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Friedkin compra l’As Roma: Pallotta esce di scena, ma il progetto dello Stadio resta

Il passaggio di proprietà da James Pallotta al magnate Dan Friedkin, il voto in consiglio comunale, l’acquisto dei terreni di Tor di Valle da parte dell’immobiliarista Radovan Vítek. Tutte le tessere devono andare a combaciare perfettamente nel giro di poche settimane per permettere alla sindaca Virginia Raggi di posare la prima pietra dello Stadio della Roma prima della fine della consiliatura.
A cura di Valerio Renzi
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È ufficiale: l'As Roma rimane a stelle e strisce ma passa di mano. James Pallotta ha chiuso l'accordo con Dan Friedkin per la cessione dell'intera partecipazione del club giallorosso. L'operazione, da 591 milioni di euro, si concluderà entro la fine di agosto e nel contratto finale potrebbe contenere una clausola che prevede formalmente il mantenimento degli impegni per quanto riguarda il nuovo stadio di Tor di Valle. Sì, perché se Pallotta esce di scena dopo 8 anni turbolenti tra addii burrascosi e campioni messi alla porta, il dossier dello stadio di proprietà della Roma rimane al centro della discussione, anche politica.

La cessione della società non arriva inaspettata, la trattativa era nota da mesi e già dalla scorsa settimana era chiaro che si andava verso un accordo in tempi brevi. La notizi infatti è arrivata poco prima del voto in aula Giulio Cesare sulla variante urbanistica che permetterà alla sindaca Virginia Raggi di posare la prima pietra del nuovo stadio prima della fine della legislatura. È stata proprio la prima cittadina a premere decisamente sull'acceleratore per togliere il progetto dalle secche dove era finito dopo l'inchiesta che ha portato all'arresto del costruttore Luca Parnasi, facendo un incessante lavoro per convincere i consiglieri dissidenti a garantire il loro voto favorevole. Se dovesse arrivare un nuovo stop la società giallorossa sarebbe pronta a intentare una causa contro il Campidoglio.

Ma i problemi sul piatto sono ancora diversi. Prima di tutto l'immobiliarista Radovan Vítek, entrato in scena in sostituzione di Parnasi, ancora non ha acquistato i terreni di Tor di Valle dove dovrebbe sorgere il tanto discusso stadio, anche se Unicredit ha assicurato che l'intesa è ormai cosa fatta. E se James Pallotta era arrivato a Roma con l'idea di realizzare l'impianto, e ora se ne va a mani vuote dopo aver chiuso l'ultimo bilancio con un passivo di 150 milioni, Friedkin potrebbe aver altri obiettivi come prioritari. Il magnate texano ha investito in una quantità di settori diversi, tra resort di lusso e una catena di concessionarie, dai safari in Tanzania a una casa di produzione cinematografica. A seguire la squadra capitolina sarà uno dei figli, e l'obiettivo di famiglia probabilmente è di guadagnarci non solo in dividendi ma anche in immagine.

Per sbloccare definitivamente la delicata situazione dello stadio dunque sono diverse le tessere che devono andare nel volgere di una manciata di settimane perfettamente a combaciare: il voto in consiglio comunale, l'impegno di Vitek (che presumibilmente è in contatto diretto con Pallotta e Friedkin) e l'effettivo interesse del nuovo proprietario della Roma di costruire lo stadio. I tifosi intanto, disillusi e disamorati dall'idea di lasciare l'Olimpico per un stadio tutto per loro, pensano soprattutto al ritorno delle bandiere emarginate dalla gestione Pallotta, parliamo ovviamente di Francesco Totti e Daniele De Rossi, e sperano che il nuovo presidente sia meno evanescente dell'ultimo smettendo di fare e disfare la rosa ogni anno. I romanisti aspettano di conoscere il "progetto" della Roma di Friedkin, più interessati ora come ora dal tornare a vincere in campo a tutti livelli più che allo stadio di Tor di Valle.

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