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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Francesca Chaouqui sul giallo della cassa nel caso Orlandi: “Non l’ho aperta ma Pietro non mi crede”

“Ho detto che voglio essere lasciata in pace perché pensano che sappia qualcosa che non dico, ma non prendo le distanze dal caso o dl supporto che posso dare a Pietro Orlandi per la scomparsa della sorella Emanuela”, torna a parlare Francesca Chaouqui.
A cura di Beatrice Tominic
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Francesca Immacolata Chaouqui e Pietro Orlandi.
Francesca Immacolata Chaouqui e Pietro Orlandi.
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A circa 24 ore dall'ultimo messaggio sui social, torna a parlare Francesca Immacolata Chaouqui. Con un lungo post affidato ai social, cerca di fare chiarezza sul suo ruolo nella scomparsa di Emanuela Orlandi e sul suo bisogno di "essere lasciata in pace" espresso da lei stessa ieri.

"Quando chiedo di essere lasciata in pace lungi da me prendere le distanze da questa vicenda o dal supporto che posso dare a Pietro – precisa – Vorrei essere lasciata in pace dal presupposto che io sappia qualcosa che non dico. Sarei complice di quello che credo che sia un omicidio e starei proteggendo degli assassini di una ragazza e questo non lo consento a nessuno".

Chaouqui sulla scomparsa di Emanuela Orlandi: i chiarimenti sulle chat

Punto dopo punto, Chaouqui decide di dare delle precisazioni su quanto emerso sul suo conto nel caso Orlandi. Il primo riferimento è alle chat del 2014. "A settembre dobbiamo far sparire quella cosa della Orlandi e pagare i tombaroli. Di questo devi parlare al Papa… Ora che torniamo si lavora all’archivio", si leggeva.

"Quando incitavo monsignor Balda a far sparire quella roba della Orlandi, mi riferivo ai cinque fogli di Londra. Essi tornarono misteriosamente dopo che monsignor Balda aveva inscenato un furto di documenti dalla cassaforte dell’archivio Cosea – precisa oggi nel post sui social Chaouqui –  Non erano chiari quei fogli e non mi fidavo di cosa il monsignore potesse farci. Ritenevo che sarebbero stati (come poi furono) una pista capace solo di dare una falsa speranza".

La misteriosa cassa consegnata al cardinale e "i tombaroli da pagare"

L'intervento di Chaouqui continua con precisazioni sulla misteriosa cassa, quella di cui ha parlato anche il monsignor Miserachs, maestro di canto corale di Emanuela Orlandi, nella sua audizione.

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"È stata portata a Santa Maria Maggiore e mi hanno detto che conteneva documenti di archivio importanti, alcuni che dopo il furto non erano più al sicuro alla Prefettura e altri che erano trovati dopo l’apertura della tomba degli angeli. Ho sempre detto a Pietro che non ho aperto la cassa, ma non mi crede su questo. Eppure è così – sottolinea – La gerarchia in Vaticano non consente tutto, men che meno ad una donna".

Per anni la cassa fu cercata in Vaticano, senza successo: "Sulla tomba degli angeli Balda mi disse che aveva fatto aprire la tomba perché poteva essere legata alla Orlandi secondo sue fonti. Se è vero che lo ha fatto non so: lui ora nega e anche in Vaticano negano".

La sua frase nelle chat riferita al pagamento dei tombaroli sarebbe collegata proprio a questa vicenda: "Intendevo che chi aveva aperto la tomba doveva essere pagato: io effettuavo le disposizioni al segretario per fare i pagamenti, ma non mi fu mai data la fattura di queste persone e neanche quella del georadar usati per individuare la camera segreta di cui Balda mi aveva parlato e che di fatto esisteva – specifica ancora Chaouqui – La tomba anni dopo fu comunque aperta da Pietro su autorizzazione di Becciu. Non hanno trovato niente. In tutto ciò solo dopo un anno scoprii che il furto era finto e monsignor Balda un malato di mente", aggiunge poi, senza mezzi termini.

Emanuela Orlandi è stata a Londra ma è morta in Italia

Prima di concludere la nota con le sue dichiarazioni mezzo social, Chaouqui decide di condividere la sua opinione: "Non ho modo di distinguere la verità o il falso nei racconti deliranti che mi venivano offerti e neanche districarmi troppo tra gli indizi visto che era un continuo gioco di specchi di cose vere e cose false – esordisce – Io penso (ed è esclusivamente un mio pensiero senza nessuna prova) che sua sorella sia morta per mano di chi l’ha rapita".

Emanuela Orlandi che indossa una delle collanine in plastica (come quella gialla e rossa trovata in Inghilterra) e l'ostello dei frati Scalabriniani dove avrebbe alloggiato secondo la pista di Londra.
Emanuela Orlandi che indossa una delle collanine in plastica (come quella gialla e rossa trovata in Inghilterra) e l'ostello dei frati Scalabriniani dove avrebbe alloggiato secondo la pista di Londra.

Poi si mostra a favore della cosiddetta pista di Londra (bocciata da Pino Nicotri in commissione d'inchiesta): "Penso che non sia morta subito, penso che a Londra ci sia stata davvero ma che sia morta in Italia. Penso anzi ne sono certissima che papa Benedetto e Papa Francesco non sappiano assolutamente come e dove sia morta, penso che chi sapeva sia morto, chi è vivo non parlerà mai se sa qualcosa".

Prima di concludere, Chaouqui non usa mezzi termini: "Ciò che si poteva fare dopo 40 anni è stato fatto: c'è stata ogni sorta di strumentalizzazione, chi ha potuto ne ha tratto visibilità o potere anche ricattando, vedi Monsignor Balda – continua – Io credo che il Papa e il Vaticano abbiano fatto il possibile. Pietro non crede assolutamente che sia così. O, forse, semplicemente spera per trovare una risposta alla domanda che nessuno può capire fino in fondo quanto sia dolorosa: Dov’è mia sorella?".

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