Femminicidio Martina Scialdone, chiesto giudizio immediato per l’ex Costantino Bonaiuti
A sette mesi dal femminicidio di Martina Scialdone, la Procura di Roma ha chiesto il giudizio immediato per Costantino Bonaiuti, l'ingegnere di 61 anni che ha sparato all'avvocata trentaquattrenne, uccidendola davanti ad un ristorante del quartiere Tuscolano.
Il sessantunenne è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione a cui si aggiunge anche l'accusa di porto illegale in luogo pubblico di arma da fuoco che, invece, deteneva per uso sportivo. Secondo la ricostruzione della Procura, Bonaiuti aveva con sé l'arma consapevole della volontà di interrompere definitivamente la relazione e controllando gli spostamenti di Martina "grazie all'installazione clandestina di un dispositivo gps" collegato al suo cellulare. Come emerso dalle indagini, a casa sua Bonaiuti conservava, inoltre, 400 chili di proiettili e decine di polvere da sparo.
Il femminicidio di Martina Scialdone
I due si erano incontrati in un ristorante da dove, poco dopo aver iniziato a litigare violentemente, si erano allontanati. Per strada, a pochi passi di distanza, l'uomo ha estratto una pistola, l'ha puntata contro la ragazza e ha sparato. La ragazza, la trentaquattrenne Martina Scialdone, è rimasta agonizzante sull'asfalto ed è morta dopo diversi di minuti. Il colpo, sparato dall'arma di Bonaiuti, già in cura per la depressione, è stato esploso a poca distanza da Martina.
La ragazza è morta fra le braccia del fratello: "Mi aveva detto che avrebbe incontrato Costantino per chiudere definitivamente la loro relazione – ha raccontato – Alle 23.09 ho ricevuto la sua chiamata: era agitata e mi chiedeva di andarla a prendere. Tre minuti dopo mi ha richiamato dicendomi che sarebbe tornata da sola, ma le ho risposto che sarei arrivato dopo pochi minuti, non mi fidavo. E l'ho trovata in fin di vita".