungendo prima la clinica Sant'Anna e poi si è fatta venire a prendere da un famigliare per farsi portare in ospedale.
Le "prove schiaccianti"
L'avvocato della famiglia Arcuri, Vincenzo Luccisano, intervistato da Fanpage.it a luglio 2021 prima della sentenza di primo grado aveva spiegato che nei confronti di Landolfi la Procura aveva raccolto degli "indizi di prova schiaccianti". "Le lesioni sul corpo di Sestina sono segni evidenti di una caduta, non compatibili con un rotolamento. Le altre prove fanno da contorno ad un quadro probatorio univoco e concordante rispetto alla responsabilità penale dell'imputato – continua Luccisano – La lite, la decisione di Sestina di lasciarlo: dal telefono della ragazza sono emersi molti elementi come la ricerca quella notte di un B&B all'1.36 di notte, prima che rientrassero a casa, non voleva dormire con lui". La famiglia di Sestina aveva chiesto l'ergastolo.
L'autopsia rivela ferite gravissime
Dall'autopsia sul corpo di Sestina sono emerse ferite gravissime: una ferita occipitale che le ha completamente distrutto il cranio e che le è risultata fatale, una lesione lombo sacrale e al polmone sinistro. Traumi che possono essere provocate da una caduta dall'alto in accelerazione, mentre non ci sono i segni di rotolamento.
Andrea Landolfi assolto in primo grado e scarcerato
Alla versione dell'incidente e della caduta dalle scale i famigliari di Sestina non hanno mai creduto. La Procura di Viterbo ha chiesto la misura di custodia cautelare in carcere per Landolfi, richiesta che il giudice delle indagini preliminari ha respinto e che è stata poi accolta dal Tribunale del Riesame. L'avvocato di Landolfi ha presentato il ricorso in Cassazione contro l'arresto, che è stato respinto. Il 25 settembre del 2019 Landolfi è stato arrestato e portato nel carcere di Rebibbia per rischio di reiterazione del reato, oltre a gravi indizi di colpevolezza.
Per i giudici infatti Landolfi era "un soggetto pericoloso, potrebbe uccidere ancora". Landolfi è stato processato con il rito immediato, che anticipa il dibattimento senza passare per l'udienza preliminare. Il 19 luglio del 2021 i giudici di primo grado hanno assolto Landolfi, che assistito dagli avvocati Serena Gasperini e Daniele Fabrizi, è stato scarcerato e rimesso in libertà. La Procura della Procura di Viterbo aveva chiesto nei confronti dell'imputato una condanna a venticinque anni di carcere.
In secondo grado condannato a 22 anni di carcere
Il 21 dicembre 2022 la Corte d'Assise d'Appello di Roma han ribaltato il verdetto di assoluzione del Tribunale di Viterbo, condannando Andrea Landolfi a ventidue anni di carcere.
Per i giudici di secondo grado "Maria Sestina Arcuri è stata lanciata da Landolfi con una condotta che si è rivelata letale. E l’effetto letale era anche nei propositi dell’imputato. Landolfi ha afferrato la ragazza e l’ha lanciata – scrivono nelle motivazioni della sentenza – L’ha lanciata per le scale e ha omesso qualsiasi iniziativa per cercare di salvarle la vita, completando il suo disegno di morte". E hanno definito "l’ipotesi della caduta accidentale contraria alla logica, alle leggi della fisica e agli accertamenti medico legali sui corpi dell’imputato e della vittima".
La condanna confermata in Cassazione
Il caso della morte di Maria Sestina Arcuri ha visto la parola fine il 9 novembre del 2023, la Suprema Corte di Cassazione in via definitiva ha confermato la condanna a ventidue anni di carcere per Andrea Landolfi, riconoscendolo colpevole del femminicidio della fidanzata.