Sepoltura feti, Francesca a Fanpage.it: “Mi hanno imposto la croce che non mi rappresenta”
Francesca è una delle donne che in queste settimane hanno scoperto il proprio nome e cognome sulla targhetta di una croce nel cimitero Flaminio di Roma. Una storia di violenza che accomuna donne che hanno partorito e che, senza il loro consenso, è stata infranta la loro privacy e il loro diritto di autodeterminarsi. Francesca, dopo essere venuta a conoscenza della denuncia di una donna che aveva scoperto che il suo feto non solo era stato sepolto contro la sua volontà, ma anche che su una croce era riportato il suo nome e cognome, visibile a chiunque passasse in un prato del cimitero alle porte di Roma, si è rivolta all'ufficio preposto, scoprendo così di avere anche lei una tomba a suo nome. "La cosa più grave di tutte, tra le tante altre, perché di grave qui c'è tutto, è che io per tre volte chiesi all'ospedale notizie della fine che avrebbe fatto il feto. Questa informazione della possibilità di una sepoltura o di una sepoltura obbligatoria nessuno me ne ha mai parlato, non ho mai firmato fogli, nessuno mi ha chiesto di utilizzare il mio nome e cognome, nessuno mi ha chiesto il consenso" spiega Francesca, intervistata da Fanpage.it. Inoltre, aggiunge: "Qualcuno mi ha imposto un simbolo, la croce, che non mi rappresenta".
"Un feto diventa salma solo con un certificato di morte"
"L'ospedale dove viene praticato un aborto è in una posizione strana – spiega Elisabetta Canitano presidente associazione "Vita di donna" – Ama, che si occupa del servizio funerario, può portare via la salma del feto abortito solo se viene definita come tale, e per far si che ciò avvenga è necessario un certificato di morte, dove ci sono i dati della donna che ha scelto di sottoporsi all'aborto. Con un certificato di morte si può chiamare Ama, che a quel punto ritira il prodotto del concepimento, nel caso specifico trasformato dal documento in una salma". Le donne senza questa modalità vengono private di un diritto di scelta, viene loro nascosto quello che succederà (al feto ndr) e viene violata la loro privacy".
Di Alessia Rabbai e Simona Berterame