video suggerito
video suggerito

Il Bufalo della Banda della Magliana resta in carcere: Marcello Colafigli a 70 anni è ancora pericoloso

Marcellone Colafigli, il Bufalo di Romanzo Criminale, resta in carcere. È quanto stabilito dai giudici dopo l’arresto dello scorso giugno, quando è stato trovato a capo delle piazze di spaccio di quartiere.
A cura di Beatrice Tominic
51 CONDIVISIONI
Immagine

Dotato di violenza e carisma, il Bufalo della Banda della Magliana, al secolo Marcello Colafigli, resta in carcere. Non importa l'età: il fatto che abbia 70 anni non ha scalfito il suo quadro criminale. Per lui continua la vita in cella: lo hanno stabilito i giudici dopo l'ultimo arresto nel giugno scorso. La sua personalità è stata giudicata ancora troppo violenta e criminale per concedergli la libertà. Per lui, che dalla seconda metà degli anni Settanta ha fatto parte di uno dei gruppi criminali più noti del nostro Paese, la cella si sono riaperte.

Dagli incontri con i pregiudicati scoperti nel 2021, ragion per cui gli è stata revocata la semilibertà ottenuta, nel giugno scorso è stato trovato a capo delle piazze di spaccio nel quartiere nel corso di un'inchiesta per traffico di droga che ha coinvolto altre 28 persone.

Chi è Marcellone Colafigli, il Bufalo di Romanzo Criminale

Potrebbe trattarsi dell'ultimo vero boss di Roma: Marcellone Colafigli, che ha ispirato il personaggio di Bufalo in Romanzo Criminale, resta in carcere. Nato a Poggio Mirteto, dopo aver perso la madre e il fratello gemello nel parto, si trasferisce a Roma, alla Magliana, dove diventa amico fraterno di Franco Giuseppucci, detto "Er Negro" che, a sua volta, ha ispirato il personaggio del Libanese di Romanzo Criminale. È stato proprio Giuseppucci ad inserirlo nel gruppo che poi diventerà la Banda della Magliana, formato dalla componente della zona con quella dei Testaccini di Enrico De Pedis detto Renatino, il Dandy del piccolo schermo.

Marcellone è presente nell'atto che ha dato inizio alle attività della banda, il sequestro del Duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere il 7 novembre del 1977, soltanto uno di tanti episodi di criminalità. Fino all'omicidio di De Pedis. Una gioventù a passata rivestendo un ruolo di spicco nelle attività criminali della Banda, di cui era considerato uno dei leader. E una vita adulta trascorsa continuando, anche dal carcere, le attività illecite, fino allo spaccio che continua a gestire anche oggi, a più di 70 anni.

Marcellone e lo spaccio di droga: la vita del boss ultrasettantenne

Colafigli, secondo quanto spiegato dai giudici, sarebbe riuscito ad inserirsi in un panorama governato ormai da ragazzi giovani. Ma è proprio il suo curriculum criminale che gli permette di garantirsi un posto anche fra loro: c'è chi lo chiama "lo zio" e chi "Ciccio". Ma dall'altra parte è sempre lui a gestire, consigliare, suggerire il da farsi. E vuole essere anche remunerato a dovere: secondo quanto emerso nelle indagini, il 50% degli interi ricavi sarebbero arrivati a lui, in regime di semilibertà.

Un lavoro che non nasce soltanto dall'esperienza. "Si documentava, Colafigli studiava. Il giorno del suo primo arresto, sul suo comodino, abbiamo trovato un volume di procedura penale di Cordero, uno dei più grandi giuristi italiani, nell'ultima edizione pubblicata: non lasciava nulla al caso – ha ricordato a Fanpage.it il magistrato Otello Lupacchini – Nutriva tutta una serie di relazioni ed aveva una determinazione alla violenza molto spiccata: questo lo rendeva temibile e rispettabile anche dagli altri capi della banda".

51 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views