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I Doria Pamphilj vendono collana da 3 milioni di euro, lo sceicco: “Traffico illegale, la riconsegnerò”

La collana era stata acquistata dai Doria Pamphilj da due trafficanti di opere d’arte che l’hanno rivenduta agli Al Thani. Scoperto dell’illegalità della compravendita, lo sceicco ha deciso di mettersi a disposizione del ministero della Cultura italiano, ad un’unica condizione.
A cura di Beatrice Tominic
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Due mercanti d'arte e due famiglie ricchissime: da una parte quella nobile dei Doria Pamphilj, dall'altra quella degli Al Thani, imparentati con l'emirato del Qatar. A legarli una collana dal valore inestimabile, appartenuta prima ai Doria Pamphilj, venduta ai due trafficanti di arte e arrivata infine nelle mani degli Al Thani. Una storia da film con un epilogo totalmente inaspettato dato che, secondo la legge, la parure non sarebbe mai dovuta volare via dall'Italia.

Tutto è bene quel che finisce bene: scoperta la truffa, sono stati proprio gli Al Thani a riconsegnare al ministero della Cultura la preziosa collana: in cambio chiedono soltanto che venga riconosciuta loro la proprietà sul gioiello. Nei prossimi mesi toccherà al ministero esporsi e, eventualmente, accettare la proposta dello sciecco. Il caso, che ha ricevuto attenzione mediatica internazionale e che in breve tempo è diventato un’inchiesta della procura di Roma per esportazione illecita, è stato ricostruito oggi da la Repubblica.

L'arrivo a Roma dei trafficanti d'arte

La storia ha inizio del 2012, quando due mercanti d'arte, un francese e un inglese, fanno il loro arrivo nella Capitale. Non appena arrivati si rivolgo ai Doria Pamphilj per prendere in affitto un appartamento dell'antico palazzo che si affaccia su via del Plebiscito, a pochi passi da piazza Venezia: è qui che resteranno in locazione fino al 2017. Ed è qui che i due acquistano uno dei tesori della famiglia aristocratica. Nella casa sono moltissime le opere di valore: un vassoio, due candelabri e una teiera in ambra e porcellana realizzate dell'artista tedesco Georg Schreiber nel 1600, dal valore di circa 3 milioni di euro, a cui si aggiunge una preziosa parure.

La vendita del tesoro dei Doria Pamphilj

Durante la loro permanenza i due mercanti osservano le opere custodite nel palazzo e decidono di acquistare la collana. Si rivolgono direttamente a Jonathan e Gesine Pamphilj, pagandoli con due assegni da 400 euro l'uno: il primo intestato a Jonathan, l'altro a Gesine, per un totale di 800mila euro. I due, che anni dopo saranno ascoltati dai carabinieri del Nucleo patrimonio tutela culturale sezione archeologia durante le indagini sui due mercanti, accettano, ben consapevoli della presenza di tesori ancor più prestigiosi nella loro dimora.

La fuga illegale all'Estero

È dopo il pagamento che i due mercanti scappano all'Estero con la collana, infrangendo la legge che vieta di portare beni artistici fuori dal confine del nostro Paese. Il tesoro arriva a Parigi, dove in breve viene messo in vendita e acquistato nuovamente, nel 2015, da una società di Abdullah Bin Khalifa Al Thani, parente dell'emiro del Qatar. La collana cambia di nuovo proprietario: per il gioiello, stavolta, i due mercanti ricevono due milioni e mezzo di euro, quasi due milioni in più rispetto a quanto l'avevano comprata.

L'ultima tentata compravendita

Quasi un anno fa, anche Al Thani decide di vendere il tesoro ad un uomo d'affari svizzero: è lui a spiegare allo sceicco che, in realtà, quella collana non avrebbe mai dovuto lasciare l'Italia e che non può essere neppure commercializzata. Anziché trovare un nuovo acquirente, come spesso succede nel mercato nero dell'arte, Al Thani decide di riconsegnare il gioiello inviando una comunicazione al ministero della Cultura italiano. La società di Al Thani spiega di essere in possesso dell'oggetto e di essere disposto a riconsegnarlo allo Stato: autorizza anche il prestito ai musei italiani che vogliano esporlo, purché Al Thani resti l'unico proprietario.  La Procura nel frattempo ha aperto un fascicolo d'indagine: adesso spetterà al ministero rispondere.

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