Genitori e studenti Chateaubriand manifestano per Seif, licenziato e espulso per un post pro Palestina
Di Lidia Ginestra Giuffrida
“Contro il razzismo di Stato Seif libero!”, recita lo striscione steso di fronte al Cpr di Ponte Galeria a Roma, in occasione del presidio in solidarietà con Seif Bensouibat. È qui, infatti, che da quattro giorni è recluso l’educatore di origini algerine indagato per incitazione all’odio razziale, etnico e religioso in seguito ad un post Instagram in cui avrebbe espresso delle opinioni “forti” circa il "massacro in corso a Gaza" e "la complicità occidentale nei confronti di Israele".
Seif Bensouibat è rifugiato in Italia da dieci anni, dove ha sempre lavorato come educatore nella scuola francese Chateaubriand di Roma, ma nel giro di pochi mesi si è visto prima sospeso, poi licenziato dal posto di lavoro e infine rinchiuso in una struttura di detenzione per il rimpatrio con un decreto di espulsione e privato dello status di rifugiato perché un “possibile pericolo per lo Stato italiano”. Tutto al seguito di qui posti social
Tra le decine di persone che ieri pomeriggio si sono radunate in presidio all’esterno della struttura di detenzione di Ponte Galeria anche numerosi alunni, genitori e insegnanti della scuola Chateaubriand. “Siamo un gruppo di genitori del Lycée français Chateaubriand, siamo molto preoccupati per la sorte dell'ex educatore della scuola, il giovane rifugiato politico algerino Seif Bensouibat. Vorremmo esprimergli tutta la nostra solidarietà e richiediamo che egli possa beneficiare di tutti i diritti previsti dalla legge (immigrazione, libertà di espressione e lavoro)”, scrivono alcuni genitori della scuola nel loro appello di solidarietà che si può firmare online.
Intanto gli interventi si susseguono numerosi, per Seif ma anche per tutti coloro che sono trattenuti dentro i Cpr italiani, aspettando di essere rimpatriati o peggio senza sapere cosa li aspetta. "Questi sono luoghi di privazione della libertà personale dove non vengono rispettati i diritti di base di ogni essere umano, questi sono lager, sono luoghi che vanno chiusi”, spiega un'attivista. Il microfono resta a disposizione di chiunque voglia intervenire per tutta la durata del presidio. Al coro “freedom, huriya, libertà” da dentro il centro si alza una timida scia di fumo nero: qualcuno al di la del muro sta ascoltando e risponde al grido di solidarietà.
“Seif nella disgrazia è stato fortunato – spiega Giuseppe, un amico di lunga data di Bensouibat – si è costruito una comunità di solidarietà molto forte che adesso è qui per sostenerlo, per ricordargli che non è da solo. Ma se non avesse avuto questa rete sarebbe rimasto isolato, abbandonato a se stesso, senza nessun appiglio. Chissà quante persone come lui negli ultimi mesi si sono trovate in situazioni simili, ma senza tante persone”.
Seif era una persona decisamente "integrata" nella nostra società dopo dieci anni, con un lavoro e una rete sociale solida che oggi lo sostiene. Amici, ma anche studenti, genitori, colleghi che non capiscono come sia possibili che da un post sui social si possa arrivare a perdere tutto. Tutti convinti che Seif non rappresenti un pericolo per nessuno.
Ieri lo abbiamo raggiunto al telefono e ha accettato di parlare con noi, e lo abbiamo trovato stanco e spaventato per il suo futuro, incapace di dare una spiegazione razionale a l'incubo in cui è precipitato. "Mi hanno tolto tutto, il mio lavoro, la mia casa, il mio cane. Sono stato accusato di cose gravi, hanno rovinato la mia immagine, cosa vogliono farmi di più?”, ci ha detto. Dopo la visita della consigliera regionale del Lazio Emanuela Droghei oggi sarà
Intorno alle 18.30 il presidio si scioglie pacificamente, le persone rientrano a casa, Seif Bensouibat e tutti coloro che sono dentro il Cpr di Ponte Galeria restano lì.