Genitori di adolescenti trans incatenati all’Aifa: “No al divieto per farmaco che blocca pubertà”
"Noi le catene ce le togliamo, ma i nostri figli? Loro hanno delle grosse catene. Sono le parole delle mamme e dei papà di adolescenti transgender, che hanno manifestato davanti alla sede dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa a Roma. Sono Cinzia, Silvia, Martina, Luigi ed altri, che nella mattinata di oggi, giovedì 23 maggio, hanno fatto un presidio in strada, incatenandosi. Le catene, spiegano i genitori, rappresentano le costrizioni e gli impedimenti dei loro figli con incongruenza di genere, che hanno iniziato o vorrebbero intraprendere durante l'adolescenza il trattamento. Oggi c'è stato l'incontro sulla rivalutazione della triptorelina, bloccante della pubertà, per la disforia di genere. Un incontro appunto in Aifa con gli esperti del tavolo tecnico ministeriale, come già annunciato dal presidente dell'ente regolatorio, Robert Nisticò. Il Governo pensa a nuove linee guida per il farmaco che blocca la pubertà ai minori con incongruenza di genere.
La protesta dei genitori sulla triptorelina
I genitori si sono incatenati davanti all'Aifa e hanno srotolato degli striscioni con scritto: "Pubertà precoce: triptorelina sì. Varianza di genere: triptorelina no. La differenza è ideologica", si legge in uno dei manifesti. La richiesta delle famiglie di figli con incongruenza di genere è quella di continuare a poter accedere al trattamento. "Nell'interrogazione parlamentare è stata sollevata l'ipotesi di togliere la triptorelina dal Sistema Sanitario Nazionale – dice una mamma ai microfoni di Fanpage.it – Vorrei chiedere qual è il problema, se sono le controindicazioni della triptorelina oppure sono i soldi nelle vostre tasche? Questo è un altro motivo per il quale ognuno di noi ha la certezza che i nostri figli e le nostre figlie diano fastidio. Ma loro sono cittadini come gli altri, mettetevi una mano sulla coscienza, anche se dubito che ce l'abbiate".
"I nostri figli hanno grosse catene"
"Ci sono dei Paesi in Europa che trattano l'incongruenza di genere come una condizione normale – spiega un'altra mamma – Ci sono Paesi in Europa che non prevedono i percorsi che devono affrontare i nostri figli in Italia per essere riconosciuti, che prima di ottenere una diagnosi di incongruenza di genere devono passare anni dallo psicologo e passare vari step. Loro sono così, perché si deve valutare il loro essere, sulla base di che cosa? Loro devono essere liberi di esprimersi". Intervenute le forze dell'ordine, la manifestazione è stata sciolta: "Noi le catene ce le togliamo, ma i nostri figli hanno delle grosse catene".