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Guai per Raoul Bova: l’attore avrebbe evaso 417mila euro

L’attore Raoul Bova è accusato di “dichiarazione fraudolenta mediante artifici”. Già nel 2017 è stato condannato in primo grado per questo stesso reato.
A cura di Enrico Tata
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Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, l'attore Raoul Bova è accusato di aver evaso 417mila euro nel 2011. "Dichiarazione fraudolenta mediante artifici", è il reato a lui contestato dagli inquirenti. In pratica Bova avrebbe versato un milione di euro alla società Sanmarco Srl, di cui era socio all'80 per cento. A questa società l'attore ha ceduto, nel 1996, i diritti economici derivati dalla sua immagine e questo accordo, per i pm, è stato un trucco per ostacolare gli accertamenti dell'Agenzia delle entrate. Secondo la procura nella dichiarazione dei redditi del 2011 "sono stati indicati elementi attivi per un ammontare inferiore a quelli effettivi ed elementi passivi fittizi". Questo significa, per l'accusa, un'evasione Irpef di 417mila euro. La prossima udienza è fissata per il 6 dicembre del 2022 (il termine ordinario di prescrizione è dieci anni).

Già nel 2017 Bova ha dovuto affrontare un processo per il mancato versamento di tasse legate ai diritti di immagine. In questo caso la presunta evasione risaliva agli anni compresi tra il 2005 e il 2010. In merito a questa vicenda l'attore è stato condannato a un anno e 6 mesi e sempre per "dichiarazione fraudolenta mediante artifici". La data del processo d'appello non è ancora stata fissata. Giulia Bongiorno, suo avvocato, aveva dichiarato: "La sentenza di oggi ha escluso che Raoul Bova abbia mai emesso fatture per operazioni inesistenti, quindi l’accusa relativa a presunte operazioni fittizie, che costituiva il cuore del processo, è stata sbriciolata dalla sentenza di assoluzione. La condanna si riferisce esclusivamente alla interpretazione di un contratto sui diritti di immagine sul quale si è già espressa la Commissione Tributaria di Roma in via definitiva dando inequivocabilmente ragione a Raul Bova. La Commissione Tributaria ha sottolineato che contratti come quello oggetto del processo penale in realtà sono strumenti tipici e legittimi nel mondo artistico. Siamo certi che l’appello ribalterà la condanna anche prendendo spunto anche dalle eloquenti statuizioni della Commissione tributaria".

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