Gaia e Camilla morte a Corso Francia, l’accusa: “Genovese vive libero a Londra, noi all’ergastolo”
Pietro Genovese è stato condannato in appello a cinque anni e quattro mesi per aver investito e ucciso le 16enni Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli lungo corso Francia nel dicembre del 2021. Il giovane, però, è finito anche a processo perché non avrebbe risposto al citofono durante un controllo dei carabinieri (Genovese era ai domiciliari).
"Ora vediamo cosa decideranno i giudici per questa evasione. Ah dimenticavo: il povero ragazzo vive serenamente a Londra già da un po’, così lì nessuno può riconoscerlo e chiamarlo “assassino” come a Roma è accaduto", ha scritto sui social Gabriella Saracino, la mamma di Gaia Von Freymann.
Al quotidiano La Repubblica la donna ha poi raccontato: "Non esiste più Natale, Capodanno. La vita è rimasta lì. Nessuno può capire, ma forse chi ha un figlio può immaginare".
Secondo la signora Saracino "è la seconda volta che Genovese non viene trovato a casa. La prima hanno creduto che non avesse sentito il citofono, alle 17 del pomeriggio, con i carabinieri che suonano ripetutamente e bussano alla porta. Questa volta i magistrati pensano sia evaso. Speriamo che il tribunale analizzi bene la vicenda".
Secondo la mamma di Gaia, "Genovese è un uomo libero. È stato visto anche a Ponza. Si sente un ragazzo libero. È un ragazzo libero. Quelli all’ergastolo siamo noi. Fine pena mai. Dal 2021 attendiamo che si esprima il tribunale di Sorveglianza. È questo il problema. Noi ogni giorno da anni aspettiamo che venga fatta giustizia ma i tempi continuano ad essere lunghi. E poi ci arriva questa notizia. Vi sembra giustizia? Non c’è certezza della pena in questo Paese, non è possibile. Lui era ubriaco, senza punti nella patente, sapeva di esserlo e il padre gli ha dato quella macchina. Se questo non è un omicidio allora non capisco. Fino a quando l’omicidio stradale non sarà considerato come un omicidio normale non ne usciremo".
I giudici d'appello avevano disposto per Genovese l'obbligo di dimora a Roma con permanenza notturna nel proprio domicilio. La difesa del ragazzo aveva chiesto la libertà per l'imputato, ma la procura si è opposta. Per i giudici l'obbligo di dimora potevano garantire adeguatamente "l'esigenza cautelare sociale".