Gli altri braccianti: “Naceur è collassato davanti a noi, il padrone poi lo ha abbandonato in ospedale”
Si chiamava Naceur Messaoudi e aveva 57 anni. È morto mercoledì scorso, 19 luglio, mentre raccoglieva i cocomeri per 1 centesimo al chilo. È morto dopo essere stato con la schiena piegata sotto al sole per un’intera giornata, nel giorno più caldo dell’anno. È morto lavorando Naceur – in Italia da 30 anni, un permesso di soggiorno permanente – senza contratto, con retribuzioni da fame e condizioni indegne. È morto dopo essere stato abbandonato all’ospedale dal datore di lavoro, che ha dichiarato di non averlo mai visto prima.
Naceur, morto al lavoro e abbandonato dal padrone
“Quel giorno facevano quasi 38 gradi – racconta Mongi Gasmi, una delle cinque persone che quel mercoledì lavoravano nel campo insieme a Naceur – Era un caldo terribile, non tirava per niente vento. La mattina avevamo lavorato a Tarquinia e poi dopo mezzogiorno siamo arrivati qua (a Montalto di Castro, ndr). Abbiamo cominciato a raccogliere i cocomeri verso le 14 e abbiamo finito alle 16. Naceur verso le 16.30 si è sentito male”. Da quel momento si susseguono attimi concitati: Naceur si accascia per terra, gli portano dell’acqua da una fonte e lo mettono a sedere su una sedia per farlo respirare. Ma il 57enne non si riprende: “Gli ho detto (al padrone) ‘Chiama l’ambulanza’ – ricorda un altro bracciante presente quel giorno – mi ha detto: ‘No, se la chiamo quando arriva sarà già morto, è meglio che lo porto io in macchina in ospedale’”. Ma il presunto altruismo del datore di lavoro si rivela ben presto per quello che è realmente: timore che qualcuno possa accusarlo di non aver rispettato i diritti dei suoi dipendenti e, ancor prima, timore che si scopra che ha dei dipendenti, visto che nessuno dei sei braccianti presenti quel giorno ha un contratto (e tre di loro sono anche sprovvisti di permesso di soggiorno).
Il racconto dei braccianti, corale, continua: “Il padrone è andato al pronto soccorso e lo ha lasciato là. Gli ha detto ‘Questo l’ho trovato in mezzo alla strada, non lavora con me’”. “Dopo un’oretta è tornato e ci ha detto che Naceur stava bene e doveva rimanere sotto osservazione”. Naceur è morto da solo, abbandonato da un datore di lavoro che non solo non gli ha garantito condizioni lavorative vagamente dignitose, ma che lo ha scaricato davanti all’ospedale facendo finta di non conoscerlo. È morto lontano dalla moglie e dalle due figlie adolescenti, in Tunisia, che con il suo lavoro contribuiva a mantenere.
La piaga del lavoro grigio
“Abbiamo sollecitato la Regione Lazio per un intervento per quanto riguarda il periodo che stiamo attraversando, con una richiesta di sospensione dell’attività nelle ore più calde. Come sempre accade, forse dopo che è successa la tragedia arriverà un protocollo d’intesa”, è il duro commento di Massimiliano Venanzi, Segretario provinciale Viterbo Flai-Cgil. Il caldo rovente di queste ultime settimane non fa che esasperare una condizione lavorativa già di per sé tremenda. Nel campo dove lavorava Naceur quel mercoledì, si trovavano sei persone: nessuna di queste aveva un contratto, solo tre possedevano il permesso di soggiorno. Per non parlare delle paghe: i braccianti lavoravano a cottimo, con una paga di 11-12 euro al quintale. Per l’intero gruppo, non a testa. “Diceva ‘Ora ti metto in regola, chiamo il commercialista: domani, dopodomani’, fino a che non è successo questo – racconta un altro lavoratore irregolare – Gli stranieri hanno bisogno di lavorare e molti datori non ti mettono in regola nonostante le promesse: d’inverno lavoriamo sotto l’acqua e con il freddo, d’estate con il caldo sotto il sole. La raccolta di asparagi e cocomeri è il lavoro più pesante che ci sia”.
Una tremenda condizione di sfruttamento, che non è certo una novità per quelle zone e quel tipo di attività: “In questo territorio (provincia di Viterbo) la diffusione più grande la ha il lavoro grigio: la mancanza di una degna retribuzione, così come prevista dai contratti provinciali, e dell’acquisizione di tutte le giornate lavorative”, denuncia il Segretario Massimiliano Venanzi.
“Inaccettabile morire per il caldo per una paga da fame”
Sulla questione sollevata da Fanpage.it, delle terribili condizioni a cui tanti, troppi lavoratori sono costretti a sottostare, è intervenuto ieri con una nota il capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra in Consiglio regionale, Claudio Marotta: “L'inchiesta di Fanpage.it ci mette di fronte a una responsabilità che tutti noi dobbiamo assumerci. È indispensabile che vengano adottate al più presto le misure di prevenzione necessarie a tutelare tutti i lavoratori e soprattutto quelli che sono più esposti al caldo e ai notevoli rischi per la salute dovuti alle alte temperature di questi giorni. Inaccettabile morire per il caldo, inaccettabile che accada per garantirsi una paga da fame. Tutto questo si può fermare con misure straordinarie”.
Bonafoni, "Necessario l'intervento di istituzioni e politica"
Anche la consigliera del Partito Democratico Marta Bonafoni, presidente della XIII Commissione "Trasparenza e pubblicità", commenta con una nota quello che definisce "il terribile quadro che emerge dal reportage pubblicato da Fanpage": "Spero che le autorità competenti facciano tutte le verifiche per accertare eventuali responsabilità. E che il Governo non perda tempo e introduca, come annunciato, strumenti adatti a garantire l'incolumità di lavoratrici e lavoratori, come la sospensione del lavoro nelle ore più calde".
"Se confermato, questo quadro chiede alle istituzioni e alla politica di intervenire con più rapidità e con azioni più decise, capaci di garantire condizioni di lavoro giuste e sostenibili per tutte e tutti. Perché non si ripetano episodi tragici come questo", conclude la nota.
Articolo di Teresa Fallavollita, interviste di Alessandro Ricci