video suggerito
video suggerito

Il documentario su via Poma e le novità sull’omicidio di Simonetta Cesaroni: la pista dei colleghi

Nessun’indagine sulla vicenda, fino allo scorso anno, ha mai messo al centro i colleghi e i datori di lavoro di Simonetta Cesaroni. Lo ricorda un documentario, ‘Via Poma. Un mistero italiano’, andato in onda ieri su Rai Due e disponibile anche su RaiPlay.
A cura di Enrico Tata
128 CONDIVISIONI
Immagine

Il 7 agosto 1990 Simonetta Cesaroni viene uccisa con 29 pugnalate. Il delitto viene commesso negli uffici degli Ostelli della Gioventù in via Carlo Poma, quartiere Prati di Roma. Un caso irrisolto da più di 30 anni e un colpevole che ancora non c'è. Prima le indagini sul portiere dello stabile, Pietrino Vanacore, poi Federico Valle, nipote di un architetto che abitava in quello stesso palazzo e infine l'accusa al fidanzato di Simonetta, Raniero Brusco.

La nuova pista: i colleghi di lavoro di Simonetta Cesaroni

Ma nessun'indagine sulla vicenda ha mai messo al centro i colleghi e i datori di lavoro di Simonetta Cesaroni. Lo ricorda un documentario, ‘Via Poma. Un mistero italiano', andato in onda ieri su Rai Due e disponibile anche su RaiPlay. Su RaiPlay Sound è stato invece pubblicato il podcast ‘Le ombre di Via Poma'.

Nessuno tra i colleghi ha mai voluto parlare di Simonetta, come se non sapessero chi fosse o se non l'avessero mai vista. Una ex collega che ha conosciuto al ragazza ha deciso di parlare davanti alle telecamere del documentario Rai, scritto da Giacomo Galanti e Leonardo Meuti. "Quando sono arrivata nel cortile di via Poma c'era Bizzocchi (uno dei datori di lavoro della ragazza ndr.) insieme a una bimba. Era giovanissima, timida, faceva tenerezza. Le ho detto ‘benvenuta'", il ricordo della donna.

La riapertura delle indagini e l'alibi di Caracciolo

Un anno fa le indagini sono state riaperte in seguito a un esposto presentato dai familiari di Simonetta Cesaroni. Il caso è stato riaperto perché l'alibi di una persona centrale nella vicenda non era considerato più a prova di bomba. Si tratta dell'avvocato Francesco Caracciolo Di Sarno, all'epoca presidente regionale dell'Associazione Italiana Alberghi per la Gioventù.

In un appunto redatto da un commissario di polizia nel 1992 si legge che Caracciolo "sarebbe noto fra gli amici per la dubbia moralità e le reiterate molestie arrecate a giovani ragazze, episodi che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche alle ‘amicizie influenti’ dallo stesso vantate".

In più c'è la testimonianza della portiera del suo palazzo, che ha affermato: "il giorno del delitto l'avvocato è rientrato affannato e con un pacco mal avvolto presso la propria abitazione”, ed è uscito con una “grossa borsa”. Questa borsa fu collegata alla partenza della figlia, che doveva accompagnare in aeroporto.

Caracciolo ha saputo subito della morte di Simonetta Cesaroni?

Caracciolo aveva dichiarato davanti ai giudici: "Non ho mai conosciuto Simonetta Cesaroni, non l'ho mai vista. Non ricordo neppure quando seppi della sua morte… Ricordo soltanto che mi rivolsi al magistrato per ottenere il dissequestro degli uffici". Caracciolo ha inoltre dichiarato che il 7 agosto del 1990 ha accompagnato la figlia all'aeroporto di Fiumicino "perché doveva partire per Cipro per le vacanze. Quindi tornai nella mia casa di campagna a Tarano".

Sarebbe stata una collaboratrice di Caracciolo a smentire l'alibi dell'avvocato. Si tratta di testimonianza raccolta all'epoca dei fatti da chi coordinava all'epoca le indagini, Antonio Del Greco, che ha sua volta ha comunicato la novità ai familiari di Simonetta.

A Fanpage.it Del Greco ha detto: "All'epoca le ipotesi si sono soffermate su una quindicina di persone che ruotavano intorno a lei, tra vita privata e lavorativa, non ci sono altre piste esterne. L'attenzione è ricaduta su dove fossero e cosa stessero facendo tra le 17.35 e le 18, presunto orario in cui Simonetta è stata aggredita e uccisa, che sono state ascoltate, le quali hanno fornito un alibi con i nomi di chi li aveva visti e poteva confermare. Oggi so che uno dei testimoni ha detto una bugia".

Caracciolo ha riferito di essere stato messo a conoscenza dell'omicidio uno o due giorni dopo rispetto ai fatti, mentre si trovava nella sua casa in campagna. Nessuno avrebbe provato a contattarlo, ma secondo il suo factotum, Mario Macinati, in realtà ci sarebbero state almeno due telefonate.

La collega di Simonett, intervistata nel nuovo documentario, ha messo in dubbio un'altra dichiarazione resa da Caracciolo: "Non è vero che Caracciolo ha saputo giorni dopo della morte di Simonetta. Io e altri colleghi abbiamo passato la notte in questura, alle 2 siamo andati a casa e poi la mattina siamo ritornati in questura. Ci siamo stati fino alle 14.30. quando siamo usciti abbiamo visto Caracciolo, con una borsetta azzurra. Lui era lì". 

128 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views