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Gli sparano durante uno sfratto, parla l’ufficiale giudiziario: “Dal Ministero nemmeno una chiamata”

Cosimo Arnone è l’ufficiale giudiziario che la mattina del 18 giugno ha rischiato di morire durante uno sfratto a San Cesareo. “Più grave del fatto in sé è il silenzio del Ministero: dopo trent’anni di lavoro non mi hanno nemmeno chiesto come stavo”. La Fp Cgil: “Chiesto incontro, nessuna risposta”.
A cura di Natascia Grbic
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L'ufficiale giudiziario Cosimo Arnone
L'ufficiale giudiziario Cosimo Arnone

"Io sono un lavoratore pubblico, noi ufficiali giudiziari siamo dipendenti del ministero della Giustizia. Sono stato vittima di un tentato omicidio sul posto di lavoro, una potenziale strage in cui potevo morire. Nessuno, né il presidente del Tribunale di Roma, né il presidente della Corte di Appello, né il direttore generale del personale, né il capo dipartimento hanno sentito l'impulso di dire ‘ma questo, che lavora con noi da una trentina di anni, come sta? Ha bisogno di qualcosa?'. Se morivo sarei stato ‘l'encomiabile servitore dello Stato', si sarebbero sperticati gli elogi. Per fortuna non è successo, ma possibile che nessuno abbia detto nulla?".

Cosimo Arnone è l'ufficiale giudiziario che la mattina del 18 giugno ha rischiato di morire durante uno sfratto a San Cesareo. A sparare è stato Mario Salvatore Bianco, un uomo di 62 anni agli arresti domiciliari, che abitava nell'immobile insieme alla sua famiglia. I carabinieri lo hanno arrestato: deve rispondere di tentato omicidio, porto di arma clandestina, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.

"Ho cominciato quest'operazione un anno fa. Il signor Bianco doveva lasciare l'immobile, e lo avevo incontrato diverse volte per dirgli di trovare un'altra sistemazione. La situazione era complessa, lui si trovava agli arresti domiciliari per problemi di salute e sarebbe tornato in carcere se non avesse trovato un altro posto dove stare. Da qualche tempo aveva spostato i domiciliari a casa della sorella, così da non tornare in cella. La mattina del 18 giugno, il giorno dello sfratto, mi sono presentato lì insieme ai due carabinieri: l'ho trovato in giardino, molto su di giri, insieme alla moglie e al figlio. Mi ha mostrato una sentenza nella quale il giudice di Tivoli gli riconosceva un risarcimento di 70mila euro per lo sfratto: gli ho detto che ero felice per lui, ma che questo non cambiava il fatto che l'immobile doveva essere liberato".

Cosimo a quel punto si allontana un attimo per redigere il verbale e dire ai carabinieri di chiamare altre pattuglie in supporto. "In questo lasso di tempo lui si allontana, va in garage e ritorna, ma noi ce ne accorgiamo solo perché sentiamo la moglie e il figlio che urlano. Mi sono girato e ho visto che aveva in mano una pistola, una 357, non una scacciacani, e ha sparato un primo colpo. Ne ha sparato subito dopo un altro, il terzo abbiamo saputo dopo che non è partito". Bianco viene fermato e ammanettato, la pistola sequestrata. Solo per pura fortuna i proiettili non hanno ucciso nessuno.

"Potevamo morire in tre: io, il figlio (di Bianco, ha provato a disarmare il padre, ndr) e un carabiniere. Dopo ha detto che non voleva uccidere: il suo obiettivo era sequestrarmi, prendermi in ostaggio e chiamare i giornalisti. Addosso infatti gli hanno trovato anche fascette da elettricista e un coltello, oltre a 21 proiettili e la pistola".

Sul caso e sul silenzio delle istituzioni preposte, è intervenuta anche la Fp Cgil. Il sindacato ha chiesto un incontro all'Amministrazione centrale ma, per il momento, non ha ricevuto nessuna risposta. "A distanza di quasi una settimana dal grave episodio, non ci risulta che il Presidente del Tribunale dove presta attività l’Ufficiale giudiziario lo abbia contattato per sincerarsi, se non altro, delle sue condizioni di salute – ha dichiarato la Fp Cgil in una nota – L’episodio è stato tempestivamente segnalato dall’Ufficiale Giudiziario al proprio ufficio, ne hanno parlato anche alcuni media locali. Ovviamente, lo sfrattato sarà stato giudicato la mattina dopo con rito per direttissima e quindi l’amministrazione è venuta a conoscenza del grave episodio. Come Fp Cgil abbiamo denunciato il grave episodio all’Amministrazione centrale e chiesto un incontro ma, purtroppo, prendiamo atto che nessuna risposta è stata data e che nemmeno è stato sentito il lavoratore. Un comportamento, questo, poco rispettoso e inaccettabile! Questo disinteresse dell’Amministrazione ci dà la misura di quanto abbia poco a cuore l’incolumità dei propri dipendenti durante lo svolgimento del servizio. Con amarezza e sconcerto scriviamo questa nota. La dura realtà è che per il Ministro della Giustizia le lavoratrici e i lavoratori dipendenti sono solo numeri".

"Ciò che mi indigna non è il fatto in sé – continua Cosimo – Ho incontrato una persona pericolosa, ma quello è il mio mestiere, può capitare di incontrare uno scemo. È molto più grave che il mio datore di lavoro si sia completamente disinteressato alla faccenda. Il 18 mi hanno sparato, due giorni dopo ero a eseguire un'altro sfratto, senza forza pubblica, perché non è una materia che deve essere militarizzata. Non mi hanno nemmeno chiesto se volevo riposarmi qualche giorno, avere anche solo un'ora di permesso. Magari non l'avrei fatto, ma avrei apprezzato l'interessamento. Sono stato completamente ignorato nonostante sia quasi morto sul lavoro. Senza i lavoratori e le lavoratrici della giustizia, non solo gli ufficiali giudiziari, non rimarrebbe nulla dei diritti costituzionalmente garantiti. Noi lavoriamo proprio per questo, per difendere la Costituzione, applicare le sentenze, e garantire i diritti non solo di chi deve rientrare in possesso di un immobile, ma anche di chi deve lasciarlo".

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