Il direttore dello Spallanzani Francesco Vaia: “Vaccinare senza fasce d’età, sì a stadi e concerti”
Per il direttore sanitario dell'Istituto di Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani Francesco Vaia non ci sono dubbi: vaccinerebbe subito i maturandi, riaprirebbe stadi e darebbe il via libera ai concerti, per permettere di tornare ad una vita ‘normale' il prima possibile, rispettando però alcuni accorgimenti. In un'intervista a La Repubblica, nella quale ha toccato diversi temi, dalla ripresa di concerti e partite allo stadio alla trattativa per l'acquisizione del vaccino Sputnik, Vaia spiega che l'emergenza sanitaria non è finita ed è necessario ora più che mai aprire le vaccinazioni a tutti, eliminando le fasce d'età, per non lasciare che nessuno rimanga indietro, con un'attenzione particolare alla scuola. L'appello del direttore sanitario è "vaccinare tutti e subito, abbiamo messo in sicurezza gli anziani, ora è il turno dei giovani, in particolare degli studenti, per non farci trovare impreparati a settembre".
Sì a concerti ed eventi sportivi
Creare una ‘bolla negativa' negli stadi e ai concerti facendoli ripartire, "permettendo l'accesso solo ai vaccinati o alle persone che hanno effettuato un tampone nelle 48 ore precedente con esito negativo" spiega Vaia. Ma al tempo stesso "vaccinare all'interno degli stadi" potrebbe essere un ulteriore incentivo per sensibilizzare le persone a partecipare alla campagna. Partite e musica dal vivo sì, ma sempre rispettando alcune regole: "La distanza di due metri gli uni dagli altri, mentre per le manifestazioni pubbliche bisognerà attendere quando avremo raggiunto il 60 per cento della somministrazione delle prime dosi e il 40 per cento delle seconde".
Nessun caso di variante indiana
Vaia inoltre chiede chiarezza e coerenza agli enti preposti rispetto alle indicazioni delle tempistiche di somministrazione delle dosi e ha spiegato come il 90 per cento dei contagi di variante in Italia sia quella Inglese, mentre al momento non sono stati rilevati casi di variante indiana tra i focolai di Covid tra i lavoratori dei campi della comunità sikh di Latina.