Il piano è inclinato e si va dritti dritti verso un nuovo disastro per il Partito Democratico dopo le elezioni del 25 settembre. se nessuno sarà in grado d'intervenire per raddrizzarlo. Il campo largo è morto e sepolto ma al momento non c'è nessuna alternativa credibile e le elezioni regionali nel Lazio sono dietro l'angolo (gennaio 2023). Nicola Zingaretti, eletto in parlamento, si dimetterà a breve con qualche mese di anticipo sulla fine del suo mandato. Almeno formalmente alla Pisana il PD, Azione e Italia Viva, il Movimento 5 Stelle governano oggi tutti insieme. Ma è chiaro che l'attenzione è rivolta a quello che accadrà dopo.
"La partita è contendibile, non è già persa se costruiamo le giuste alleanze". Ne sono convinti in casa del Partito Democratico, consapevoli anche che il centrodestra non è poi così unito nonostante il trionfo, e che Fratelli d'Italia, che rivendica per sé la scelta del candidato nel Lazio, è al momento sguarnita di nomi di peso da lanciare nella corsa a governatore.
Ma se in casa del centrodestra c'è ancora confusione, e non è in campo nessun avversario di peso, il centrosinistra non può certo fare affidamento su questo per essere competitivo. "La stagione di governo di Nicola Zingaretti, soprattutto in riferimento alla pandemia, è un patrimonio da non disperdere e da capitalizzare. Ma è chiaro che la prima cosa da fare è confermare il quadro delle alleanze", dice sempre un dirigente dem, reduce dalla lunga direzione nazionale di ieri sull'analisi della sconfitta e sull'apertura della fase congressuale.
Il problema è che confermare il quadro delle alleanze al momento non sembra possibile. Un'alleanza che va dal Movimento 5 Stelle al Terzo Polo? "Fantascienza", confessano anche i più ottimisti quando bisogna sostanziare il lo schieramento elettorale.
Dirigenti ed eletti romani ad ogni livello di Base Riformista, la corrente degli ex renziani, hanno rotto gli indugi e chiesto a Roberto Gualtieri di allargare la maggioranza in Campidoglio a Italia Viva e Azione. Una mossa che è difficile non leggere con riferimento alla prossima scadenza elettorale.
Molto dipenderà dalla scelta del PD sul candidato. Il segretario dimissionario Enrico Letta dovrà scegliere se chiamare Giuseppe Conte o no, contando sull'esperienza di governo con i pentastellati giudicata più che positiva da larga parte del partito, oppure se far giocare tutta la partita sul livello locale. Quel che è certo è che i pentastellati, dopo il risultato delle politiche alzeranno il prezzo di un eventuale accordo. Al momento appare invece tramontata definitivamente l'ipotesi delle primarie con un congresso alle porte e i tempi così contingentati.
Ma attenzione. Il problema non ce l'ha solo il PD: Terzo Polo e Movimento 5 Stelle, pesandosi a livello locale in solitaria, potrebbero ottenere risultati ben più magri che nelle urne delle elezioni nazionali (come visto anche alle ultime amministrative), visto e considerato anche il sistema con le preferenze. Quel che è certo è che dove c'è uno non ci può essere, ad oggi, l'altro. Difficile che qualcosa cambi in poche settimane. Per questo la palla poi torna puntualmente nel campo dem.
In queste ore è tornata ad essere avanzata la possibilità di candidare l'assessore alla Sanità Alessio D'Amato, che ripetutamente Carlo Calenda ha dichiarato di stimare e di essere pronto ad appoggiare per il lavoro fatto durante la pandemia. Certo la recente condanna per danno erariale ne azzoppa razionalmente la corsa. Rimane in campo l'attuale vicepresidente Daniele Leodori, generale di AreaDem di Franceschini nel Lazio, uomo macchina del partito e colui che ha intessuto l'asse con Roberta Lombardi traghettando il Movimento 5 Stelle nella giunta Zingaretti. Fino a qua alcuni dei punti di forza, la scarsa presenza mediatica è il principale punto a sfavore, soprattutto se alla fine il centrodestra indicasse per il Lazio una candidatura di peso, non andando a pescare il Michetti di turno.