Gualfredo, da tossicodipendente a eroe: “Ho salvato un uomo caduto nel Tevere”
Il primo ingresso in carcere ad appena 15 anni, la tossicodipendenza, gli arresti in giro per l'Europa. La vita precedente di Gualfredo era piena di eccessi e delinquenza. Nato e cresciuto in un quartiere difficile come quello di San Basilio a Roma, si è avvicinato al mondo della droga quando era poco più di un bambino. "Quella è una zona ad alto rischio, la criminalità è così diffusa che diventa quasi normalità agli occhi di un ragazzino – sospira Gualfredo – se vedi tuo zio spacciare droga, il padre del tuo amico fare le rapine a mano armata, tu da piccolo assorbi tutto questo e non ti rendi conto di quanto è sbagliato".
L'incontro con gli operatori di Villa Maraini ha dato una svolta alla sua vita. Gualfredo stava scontando l'ennesima condanna dietro le sbarre ma, dopo il via libera del pm, ha avuto la possibilità di iniziare un percorso di cura presso il Centro Alternativo alla Detenzione di Villa Maraini-CRI. Ha seguito un corso di pronto soccorso e antincendio, utile a poter essere inserito nel mondo del lavoro. Ciò gli ha permesso di intervenire tempestivamente e mettere in sicurezza lo sventurato.
Il salvataggio
Ed è proprio durante una delle sue giornate lavorative che Gualfredo diventa improvvisamente un eroe. Teatro del salvataggio è il fiume Tevere, all'altezza di Castel Sant'Angelo durante una calda sera estiva. Gualfredo, allertato da alcuni turisti stranieri, nota un uomo che si era rovesciato con la sua canoa nel fiume. Non ci pensa due volte: si lancia in acqua per raggiungere il mal capitato. "Con una mano mi tenevo al marmo della colonna – racconta – e con l'altra sono riuscita ad afferrare l'uomo che si trovava in stato di semincoscienza". Un'azione coraggiosa che gli ha permesso di salvare la vita di una persona.
“Un gesto importante – aggiunge Massimo Barra fondatore di Villa Maraini-CRI – perché viene da un uomo recuperato dalla sua dipendenza patologica e con un passato da malvivente finito in carcere. Una di quelle persone su cui la nostra società non avrebbe investito nulla e che, invece, è stato capace di svolgere un’azione benefica, a favore di una persona a rischio di morte.”